19. Spatola

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La mattina dopo, l'urlo di Stiles raggiunse Derek in cucina, proprio quando stava per iniziare a preparare la colazione. La sua preoccupazione durò più o meno mezzo secondo, il tempo di sentire il suo Sub correre per la casa, diretto verso di lui.
"Guarda!" urlò non appena lo raggiunse. "Guarda cosa mi hai fatto!" ripeté, indicandosi l'inguine completamente liscio. "Come hai potuto? Come ti è anche solo venuta in mente una cosa del genere? Guardami, sono ridicolo! Ti odio, sappilo, e voglio che tu mi stia lontano, il più possibile, perché potrei anche non riuscire a rispondere di me stesso in questo momento."
"Oh, e cosa vorresti fare? Prendermi a pugni?" lo prese in giro Derek, consapevole quanto lui che in un ipotetico scontro tra loro Stiles non avrebbe avuto nessuna speranza di prevalere, nemmeno se ci avesse provato per i prossimi cento anni.
"Sei davvero... davvero... uno stronzo insopportabile" che come offesa non era granché, era pronto a riconoscerlo, ma al momento era troppo arrabbiato per pensare a qualcosa di più creativo.
"Hai finito?" gli chiese il licantropo.
"Non ho nemmeno iniziato!"
"Sai, Stiles, sono abbastanza sicuro che tra le regole che ci siamo dati, all'inizio di questa cosa tra noi, ce ne fosse una che diceva che avresti dovuto accettare con gratitudine qualsiasi cosa ti avessi fatto. Non mi pare di ricordare che ce ne fosse anche una che ti permetteva di insultarmi a piacimento" gli fece notare Derek, spaventosamente calmo.
Il ragazzo deglutì, all'improvviso ridotto al silenzio e conscio che, forse, aveva superato il limite, giusto un pochino. Si sforzò comunque per sembrare ancora più infuriato che spaventato.
"Allora, Stiles?" insistette il suo Dom.
Lui fece un respiro profondo e si umettò le labbra, nel tentativo di prendere tempo. La verità era che non sapeva cosa dirgli senza peggiorare la sua situazione. Era molto arrabbiato con Derek per averlo ridotto in quello stato, si sentiva ridicolo senza peli e pensava che si meritasse molto di peggio di quella piccola sfuriata. Però era anche vero che si erano dati delle regole, e che lui le aveva accettate, anche se non aveva fatto i salti di gioia.
"Ecco, dunque... il fatto è che..." balbettò, cercando di pensare a qualcosa di sensato da dire. Poi lasciò perdere e decide di essere semplicemente sincero. "Mi sento un idiota, e sono davvero arrabbiato con te per avermi ridotto così, anche se so che non avrei dovuto urlare a quel modo. Ora, per come la vedo io abbiamo torto entrambi. Che ne dici di chiuderla qui e di fare colazione? Inizio proprio a sentire un certo languorino."
Sapeva che la sua era una pia speranza, anche se valeva la pena di fare un tentativo, e la sua intuizione venne confermata dallo sguardo che gli rivolse Derek: un misto tra incredulità, divertimento e compassione.
"Faremo colazione, certo, ma non adesso. Ora andremo nella stanza dei giochi. Sulla lista c'era una cosa che non vedevo davvero l'ora di usare, aspettavo solo che tu facessi qualcosa per guadagnarti una meritata punizione. E posso assicurarti che oggi te ne meriti una bella grossa, Stiles."
"Ma..." provò a protestare il ragazzo, che però venne subito interrotto da Derek.
"Ti consiglio di tacere, perché ogni volta che apri bocca non fai altro che peggiorare la tua situazione. Andiamo. Adesso!" gli ordinò, e si avviò a passo spedito fuori dalla cucina, certo che il suo Sub lo avrebbe seguito.
Una volta arrivati a destinazione non perse tempo e spostò una panca imbottita al centro della stanza. Stiles non poté fare a meno di notare che il suo sedere, ma anche la sua bocca volendo, sarebbero stati all'altezza giusta per accogliere il membro del suo Dom. Finito lì, Derek si avvicinò a uno scaffale, ne prese qualcosa e tornò indietro. L'oggetto che stringeva soddisfatto tra le dita rendeva Stiles molto più che un po' ansioso.
"Quella è... cosa? Una spatola?"
"Il termine tecnico è paddle ma sì, fondamentalmente è una spatola."
"E vuoi usarla su di me?"
"Ti ho già detto che ogni volta che parli fai in modo che la tua punizione aumenti, vero?"
Stiles si tappò subito la bocca e osservò quella lunga paletta di legno con timore. Avrebbe fatto dannatamente male, non aveva nessun dubbio in proposito.
"Stenditi sulla panca" lo richiamò Derek, stufo di perdere tempo.
Quella era davvero l'ultima cosa che Stiles voleva fare. La prima era mettersi a correre e andare a chiudersi a chiave in camera da letto, e magari anche nascondersi dentro l'armadio, ma era già abbastanza nei guai così, perciò fece quello che gli era stato ordinato. Il licantropo, però, non sembrò approvare il modo in cui si era posizionato, perché lo afferrò per i fianchi e lo tirò indietro. Quando finì di sistemarlo, il membro del ragazzo pendeva a un paio di centimetri dalla base della panca, sulla quale erano ancora appoggiati il suo addome e il suo petto, mentre le gambe dovevano sostenere comunque una buona parte del peso del suo corpo. Non sapendo cosa farsene delle mani, e non avendo ricevuto istruzioni in merito, decise di arpionarle all'altra estremità dell'imbottitura, certo che avrebbe avuto bisogno di tenersi con forza a qualcosa quando Derek avesse iniziato a punirlo.
Il primo colpo arrivò senza preavviso. Stiles sobbalzò per la sorpresa, ma per la verità era stato molto leggero, così come lo furono quelli che seguirono. Sentiva la pelle dei suoi glutei diventare più calda e più sensibile, ma non provava molto dolore.
Poi le cose cambiarono, ancora una volta all'improvviso e senza nessun avvertimento. I colpi si fecero più forti e più veloci, e Stiles sentì il sedere andargli a fuoco in pochi minuti. Avvertiva il dolore propagarsi lungo le gambe e la schiena e afferrò ancora più saldamente il bordo della panca. Faceva tanto male che si ritrovò dapprima a gemere e poi a urlare a ogni colpo ricevuto.
Non sapeva da quanto tempo stava andando avanti quella tortura, ma Derek non sembrava intenzionato a smettere e lui non credeva di riuscire a resistere ancora per molto.
"Banshee!" rantolò, dopo l'ennesima palettata.
Il licantropo si interruppe all'istante e si spostò al suo fianco, accarezzandogli la testa e la fronte sudata.
"Ce la fai?" gli chiese dopo qualche minuto.
"Fa male" sospirò il ragazzo, in risposta.
"Sì, fa male. Dimmi, Stiles, lo sai perché ti sto punendo?"
"Perché non mi sono comportato bene" ammise, con le lacrime che gli rigavano il volto. "Perché sono stato maleducato e ti ho accusato e ho messo in dubbio le tue decisioni invece di apprezzare quello che hai fatto per me."
"Esatto, piccolo. So che è doloroso, ma è mio dovere di Dom punirti quando ti comporti male, lo capisci?"
"Sì."
Stiles si sentiva strano. Durante i giorni precedenti gli era già capitato di provare una sensazione di leggerezza durante le loro sessioni, come se riuscisse a estraniarsi da se stesso, e in quel momento, ascoltando la voce di Derek, sentiva che gli stava capitando la stessa cosa. Era come se fosse improvvisamente senza peso, come se il dolore fosse in qualche modo ovattato, anche se riusciva a sentirlo perfino meglio di prima. Era come se stesse galleggiando in un fluido caldo e accogliente e non aveva nessuna voglia di uscirne.
"Stiles, concentrati!" gli ordinò Derek, quando si rese conto di quello che gli stava succedendo. "Torna da me, piccolo. Devo sapere che riuscirai a usare di nuovo le tue parole se ne avrai bisogno."
Non fu facile, ma il ragazzo prese una serie di respiri profondi e la sensazione diminuì gradualmente, fino a sparire del tutto. Tornare alla realtà, però, lo costrinse anche a riportare l'attenzione sulle fitte che sentiva al sedere, cosa che non era per niente piacevole.
"Sto bene, davvero. Cioè, fa dannatamente male, ma sono qui con te" lo rassicurò.
"Bravo, piccolo. Posso continuare?"
"Sì."
"Devi far ripartire la scena, Stiles" gli ricordò il Dom.
Derek voleva fare le cose per bene e questo non poteva che tranquillizzare Stiles, ma avrebbe di gran lunga preferito che la sua punizione finisse lì. In ogni caso, fece un altro respiro profondo e disse esattamente ciò che l'altro voleva sentire.
"Lupo."
Il licantropo gli regalò un'altra carezza e tornò alle sue spalle. Invece di avvertire il suono del paddle che colpiva la sua pelle, però, Stiles sentì un dito forzare la sua apertura a frugargli dentro. Fu talmente inaspettato ed eccitante che gli mozzò il respiro.
Dopo un paio di minuti il dito uscì e, prima ancora che l'ultima falange avesse abbandonato il suo corpo, la spatola di legno tornò a colpire la sua pelle e lui strinse i denti per evitare di gridare. Quando, però, i colpi cessarono di nuovo e il dito violò ancora una volta la sua apertura, seguito subito da un secondo, non poté fare nulla per evitare di urlare il suo piacere.
Poi di nuovo i colpi, e le dita che erano diventate tre, e ancora i colpi. Quando il paddle smise per l'ennesima volta di abbattersi sulla sua pelle irritata e dolorante fu qualcosa di molto più grosso di un dito a penetrarlo. Derek lo scopò con molta attenzione, cercando di non infierire troppo sulle sue natiche abusate, ma in quel momento il dolore era l'ultimo dei pensieri di Stiles. Era eccitato, tremendamente eccitato, e aveva bisogno di venire.
Vista la sua posizione, gli era impossibile raggiungere la sua erezione con la mano e, per quanto ci provasse, dalla sua bocca uscivano solo gemiti vogliosi e non le parole con le quali avrebbe voluto pregare il suo Dom di aiutarlo. Il licantropo, però, sembrava aver capito comunque.
"Tranquillo, piccolo, ci penso io a te" lo rassicurò.
Nell'esatto momento in cui la mano di Derek iniziò a masturbarlo, Stiles si arrese al piacere. Raggiunse l'orgasmo pochi istanti dopo e fu talmente intenso che si inarcò così tanto da staccare del tutto il petto dalla panca. Quando i suoi spasmi cessarono si rese conto che anche Derek si era irrigidito, dietro di lui, e che gli era venuto dentro, ma era troppo esausto perfino per compiacersene.

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