20. Tail

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Attenzione! In questo capitolo si fa riferimento a traumi emotivi e alla morte canonica di un personaggio della serie.

E ne approfitto anche per ringraziarvi, perché con lo scorso capitolo la storia ha superato le 1k letture. Ci stiamo avvicinando alla fine e spero che apprezzerete anche i capitoli che mancano alla conclusione.


Il giorno dopo Stiles venne svegliato da un Derek decisamente allegro. Quella novità inquietante poteva significare solo una cosa: guai. Grossi guai. Per lui, ovviamente.
Il licantropo lo buttò giù dal letto e lo mandò a farsi una doccia, minacciando di andare a riprenderlo di persona, e di punirlo severamente con un'altra sessione di spanking, se non fosse tornato entro cinque minuti. Stiles decise che non aveva nessuna intenzione di sfidarlo di nuovo, soprattutto perché aveva il sedere ancora dolorante per quello che era successo il giorno prima.
Per carità, alla fine della punizione Derek era stato molto premuroso con lui. Lo aveva riportato in camera da letto in braccio e lo aveva aiutato a lavarsi, poi si era assicurato di spalmare una generosa dose di pomata all'arnica sulla sua pelle arrossata, controllando ancora una volta di non averlo ferito. Aveva perfino messo un cuscino sulla sua sedia, durante i pasti, per evitare che si appoggiasse sul legno duro. Peccato che la pelle continuasse a formicolargli anche a un giorno di distanza.
Proprio per quello, non ci teneva a riceverne un'altra dose, e grazie tante. Anche perché aveva la sensazione che la volta successiva sarebbe stato il turno della frusta e la sola idea gli faceva venire la pelle d'oca. Perciò si lavò alla velocità della luce, si asciugò ancora più in fretta e tornò in camera.
Derek era seduto sul letto e stava giocherellando con qualcosa che fece gelare il sangue nelle vene di Stiles.
"Non trovi che sia molto carina?" gli chiese il licantropo, sollevando l'affare che teneva in mano per farglielo vedere meglio.
"Quella è..."
"Una coda di volpe" concluse per lui il suo Dom. "In realtà, è un butt plug con attaccata una coda di volpe, ovviamente in pelo sintetico. Non è stato facile riuscire ad averla, sai, non riuscivo a trovarne una che mi soddisfacesse appieno, quindi ho dovuto farmela fare su misura. Credo che sia venuta molto bene, tu che ne dici?" concluse, porgendogliela come se volesse che il suo Sub la esaminasse con attenzione.
"No!"
"Non ti piace?" gli chiese, fingendosi molto deluso.
"Non puoi mettermela!" rantolò Stiles, il respiro irregolare.
Derek appoggiò l'oggetto sul materasso e si alzò per raggiungerlo.
"Perché?" gli chiese, prendendogli il viso tra le mani.
"È una volpe. Non posso giocare con una coda di volpe. Sarebbe come se... come se..."
"Come se tu fossi una volpe? O come se una volpe fosse dentro di te?"
Stiles lo guardò sconvolto. Quella era una cosa che non poteva affrontare, avrebbe riportato a galla troppi brutti ricordi, tutte le cose orribili che aveva faticato tanto a relegare nell'angolino più remoto della sua mente.
"Non posso" esalò, disperato, la voce rotta e le lacrime che minacciavano di invadergli gli occhi.
Derek lo strinse tra le braccia, accarezzandogli la schiena con dolcezza per cercare di calmarlo. Quando avvertì che si stava rilassando lo prese in braccio e tornò sul letto, facendo in modo che il ragazzo fosse seduto sulle sue gambe. Il plug era a pochi centimetri da loro.
"Kevin ha interrogato Winthorp su alcune delle cose che aveva inserito nella lista" gli disse. "Non tutte, ovviamente, perché di alcune non ci teneva a sapere nulla, ma la coda non era poi così strana, dal suo punto di vista. L'idiota gli ha detto che era indeciso tra una coda di cavallo, per praticare il pony play, e una di coniglio, perché lo stuzzicava l'idea di vedere che effetto avresti fatto vestito da coniglietta, con tanto di orecchie, guanti e ciabatte a forma di zampa. A me, sinceramente, non ispirava troppo nessuna delle due opzioni. In compenso, però, non riuscivo a togliermi dalla testa l'idea di usare quest'opportunità per costringerti ad affrontare finalmente te stesso e le tue paure."
"Non ce la faccio" scosse la testa Stiles.
"Nemmeno se io sarò al tuo fianco?" gli domandò Derek.
Il ragazzo alzò la testa per guardarlo. Aveva una fottuta paura, non voleva ripensare al periodo in cui la Kitsune lo controllava, per niente al mondo. Allo stesso tempo, però, si fidava di Derek, si fidava sul serio, e non voleva che lui ne dubitasse per nessuna ragione, anche se non riusciva ancora a spigarsene il motivo. Provò a riflettere per trovare una soluzione al problema, ma in quel momento perfino pensare gli risultava troppo difficile. Il licantropo, tuttavia, non sembrava aspettarsi davvero una risposta.
"Non hai mai parlato con nessuno di quello che ti è successo, vero? Nemmeno con Scott o con Lydia" e la sua non era esattamente una domanda.
Stiles abbassò la testa e lui riprese ad accarezzarlo, come se fosse la cosa più normale del mondo.
"So che ti senti in colpa per la morte di Allison e per quello che è successo a Aiden."
Il ragazzo si irrigidì di nuovo e ricominciò a tremare.
"Li ho uccisi io" sussurrò, sull'orlo delle lacrime.
"No, non l'hai fatto" lo contraddisse il suo Dom. "E Aidan non è morto, anche se ci è andato molto vicino. L'ultima volta che l'ho visto, appena pochi giorni fa, era in perfetta salute e ci stava provando con Malia."
"Ho ucciso Allison!" insistette Stiles. "È colpa mia se..." ma Derek lo interruppe.
"Non sei stato tu, è stata la Kitsune. Non eri tu a dare ordini agli Oni, era sempre la Kitsune. Non eri tu a far del male alla gente, era ancora la Kistune. Tu eri imprigionato! O forse te ne sei dimenticato?"
"Ma se io avessi..." provò a obiettare il ragazzo.
"Cosa?" lo fermò di nuovo Derek. "Se tu avessi, cosa? Tenuto testa a un essere vecchio più di mille anni, con un potere talmente grande che nemmeno un'altra Kitsune potente come Noshiko è riuscita a fermare? Spiacente di dovertelo dire, Stiles, ma sei solo un semplice umano."
"Lo so!" urlò lui. "Lo so che dovete sempre fare il doppio della fatica per sconfiggere gli esseri che ci attaccano e riuscire a tenere fuori dai guai me allo stesso tempo. Lo so che sono solo un peso per tutti!" si ritrovò a urlare, agitandosi tra le sue braccia come se volesse allontanarsi da lui.
"Sei un idiota!" lo accusò il licantropo, stringendo la presa intorno al suo torace per bloccarlo dov'era e afferrandogli i capelli dietro la nuca per tenergli ferma la testa e assicurarsi che non potesse sfuggire il suo sguardo. "Tu non sei un peso! Non lo sei mai stato! È vero, cerchiamo tutti di proteggerti, ogni volta che arriva qualche nuovo folle in città, perché le tue ferite non guariscono con la stessa velocità delle nostre. Lo facciamo perché ti vogliamo bene, perché abbiamo già perso troppi amici e perché sei il nostro stratega. Sei tu quello che ha le idee geniali, sei tu che trovi i collegamenti e risolvi i misteri, e hai più coraggio della maggior parte delle persone che conosco."
"Io non sono coraggioso" negò Stiles, con un broncio enorme.
Derek sbuffò, esasperato.
"Affronti in continuazione esseri più grossi e potenti di te per il bene delle persone che ami. Se non è coraggio questo, cosa pensi che lo sia?"
Stiles stava per rispondergli ma lui non gliene diede il tempo, certo che avrebbe detto qualcos'altro di stupido.
"Sei coraggioso, e sei intelligente, ma sei solo un umano. Non avevi nessuna speranza di vincere contro quella Kitsune, esattamente come non l'avrebbe avuta nessuno di noi, nonostante i nostri poteri. E il fatto che controllasse il tuo corpo non fa di te un assassino. Tu non hai ucciso nessuno, Stiles, lo ha fatto quel mostro. E mentre lui portava il caos in città, tu stavi combattendo la tua personale battaglia per la sopravvivenza. E hai vinto! Sei riuscito comunque ad avere la meglio su quella creatura così potente. Sei ancora vivo, sei ancora con noi e continui a salvarci la pelle almeno un paio di volte al mese."
Stiles si portò una mano alla bocca per cercare di fermare i singhiozzi che avevano iniziato a scuotere il suo corpo.
"Mi sento così in colpa..."
Derek se lo strinse di nuovo contro, accarezzandolo e baciandogli la fronte.
"Guardami, Stiles" gli ordinò, dopo qualche minuto.
Il ragazzo sollevò il viso rigato dalle lacrime e spalancò gli occhi: le iridi di Derek erano diventate azzurre.
"Credimi, Stiles, so quello che provi. Conosco il senso di colpa, da tanto di quel tempo che ormai è come un vecchio amico. Ma proprio per questo sono la persona migliore per dirtelo, e posso farlo con assoluta certezza: io ho ucciso un'innocente, tu no. Tu non hai ucciso nessuno. È stata la Kitsune, ed è ora che tu lo accetti. Hai già affrontato quel mostro una volta e sei sopravvissuto, ora è arrivato il momento di sconfiggerlo e di liberarti di lui una volta per tutte."
Stiles chiuse gli occhi per un istante, inspirando a fondo, poi li riaprì e fissò quell'affare di pelo sintetico.
"Pensi davvero che fare questa cosa possa aiutarmi?" gli chiese, ancora molto agitato.
"Sarà un gioco, Stiles. Divertirti e scherzarci su dimostrerà, prima di tutto a te, che hai superato quella brutta esperienza, o che comunque sei sulla buona strada per farlo."
"E se non ci riuscissi? Se di punto in bianco fossi colto dal panico, se non fossi abbastanza forte da sopportarlo?"
"Sarei lì con te, pronto a fermare tutto, a consolarti e a ricordarti che non hai nessuna colpa e che sei una persona stupenda."
Stiles si morse le labbra, ancora indeciso.
"Il senso di colpa, sai, non credo che se ne andrà mai," provò a spiegare "anche se tu dici che non ho motivo di sentirmi così. E poi, non voglio che gli altri pensino che non me ne importi nulla di quello che è successo. Loro mi hanno visto fare quelle cose e..."
"Stiles, i tuoi amici sono preoccupati a morte per te" lo interruppe di nuovo il licantropo. "Scott non si dà pace perché non ti confidi con lui e non sa come aiutarti e Lydia ti guarda come se volesse aprirti al testa per vedere a cosa stai pensando, tutte le volte che tu non sei concentrato su di lei. Perfino Aiden ha cercato in tutti i modi di farti capire che non ti ritiene responsabile di quello che gli è capitato. L'unico a pensare che quello che è successo sia colpa tua sei tu."
La sorpresa per quella rivelazione lo lasciò per un minuto con la mente completamente bianca. Ripensare a quello che era successo faceva ancora male, ma si accorse che il dolore era un po' meno pungente dell'ultima volta in cui si era concesso di farlo.
"D'accordo" disse, dopo un altro respiro profondo. "Se devo essere onesto, non credo che quella specie di topo morto possa risolvere il problema, ma..." lasciò la frase in sospeso per qualche istante, riflettendo attentamente prima di concludere. "Sì, credo di poterlo fare, ora. Se tu sarai con me" si affrettò ad aggiungere, perché era fuori discussione che potesse affrontare quella cosa senza la presenza rassicurante del suo Dom.
"Sono molto fiero di te, piccolo" si complimentò Derek, baciandolo con trasporto per rimarcare il concetto.
"Ok, devo ricordarmi di assecondarti più spesso" esalò Stiles, qualche minuto dopo, ancora frastornato dal suo assalto. "Quindi, come hai intenzione di procedere?" chiese subito dopo, senza riuscire a celare il nervosismo.
"Non faremo nulla di troppo complicato, tranquillo. Molto semplicemente, tu oggi sarai il mio animaletto da compagnia" gli rispose.
Il suo Sub lo guardò sospettoso.
"Animaletto in che senso?"
"Nel senso che camminerai a quattro zampe, starai accucciato ai miei piedi, obbedirai ai miei ordini, giocheremo insieme, ti farò i grattini e, naturalmente, non parlerai, perché gli animali non hanno il dono della parola, a meno che non vivano in un film Disney."
"Ok, aspetta, ma se devo restare a quattro zampe" chiese spiegazioni il ragazzo "come farò a sedermi a tavola per mangiare?"
"Gli animali non mangiano a tavola, Stiles, lo fanno per terra, nelle loro ciotoline. Ma sarò magnanimo e ti permetterò di usare le mani."
Stiles lo guardò sconvolto, ancora una volta.
"Ti odio, davvero, sappilo."
Derek ghignò impunemente.
"Bugiardo" soffiò sulle sue labbra, fin troppo compiaciuto.
Cinque minuti e un altro bacio lungo e appagante dopo, Stiles era a quattro zampe sul pavimento, sudato e ansimante. Derek lo aveva fatto eccitare e aveva deciso che tanto valeva approfittarne. Fu una cosa veloce, forse anche a causa della tensione. Derek affondò in lui con forza e lo masturbò allo stesso ritmo delle sue spinte. Stiles venne presto tra le sue dita e il Dom lo imitò quasi subito, riversandosi dentro di lui. Poi gli infilò dentro il plug, un istante dopo aver sfilato il suo membro ormai a riposo dalla sua apertura.
"Così mi avrai dentro per tutto il giorno" gli disse, fiero di se stesso e della sua trovata, riferendosi al seme che non aveva fatto in tempo a colare fuori dal suo buco.
Stiles non commentò, troppo concentrato sulle sensazioni che quel plug enorme affondato dentro di lui gli suscitava, e sulla coda che gli ondeggiava tra le gambe alla più lieve contrazione dei suoi muscoli. Era stranissimo sentire come gli accarezzava le cosce a ogni movimento. Strano, e inquietante, e doloroso a livello emotivo. Ma anche molto, molto eccitante.
"Ora vai ad accucciarti ai piedi del letto mentre io pulisco il disastro che abbiamo combinato."
Derek non ci mise molto, ma per tutto il tempo la mente di Stiles non poté fare a meno di ripensare ai ricordi che aveva cercato di dimenticare. Non era semplice affrontarli di nuovo, per niente, ma il fatto che fosse anche impaziente di giocare con il suo Dom lo portò a pensare che, forse, aveva finalmente fatto il primo passo per accettare il passato e lasciarselo alle spalle, una volta per tutte. Proprio come gli aveva detto Derek.
"La colazione ci aspetta, Stiles. Precedimi in cucina. Voglio vedere come cammina e muove la coda il mio bel volpacchiotto" gli ordinò il suo Dom, quando ebbe finito di sistemare.
Stiles rabbrividì, ma questa volta di aspettativa, e iniziò a gattonare verso la porta, cercando di far ondeggiare la coda il più possibile. Se Derek voleva giocare, allora avrebbero giocato, e lui avrebbe fatto tutto quello che poteva per farlo eccitare e convincerlo a togliergli quell'affare per farsi una sana scopata. E magari anche due o tre, perché in fondo il suo Dom era un licantropo e lui era giovane e in salute, e si riprendevano entrambi abbastanza velocemente.

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