ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ 2

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𝗗𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗼 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮?

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𝗗𝗮𝘃𝘃𝗲𝗿𝗼 𝗻𝗼𝗻 𝗮𝘃𝗲𝘃𝗼 𝘀𝗰𝗲𝗹𝘁𝗮?

𝕁𝕖𝕟𝕟𝕚𝕗𝕖𝕣

Non riuscivo a crederci.

Per un attimo pensai di aver inalato troppo fumo, tanto da farmi avere quella allucinazione davanti agli occhi.

Poteva essere vero, insomma, non avevo fatto altro che pensarci. Quel volto mi aveva tormentato per tutta la mattinata e poteva essere che, con lo stare troppo a lungo in quel posto, il fumo mi avesse dato alla testa.

Quelle ultime ore della mia vita non potevano andare peggio di così.

Mi presi un attimo di tempo per sollevare le mani e sfregarmi gli occhi per poi mettere a fuoco ancora una volta quel viso.

Era ancora lì.

I suoi occhi mi stavano mirando tanto da farmi sentire una creatura minuscola e insignificante. Per non parlare della divisa che rendeva di gran lunga la sua figura ancora più alta e robusta.

Particolari che la mia testa non aveva dimenticato e forse, se fossi stata abbastanza lucida la sera precedente, avrei, senza dubbio, dedotto che tipo di mestiere svolgesse l'estraneo

Rimasi di stucco, tacita, restai a fissarlo senza fiato.

La sua espressione, ogni lineamento fermo e delineato da una nota di una micidiale serietà, non mi permise di capire che cosa gli stesse passando per la testa.

Mi aveva riconosciuta?

Vagamento sperai che non fosse così, che si fosse dimenticato della mia esistenza ma dal modo in cui i suoi occhi blu mi stavano schiacciando osai pensare che mi aveva riconosciuta, eccome se l'aveva fatto.

Di colpo si accigliò, irrigidì la mascella increspando una leggera barba che la copriva e mi guardò truce. «Che diavolo ci fai qui?» mi chiese. La profondità della sua voce mi fece tornare in mente altri ricordi della sera precedente, in particolar modo ricordai un dettaglio che non sapevo nemmeno di aver udito.

Il suo nome.

Mi venne in mente la voce del barista e qualcosa sul fatto che avesse finito la tequila.

Ethan, l'aveva chiamato.

Ancora una volta ebbi il desiderio di sprofondare, di sparire dalla faccia della terra per l'imbarazzo ma non ero quel tipo di persona. Ero più il tipo da inventarmi scuse, da trovare sempre la soluzione anche laddove si poteva pensare che non ce ne fosse una.

Misi all'opera quella parte di me, sia per il panico, sia per la tremenda vergogna che provavo, e feci la prima cosa che mi venne spontanea.

Sorrisi.

Alzai gli angoli della bocca in un sorriso e mascherai ogni cosa che accadeva dentro di me. «Io?» chiesi stupidamente, «Nulla. Stavo...facendo una passeggiata e-»

Failed Date //Ubriaca O Innamorata?//Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora