James era sicuro di ricordare ogni cosa che preferisse Irwin. Per esempio, sapeva che amava abbracciarlo durante la notte, che gli piaceva accarezzare il petto di James, che preferisse dormire sul suo petto piuttosto che sul suo lato del letto, e tante altre cose.
Per questo motivo andò in panico quando nessun boccolo profumato di rose gli solleticò il naso, al mattino, nessuna mano gli accarezzò il petto e, soprattutto, quando non sentì nessuna presenza accanto a sé.
Aprì gli occhi di scatto, mettendosi seduto a gambe incrociate sul letto dove avevano giaciuto, e cercando di ricordare se Irwin gli avesse detto qualcosa mentre lui era ancora addormentato. No, niente di niente. Ne era sicuro.
Prese un lungo respiro. Starà preparando la colazione. Pensò, vestendosi immediatamente e scendendo giù, in cucina, sperando di trovare il suo principino di spalle, con qualche ingrediente sano per la sua colazione nutriente. Ovviamente non fu così. La cucina era vuota.
La realizzazione colpì James in pieno petto. «Proverò a non scappare», aveva detto. Tutto quello che James aveva pensato la sera prima si era rivelato un mucchio di cavolate: a quanto pare, James era l'unico a provare ancora qualcosa per lui. E, ancora una volta, Irwin Bèchalot non solo aveva infranto una sua promessa, ma anche il suo cuore.
James adorava Isabelle Bèchalot, e la cosa era chiaramente reciproca. La ragazza non era una persona che non potevi adorare: era tale e quale al fratello, solo che lei era più cazzuta. Insomma, se si pensa che a soli sedici anni si era ribellata al padre che la voleva promettere ad un trentenne, l'idea è abbastanza chiara.
James l'aveva conosciuta qualche giorno dopo che lui e Irwin si erano dati il loro primo bacio. Infatti erano nella camera di quest'ultimo, sdraiati sul suo letto, i nasi che si sfioravano, alternando chiacchiere a dolci baci.
Isabelle era entrata nella camera del fratello minore proprio nel momento in cui James era salito sul suo grembo e lei era rimasta bloccata sulla porta. Irwin, per la paura, aveva spinto James giù dal letto che aveva emesso un gemito di dolore, che a quanto pare sbloccò Isabelle dal suo stato di trance.
«Il tuo amico si è fatto male.» fu l'unica cosa che disse. «Dovresti aiutarlo.»
«Non è un mio amico.» Irwin si era coperto il petto con il lenzuolo. James stava quasi per scappare via e piangere, sentendosi tradito, quando il minore aveva aggiunto: «È il mio ragazzo.»
Isabelle aveva annuito. «Voglio parlarti.» aveva detto poi, indicando James con il mento.
James l'aveva seguita fuori dalla stanza, aspettandosi una sfuriata e qualche maledizione, ma aveva solo ottenuto un abbraccio e un "grazie".
«Grazie per cosa?» aveva chiesto, accigliato.
«Mio fratello è più felice negli ultimi tempi e ho finalmente capito il perché.» Aveva spiegato la ragazza. «Se lo merita un ragazzo che lo faccia sentire amato e felice, vista la situazione in famiglia. È un po' cretino, ma è fedele alle persone che ama, stai tranquillo.»
"Fedele." Borbottò James, sprezzante, fissando il fuoco. "Su una cosa avevi ragione, Isa: è proprio un cretino." Disse, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano. Era raro che piangesse, ma da quando era scappato di prigione gli succedeva spessissimo. E la causa era sempre la stessa. "E a pensare che io ho fatto tutta questa storia dei poteri per-..."
"Inveirgli contro quando lui non può risponderti non ti aiuterà." Lo aveva interrotto sua madre, spuntando improvvisamente dietro la poltrona sulla quale lui era seduto. "Meglio avere un bel confronto faccia a faccia."
"Cosa c'è da confrontare, mamma?" James si girò verso di lei, con gli occhi arrossati dal pianto e la matita degli occhi ormai colata. "È un sentimento chiaramente non corrisposto."
"Non dire così: sai che Irwin ti vuole bene." Sua madre gli appoggiò una mano su una spalla, stringendogliela come per infondergli coraggio.
"Sì. Lui mi vuole bene." Annuì James, mordendosi un labbro per impedire ad altre lacrime di uscire. "Ma io lo amo."
Arcadia rimase spiazzata dalle parole del figlio. Sapeva che Irwin fosse speciale per lui, e proprio ieri si chiedeva quanto tempo James ci avrebbe messo per realizzare che ciò che provava per Irwin non era più solo attrazione fisica mista ad affetto, ma non immaginava che suo figlio lo avrebbe ammesso con così tanta facilità. Non sapendo cosa dire si avvicinò al figlio e lo abbracciò, lasciandolo singhiozzare sul suo petto mentre gli accarezzava i capelli, come quando era bambino.
Arcadia non era la migliore quando si parlava di sentimenti. Fosse stato per lei, avrebbe fatto un incantesimo di memoria a James per fargli dimenticare Irwin, ma non poteva fare questo al suo bambino. Però non poteva nemmeno sopportare di vedere James, il suo frizzante, monello e sempre allegro unico figlio maschio, come un vegetale, seduto sul divano a fissare il vuoto. Le uniche volte in cui lo aveva visto così era stato anni prima: una volta, quando suo marito li aveva abbandonati per andare a gestire il suo regno, e l'altra volta, quando Irwin lo aveva lasciato.
James aveva sprecato fin troppe lacrime per quella strega bianca, a detta sua. Quanto avrebbe voluto trovare il re e... un attimo. Lei poteva. "James, vieni qua." Non ottenne nessuna risposta, perciò: "James William Marblewing, vieni subito qua o giuro che ti pentirai di essere scappato dalla prigione di Alvagar." Ordinò, con tono minaccioso, ottenendo però il risultato sperato. Si trattenne dal sogghignare.
James si alzò dal divano e si sedette al tavolo insieme a lei, aspettando che dicesse qualsiasi cosa. "Quindi? Cosa volevi? Solo farmi cambiare postazione?"
Arcadia roteò gli occhi. "Ho un'idea per trovare quel cretino del tuo fidanzato."
James le scoccò un'occhiataccia. "Non è il mio fidanzat-..."
La madre lo ignorò e passò a spiegare la sua idea, non prima però di aver schioccato le dita e aver fatto comparire una sfera di cristallo. "Non la uso da secoli, ma dovrebbe ancora funzionare." Spiegò al figlio, iniziando poi a recitare una formula a bassa voce per trovare il re.
James osservò, curioso e tranquillo, sicuro che non avrebbe funzionato, fino a quando l'immagine del suo principino apparve sul cristallo trasparente della sfera magica. Era vestito esattamente come la sera prima, solo che aveva un'espressione stressata e, come se le disgrazie non fossero già abbastanza, suo zio Nestor gli stava dicendo qualcosa.
"Non puoi alzare il volume?" Chiese alla madre, curioso di sapere cosa mai tra le cose che gli stava dicendo poteva recargli tanta preoccupazione.
"L'hai presa per una radio?" Domandò sarcastica Arcadia, arricciando le labbra. "Questo gioiellino ha pur sempre duemila anni, quindi devi ringraziare se funziona ancora."
James roteò gli occhi e annuì, alzandosi dal tavolo. "Va bene, va bene, ho capito."
Arcadia si accigliò. "Dove stai andando?"
James sogghignò e Arcadia giurò di riuscire a scovare un barlume di speranza nei suoi occhi. "A riprendere il mio fidanzato, no?"
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Il Medaglione Di Alvagar
FantasyIn un regno dove la magia è la normalità; fate, druidi, sirene, vampiri, lupi mannari e streghe banchettano insieme senza scatenare una guerra, Irwin Bèchalot, re di Alvagar, reduce dai postumi di una guerra che lo ha diviso dal suo fidanzato, é all...