Capitolo sette

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"È stato folle!" Esclamò, divertito, Irwin, facendo fermare il cavallo davanti la locanda dove avrebbero passato la notte. "Loro erano lì, e poi noi la, e quindi loro..."

Il riccio si interruppe non appena vide la faccia di James e arrossì. Non era più abituato a vederlo con quello sguardo, e ciò gli fece venire una strana sensazione allo stomaco che non riuscì a reprimere facilmente. La strega oscura stava sorridendo, sembrava sinceramente felice, ed Irwin dovette distogliere lo sguardo per evitare di sorridergli a sua volta. Già aveva rischiato grosso la sera prima, con il ballo, figuriamoci se adesso si mettevano a fare anche gli sdolcinati.

No. Irwin avrebbe aiutato James a recuperare i suoi poteri (anche se la storia non lo convinceva del tutto: come mai James non aveva pensato di catalizzarli da qualche parte per recuperarli in seguito?), avrebbero sconfitto Amaris e, poi, ognuno per la sua strada. Sì, quello era un buon piano.

"Irwin? Oi?" Irwin venne interrotto dai suoi pensieri quando James gli sventolò una mano davanti al viso, con l'aria di chi lo aveva chiamato più volte. "Tutto okay?"

Irwin annuì, poco convinto. "Dobbiamo entrare qui?" Decise di cambiare discorso, indicando con un cenno del capo la locanda che gli si poneva davanti.

Okay, Irwin non era un tipo snob (per favore. Era letteralmente entrato nella stanza di James a sedici anni. Sapete cosa c'è nella camera di un sedicenne? Ecco, sì, quindi dopo quella poteva superare di tutto) ma era abbastanza convinto che l'insegna non dovesse penzolare in quel modo verso sinistra e che i vetri delle finestre dovessero essere di, beh, vetro invece che coperti con delle scatole di cartone.

"Non lasciarti ingannare dai vetri." Suggerì James, con l'aria di chi era già stato lì parecchie volte, mentre scendeva dal suo cavallo e lo legava insieme agli altri. "In passato c'è stata qualche sparatoria e, non avendo molti soldi, hanno dovuto riparare come meglio potevano." Sghignazzò, trovando il tutto particolarmente divertente.

"James." Sussurrò Irwin, scendendo dal cavallo e guardando la sagoma bianca tracciata con il gessetto davanti alla porta di ingresso. "Qua è stata uccisa una persona."

James non sembrò stupito da quel fatto: "Una mi sembra riduttivo. Chiederò a Xander personalmente."

Irwin dovette metterci tutto se stesso per evitare di riprendere Philip, il suo cavallo bianco, e scappare al trotto verso il palazzo urlando e agitando le braccia. "Chi è Xander?" Domandò invece, perché non conosceva nessuno con quel nome.

"L'oste, ovvio."

"E lo chiami per nome perché... ah, no, niente: ho capito." Irwin capì nel momento in cui James fece ondeggiare su e giù le sopracciglia e fece un gesto osceno. "Sei disgustoso." Commentò, storcendo il naso al pensiero di James con qualcun altro che non fosse lui.

"E tu sei geloso." Lo prese in giro l'altro, spintonandolo con un gomito. Irwin roteò gli occhi al cielo: che idiozia, come poteva essere geloso del suo ex?

Si strinse nelle spalle. "Se questo ti aiuta a dormire la notte..."

James si rabbuiò. "Okay, bel tenebroso, entriamo." Ordinò, aprendo la porta. "Dopo di te, my lord." Si esibì in un piccolo inchino, ed Irwin lo superò roteando gli occhi al cielo.

Si pentì immediatamente di averlo fatto. La prima cosa che colse fu un odore penetrante di birra stantia, misto al forte aroma di sudore impregnato nell'aria. La locanda, con le sue pareti sbiadite e le travi del soffitto scricchiolanti, emanava un'atmosfera cupa e pesante. Dentro, l'ambiente era avvolto da urla di ogni tipo e dal rumore causato dallo scontro dei boccali colmi di birra tra uomini barbuti con facce segnate dal tempo.

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