Capitolo trenta

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Sei mesi dopo...

James si era ormai stanziato nella stanza di Irwin, che ormai era quella di entrambi, e la vita di corte lo stava già stancando... e ancora non erano nemmeno sposati!

Riunione di qua, congresso di là! Sta scoppiando una guerra ad Est, mandiamo l'ambasciatore a Nord! E con tutto quel trambusto James non era riuscito più a passare una giornata da solo con Irwin.

Per questo motivo aveva deciso di portarlo al cottage dove i suoi genitori lo portavano quando era piccolo.

"Credo che questa sia stata una delle tue migliori idee." Sospirò Irwin, una volta arrivati lì. "Anche se non capisco come mai non hai preferito qualche albergo in città, se volevi stare senza impegni regali in mezzo."

James roteò gli occhi. "Ancora c'è della gente che non mi apprezza moltissimo, quindi preferisco non infastidirli."

Irwin alzò un sopracciglio. "Nomi e cognomi, subito. Devo proprio picchiare qualcuno."

James sbuffò una risata, impressionato dal suo ragazzo (oh come era bello chiamarlo di nuovo in quel modo!). "Per quanto io ami quando sei violento, tesoro, credo che sia contro produttivo da parte del re picchiare i suoi sudditi."

"Non se non si fidano del mio fidanzato!"

"Nah, mi guardano solo con un po' di puzza sotto il naso. Non preoccuparti!" Fece un gesto come per scacciare una mosca. "Non ti è mai importato, perché ti importa ora?"

Irwin era arrossito, confermando a James i suoi dubbi. "Beh... sei mesi fa mi hai detto che..."

"So bene cosa ho detto." Affermò James, serio come non mai. "E giuro che non saranno quattro popolani a fermarmi dallo sposarti, Irwin Bèchalot."

Per questo motivo, qualche sera dopo, mentre Irwin stava facendo una di quelle spaventosissime maschere verdi per la pelle, indossando sopra gli occhi dei cetrioli e tra le dita dei distanziatori di gomma piuma blu per evitare che lo smalto tra un dito e l'altro si attaccasse, James entrò con nochalance nel salone, saltando in aria alla vista del suo ragazzo conciato in quel modo.

Suddetto ragazzo si tolse un cetriolo dagli occhi giusto per verificare se stesse bene. "Tutto okay?"

James, con ancora una mano sul petto per lo spavento, annuì. "Ero venuto qui perché stavo pensando ad una cosa." Cominciò, incrociando le braccia al petto e facendola sembrare la cosa più normale del mondo.

A quanto pare riuscì nel suo intento visto come Irwin rimise il suo cetriolino e aprì la bocca per passarsi del filo interdentale. Probabilmente il re stava pensando che gli avrebbe chiesto qualcosa di stupido come ordiniamo italiano per cena?, quindi stava sottovalutando il nemico. James sghignazzò.

Non ottenendo risposta, James gli picchiettò il dito su un alluce smaltato di nero. "Hai capito? Sto pensando ad una cosa!"

Irwin smise di passarsi il filo interdentale. "Ti sento, idiota, solo perché non ti vedo e non ti parlo non vuol dire che non ti senta."

James grugnì. "Potresti toglierti almeno i cetriolini? Sai, ero venuto qui perché pensavo di chiederti di sposarmi ed è un po' brutto parlare con due
cetrioli piuttosto che con il mio ragazzo. Vabbè, comunque! Appena hai finito il tuo trattamento da principino ne parliamo e mi raggiungi nella nostra stanza, uhm?" E, detto questo, lasciò la stanza -immaginò Irwin, visto che, effettivamente, poteva fidarsi solo del suo udito.

Il re spalancò gli occhi, sconvolto, e si tolse immediatamente cetrioli e gomma piuma tra le unghia delle mani e dei piedi per poter raggiungere il suo ragazzo nella loro stanza, trovandolo accovacciato sul suo comodino, chiaramente per cercare qualcosa.

"Ma dico io, sei scemo?" Gli domandò Irwin, senza fare alcuno sforzo mentre lo attirava a sè con la magia.

"Aho!" Si lamentò James, massaggiandosi la testa. "Mi hai fatto sbattere la testa contro il soffitto! Mi fai male, così!"

"Lo spero bene, James William!" Esclamò Irwin, incrociando le braccia al petto. "Aspetto questa proposta da dodici anni -sì, non dire niente: da quando ti ho conosciuto," lo interruppe, vedendolo aprire bocca, "E, conoscendoti, io mi aspetto una proposta eccentrica, con ballerini, fuochi d'artificio, musica! E un anello! Un dannato anello, volevo!"

James roteò gli occhi e, fluttuando ancora per aria, si diresse nuovamente verso il suo comodino. "Senti, smorfiosetto, l'anello te l'ho preso." Sbuffò, aprendo il cofanetto e mostrandogli lo splendido anello che aveva comprato per lui. Non ricevendo risposta da Irwin, sbuffò di nuovo. "Che hai? Non ti piace?"

"Dovevi metterti in ginocchio!" Piagnucolò Irwin, annullando l'incantesimo di lievitazione e facendolo cadere malamente per terra.

James socchiuse gli occhi. "Piccolo mio. Allora, ascoltami bene: io sposterei le montagne per te, mi butterei dall'Everest, per te, mi ascolterei l'intera discografia di Justin Bieber, per te... sono letteralmente morto, per te ma, ti prego, non farmi mettere in ginocchio. È troppo imbarazzante."

"Oh però in ginocchio ti ci metti quando-..."

James spalancò gli occhi. "Certo, perché quello è qualcosa di automatico che il mio cervello fa. Questo è qualcosa che la gente si è inventata per soddisfare delle loro fantasie personali, un po' come San Valentino, no?"

Irwin non aveva proprio voglia di ascoltare il suo ragazzo blaterare (di nuovo, ci terrebbe a sottolineare) riguardo il fatto che San Valentino fosse una festa consumistica, che secondo lui doveva essere abolita, eccetera, eccetera. No. Era troppo giù di corda, perché James aveva reso il giorno più bello della sua vita uno- beh, non bello, solo perché non voleva mettersi in ginocchio per lui. Ma, proprio mentre, sconsolato, stava per tornare in soggiorno dai suoi amati cetriolini, si sentì chiamare.

"Principino?"

Così, si girò, pronto al peggio, ma gli scappò un sorriso -e forse anche una lacrima- quando vide il suo fidanzato inginocchiato con la scatolina dell'anello aperta. "Anche se sei tremendamente viziato -e non dire di no. Sei un re e sei un secondo genito: sei automaticamente nato già viziato- permaloso, lunatico, vendicativo e tanti altri aggettivi che non mi vengono in mente perché, purtroppo per noi, non ho ingoiato un intero dizionario dei sinonimi e dei contrari, sei anche spiritoso, coraggioso, bellissimo e, sopratutto, l'uomo che amo. Ed è per questo che io, inginocchiato come un cretino, pur di accontentarti, ti chiedo: vuoi sposarmi? E guai a te se dici no, dopo questa umiliazione, eh!"

Irwin scoppiò a ridere e, ancora prima che la risata potesse essere sopraffatta dalle lacrime, gli si gettò contro, soffocando il tutto in un dolce bacio.

Il Medaglione Di AlvagarDove le storie prendono vita. Scoprilo ora