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«Umh,» mormorò Kenma, cercando con lo sguardo un segno della presenza di Kuroo nei dintorni, «certo.»

«Possiamo parlare in un luogo più privato?» propose, sostenendosi contro il muro e oscurando sia la visuale di Kenma che la luce filtrata dal corridoio.

Il biondo si strinse un poco a sè, come a voler preservare quella piccola scintilla di buon umore che aveva guadagnato da un vento gelido; infine, sbuffò, alzandosi in piedi con un gesto rapido. «Certo.»

Senza degnarlo di un'altra parola, Oikawa si voltò, allontanandosi verso il lato opposto del corridoio; Kenma indugiò un poco prima di seguirlo, confuso da un atteggiamento talmente serio da un ragazzo che si era dimostrato fin da subito una persona allegra e dal carattere leggero.

Salirono un'altra rampa di scale, sorprendo il ragazzo ignaro della loro esistenza. Giunsero a una porta che, dalla posizione vagamente nascosta, sembrava essere una camera da letto, inesplorata dal genere adolescenziale che vagava ubriaco lungo la casa; il piano superiore, che sperava essere l'ultimo, sembrava ancora intatto salvo per un paio di ragazzi che, come lui, sembravano desiderare una pausa dal caos sottostante - il rumore era ovattato, e le luci un mero ricordo che si stagliava contro i gradini delle scale.

Oikawa aprì la porta con fare sicuro, invitando il ragazzo ad entrare con un gesto della mano sinistra. Mormorò un non sentito ringraziamento, entrando per primo. Intuì dovesse essere una camera degli ospiti dalle spoglie mura e la totale assenza di oggetti che indicassero la presenza continua di qualcuno.

«Di cosa devi parlarmi?»

Una sensazione di panico si mischiò alle budella di Kenma, provocandogli la pelle d'oca. Andava ripetendo: "solo qualche minuto, poi tornerò giù, mi riunirò a Kuroo, e andrà tutto bene". Si era, durante il viaggio che pareva durare ore, auto convinto che Oikawa dovesse sicuramente discutere di qualche aggiornamento sulla sua vita amorosa - era l'unica opzione, no?

«Voglio avvertirti solo perché so che sei una brava persona e ti devo un gran favore,» iniziò Oikawa, con un tono grave. Kenma iniziò a rendersi conto di quanto i suoi vestiti prudessero contro la sua pelle.

«Ovvio,» croccò Kenma, con fatica, insicuro su cosa dire. La sua approvazione sembrò dare il via libera a Oikawa, le cui spalle si rilassarono a seguito di un sospiro; aveva questo vado sguardo combattuto che il biondo detestava amaramente. Alcune ciocche di capelli si era appiccicate contro la sua fronte per il sudore.

«Non so bene i dettagli e forse dovresti informarmi prima di dirtelo, però...» sembrò fermarsi, come a raccogliere i pensieri, «qualche mese fa mi ha chiesto delle informazioni sul tuo conto e io...»

La vaga musica rimbalzava contro le sue orecchie in maniera fastidiosa.

«So di aver sbagliato a darglieli ma non pensavo che avrebbe funzionato su di te! Insomma, tu sei intelligente...»

Sentiva una scossa nelle mani e il bisogno di grattarsi; sembrava come se degli insetti gli stessero percorrendo la schiena.

«E non avevo molte informazioni, lo so, ma lui non sembrava neanche tanto dalla parte del torto, sai?»

Aveva caldo, troppo caldo. Stava sudando.

«Mi ha accennato di un piano...»

Nausea.

«Qualcosa del tipo: "lui ha qualcosa di mio e devo riprendermelo"...»

Gli occhi bruciavano.

«E onestamente non avrei detto niente, ma vi ho visti e sembravi davvero preso... Non ero sicuro di cosa fare...»

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