Capitolo 3

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<<Ok, Magnus. Le grandi dimensioni di questo posto all'inizio saranno un po' disorientanti all'inizio, ma piano piano ti ci abituerai>>

Magnus già aveva dimenticato il nome della sua guida mentre lo scortava su un sentiero in mezzo a delle abitazioni colorate. Era distratto soprattutto perché per sua esperienza personale sapeva che in America le guardie non ti lasciano nemmeno il tuo spazio personale durante gli spostamenti, mentre la sua guida camminava a pochi metri da lui senza il minimo timore che potesse saltargli addosso per poi fuggire o solamente scappare e correre lontano. Il suo passo era tranquillo e si godeva perfino il panorama e gli spifferi freschi che rovinavano l'acconciatura di Magnus. Osservò che si stavano avvicinando a una costruzione di color verde chiaro che Magnus subito odiò. La forma era quadrata come tutte le altre abitazioni che aveva visto, ma da fuori sembrava avere più piani. Magnus sperava che quei dettagli in più fossero dovuti alla maggiore larghezza delle camere, e non al numero maggiore di queste che avrebbe potuto anche significare stanze più raccolte e piccole. Sulla soglia la guida fece passare una tessera attraverso un'apertura e immediatamente la serratura si sbloccò. La guida si affacciò come per vedere se ci fosse qualcuno dietro la porta per poi riuscire fuori e suonare il campanello. Magnus aprì la bocca per chiedergli il senso di ciò che stava facendo quando sentì dei passi che provenivano dal piano di sopra. Mano a mano il rumore si faceva sempre più veloce fino a che Magnus non vide da fuori delle gambe fermarsi prima della prima rampa di scale.

<<Scusa Rajal. Sono in ritardo. Mi sarei dovuto far trovare davanti alla segreteria centrale circa quindici minuti fa>>

<<Va tutto bene, Alec. L'importante è che tu sia davanti la porta. Devi solamente spiegare al nuovo arrivato come funzionano le cose qui. Te lo affidiamo a te che sei tra i veterani>>

Rajal si girò verso Magnus e gli fece un cenno con la testa. A quel punto Magnus si chiese perché rimanere in piedi come uno stoccafisso davanti la porta ed entrò prendendo prima confidenza con lo spazio intorno a lui. L'entrata era molto ospitale e il soffitto e i mobili erano di due bianchi diversi. Il primo era un bianco accesso immacolato che poteva essere veramente preso in prestito dal vero paradiso mentre il colore dei mobili era un bianco crema che mediava la luminosità del soffitto rendendo la stanza confortevole e di buon gusto nonostante fuori sembrasse una scuola elementare. Il pavimento era di moquette ma più in là Magnus riusciva a scorgere una sala con un parterre liscissimo. Quegli stessi passi che un minuto prima andavano tanto di corsa rimbombavano tra le mura con un'andatura più lenta ma, Magnus percepì, più titubante. Di riflesso alzò lo sguardo e vide un ragazzo di minimo un metro e novanta scendere le scale con un sorriso timido sul volto. Appena i loro occhi si incontrarono questo d'improvviso li abbassò, ma Magnus aveva già scorto due occhi color nocciola chiaro. In più posando lo sguardo sulla sua pelle diafana, si chiese se fosse compreso nel pacchetto bianchezza-salone. Mentre Alec stava facendo l'ultimo scalino Rajal alzò la mano per indicarlo anche se Magnus gli aveva puntato gli occhi da un po'.

<<Questo è Alec e avrà lui il dovere di affidarti una stanza e spiegarti come funzionano le cose qui. Io vi lascio, ma per qualsiasi cosa Alec sai dove trovarmi>>

Alec gli restituì il sorriso e solamente lì Magnus realizzò che era molto più alto di quanto avesse osservato prima. Da quell'altezza incalcolabile, Alec spostò il sorriso in direzione di Magnus che quasi fu tentato di guardarlo male. In quella giornata non aveva trovato nessun motivo per sorridere e in quel posto tutti sembravano immotivatamente felici nonostante fossero anni luce lontani dall'umanità.

<<Come avrai già intuito io sono Alec. Prima di mostrarti la tua stanza, ti dico cosa c'è qui al primo piano>>

Con quattro falcate entrò in una stanza e Magnus controvoglia lo seguì e capì che si trovavano in una cucina. I fornelli sembravano non essere mai stati usati e i lavandini erano vuoti e lucidi dal pulito. Non voleva crederci che i detenuti avessero anche la donna delle pulizie. Si girò verso Alec che aspetta a braccia incrociate che Magnus finisse di analizzare la cucina.

<<Come puoi vedere questa è l'area cucina dove chi non gradisce la mensa si prepara i pasti. In tutto in questa casa siamo in tre, quindi a volte capita che almeno due persone si preparino qualcosa a seconda del programma che hanno durante il giorno. Ci sono abbastanza fornelli per dare la possibilità ad almeno due persone di cucinarsi qualcosa. Ovviamente chi cucina pulisce>>

Magnus diede un'ultima occhiata ai fornelli scintillanti.

<<Se è davvero così qui ci deve vivere una persona con disturbo ossessivo-compulsivo>>

Alec si avviò verso l'uscita e neanche in due secondi già saliva la prima rampa di scale.

<<Sì. Luke ci sta lavorando su, ma ammetto che è un vantaggio per chi come me non gli va di fare le pulizie>>

<<La mia era una battuta>>

Magnus temeva di aver sentito male e guardò Alec attendendo spiegazioni.

Alec a stento trattenne una risata.

<<Anche la mia lo era. Adesso vieni che ti mostro la stanza>>

Le scale erano strette ed avevano una decina di gradini per rampa, ma ogni piano si estendeva per tantissimi metri quadrati e poteva avere massimo tre stanze. Alec e Magnus salirono due piani, quando finalmente Alec gli indicò un corridoio con due porte distanti quattro metri circa.

<<Quella più in fondo è la mia camera. Tu puoi prendere quella accanto se vuoi>>

Magnus si avvicinò sospettoso. Gli avevano detto che il sistema carcerario norvegese era completamente diverso da quello americano ed è questo uno dei motivi per cui Ragnor lo aveva convinto a scontare la sua pena lì, ma avere come cella una camera normalissima gli sembrava pienamente assurdo. Si decise ad entrare e come prima cosa vide un letto singolo attaccato al muro. Il colore delle pareti era verde chiaro (di nuovo) e nella parte opposta c'era una piccola scrivania con sopra gli armadi e dei cassetti. Magnus si mise al centro della stanza aspettandosi di rimanere schiacciato tra quelle quattro mura, ma invece il suo dormitorio era spazioso e ordinato. A confermare la sua impressione, entrò Alec che adocchiò un'apertura vicino la porta che a Magnus era sfuggito.

<<Là c'è anche il bagno>>

Magnus lo guardò aspettando che se ne uscisse dicendo che era una battuta. Ma Alec rispondeva allo sguardo con un'espressione seria che fece traboccare il vaso.

<<Stai dicendo sul serio? Questa me la chiami una prigione? Tutti ti trattano gentilmente e per punirti ti mandano in una specie di resort agli angoli del mondo? Visto che sei qui per spiegarmi le cose come vanno, dimmi se sia giusto che un ladro, un truffatore o un assassino scontino la loro sentenza qui, e non in galera come tutti i criminali di questo mondo. Dimmi se sia giusto che un detenuto qui viva meglio di un cittadino che rispetta le leggi e lavora sacrificando se stesso per vivere una vita onesta>>

Ogni parola gli uscì fuori come uno sparo mirato appositamente per colpire Alec. Alla fine Magnus si sentiva così tanto svuotato da non riuscire a trovare le forze necessarie per continuare a spiegare quanto tutto questo gli sembrasse sbagliato. La rabbia che gli era uscita dalle parole gli aveva svuotato i polmoni e adesso respirava pesantemente. Intanto Alec era rimasto immobile, apparentemente calmo di fronte a quell'ira ingiusta che Magnus stava scaricando su di lui. Mentre riprendeva fiato, Magnus vide che gli occhi di Alec si opponevano a quella sua attitudine calma. Era come se stesse avendo una lotta interna che solo lui conosceva e proprio quel suo sfogo aveva fatto sganciare la prima bomba.

<<Mi sembra di rivivere tutto in uno specchio. Anche io la pensavo esattamente come te e anche io come te andavo in bestia davanti a tutto questo. Cerca di capire Magnus e guardati intorno e magari ne riparleremo. Adesso penso che tu voglia stare un po' da solo. Se hai bisogno sono proprio qui anche se non penso che mi chiamerai>>

Magnus non lo sentì nemmeno uscire e cercò di scordare l'ombra di tristezza che aveva visto negli occhi di Alec un attimo prima di uscire per non sentirsi in colpa. Si girò verso i letto che sembrava perfetto per la sua altezza. Vi si sdraiò sopra sperando almeno che fosse scomodo. 

E Fuori c'è Troppa LuceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora