CAPITOLO 12

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IVAN

<Buongiorno Isidor, è da tanto tempo che non ci vediamo.> Dico con un tono abbastanza provocatorio.

"vediamo se si ricorda di me..." Penso mentre prendo posto davanti a lui, su una delle due poltrone sistemate difronte alla sua scrivania, non aspettando il suo permesso.

<E tu saresti?> Mi chiede non riconoscendomi, dopotutto sono passati molti anni dall'ultima volta che ci siamo visti.

"non mi aspettavo una reazione diversa da questa..." Penso mentre osservo il suo ampio ufficio, facendolo aspettare.

"facciamolo innervosire un attimo" continuo a pensare mentre decido di guardarlo direttamente negli occhi, facendo scorrere altro tempo prima di dare la mia risposta.

<Il capo della famiglia Volkov, uno dei vecchi under-boss del precedente zar Alecsei Ivanov, credo che tu capisca la pericolosità della mia presenza, zio.

E se ancora ti stessi chi sia io zio Isidor... Sono Ivan, tuo nipote. Figlio di Lev Volkov.

Sono passati tanti anni. Non mi aspettavo che mi riconoscessi dopo tutto questo tempo.> Dico con un sorriso sghembo sulle labbra, mentre mi alzo e mi verso un bicchiere di liquore dal suo bar.

Riprendo posto dinnanzi a lui, notando come Isidor inizia ad alzare le sue barriere.

Riesce a mascherare le sue emozioni con uno sguardo glaciale, e per un attimo vengo percorso da un brivido lungo la schiena.

"far paura solamente con uno sguardo. credo che in fin dei conti sia un tratto di famiglia" Penso mentre osservo dritto negli occhi mio zio, notando una somiglianza con mio padre.

<Cosa vuoi?> Mi chiede in un tono tagliente

<Non mi aspettavo un tappeto rosso al mio arrivo, ma neanche un tono del genere zio.> Gli dico mentre lascio vagare il mio sguardo sul completo che sta indossando. "costoso..." Penso.

<Ma continuiamo,> Inizio a dire per poi continuare.

<Non ti è bastato essere ripudiato dalla nostra famiglia, ora vuoi peggiorare le cose iniziando a rubare i nostri soldi... Che ovviamente non ti appartengono.

Va bene ammettere che non sono tutti soldi puliti, ma non possiamo neanche negare che dietro di essi non ci sia un lavoro.

Un lavoro che pochi sarebbero in grado di fare bene come noi. Ora dimmi perché?

E non iniziare a sputare cazzate perché non mi interessa che siamo imparentato.> Dico mentre prendo il mio coltello e lo piazzo con forza e di punta sulla sua scrivania.

<Non ho il tempo di giocare al babysitter.>

Osservo come una goccia di sudore freddo scende dalla fronte di Isidor.

<Ivan non capisco di cosa tu stia parlando.

Da quando mio padre, tuo nonno, mi ha ripudiato ho cercato di allontanarmi da mio fratello nonché tuo padre e dalla famiglia che si era creato per creare un mio nome all'estero, in questo caso l'America.

Sarai pure figlio di mio fratello, ma non ci hai pensato che sia strano che dopo tutti questi anni io vengo a rubare dai vostri conti in Russi->

<Svizzera. Ci stanno rubando soldi dalla nostra banca principale.> Dico con tono piatto.

<Prima di arrivare in America, io e papà avevamo già pensato a una cosa del genere, però ora mi servono le prove per capire quello che sta succedendo.

Voglio i fatti, non le parole.> Dico con un tono che implica un ordine sottinteso: "fammi vedere i tuoi conti bancari, e i documenti anessi"

Osservo lo zio alzarsi dalla scrivania, molto lentamente, sguardando il coltello ancora infilato nella sua scrivania, che non ho intenzione di estrarre.

<Ecco qui, se vuoi hai libero accesso al mio computer, Boss.>

All'ultima sua parola pronunciata lo guardo con uno sguardo truce. <Non è il momento di fare battute zio, credo che tu non voglia un assaggio della mia violenza per ricordarti come funziona il nostro mondo.

Da quando te ne sei andato sono state scoperte nuove modalità per infliggere dolore... o addirittura di tortura.> Dico mentre dai documenti che mi ha passato, pongo la mia attenzione ai file del computer e del portatile che mi ha precedentemente passato.

Come un bastardo del mio genere, decido di accedere a tutti i file presenti sul pc, dopo averli controllati decido di estrarre la mia arma segreta.

Un piccolo dispositivo che mi fa controllare se ci sono file nascosti o eliminati.

"nulla. tutto pulito." Penso.

Estraggo il dispositivo e lo ripongo nella tasca del mio cappotto.

<Allora?> Mi chiede, mentre anche lui si prende un bicchiere di liquore che butta tutto giù in un sorso.

<Che sta succedendo qui in America?> Chiedo, ignorando la sua domanda.

"non è lui il colpevole. Papà ed io avevamo gia pensato ad alcune possibili cause di tutto ciò, e come ha detto anche lo zio, che senso avrebbe rubare quei soldi proprio ora..." Penso.

Prendo il telefono per scrivere a Radim del problema, e per chiedergli di mettersi in contatto con i nostri Hacker, per capire se hanno ottenuto altre informazioni utili.

Poi scrivo al nostro notaio, per chiedere se sono state sottratte somme mentre sono stato qui in America.

All'improvviso, dall'esterno, provengono vari rumori, fino a sentirsi degli veri spari.

Io e mio zio ci guardiamo in faccia per qualche secondo, per poi puntare i nostri occhi sulla porta del suo ufficio, restando in silenzio, ed aspettandoci il peggio.

Il nostro silenzio viene replicato all'esterno.

"troppo silenzio" Penso mentre mi alzo in piedi dalla poltrona e rimetto il telefono nella tasca dei pantaloni.

Dietro di me sento lo scricchiolio di una sedia, quella di mio zio.

Anche lui si è alzato, pronto a intervenire in quello che può succedere da un momento all'altro.

Tira fuori due pistole dai cassetti della sua scrivania, e me ne passa una <Credo che ti servirà figliolo.>

Io alzo una parte del cappotto per mostrargli le mie due pistole. <Credo di essere apposto.> Rispondo, tirando fuori il coltello dalla sua scrivania.

Non passano altri cinque secondi, che veniamo accolti da una pioggia di proiettili.

Faccio a malapena in tempo a prendere per il gomito mio zio e buttarlo per terra per poi trascinarlo sotto la scrivania.

<Cazzo!> Impreco tirando fuori la mia pistola. 

La corona del nuovo Zar |Trilogia Diamante Nero #2|Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora