59. Pain au chocolat

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Mi sveglio, da brava freddolosa, avvolta nella trapuntina. Con un braccio attorno alla vita. Faccio per alzarmi, ma il braccio mi trattiene, e capisco che il proprietario è già sveglio. E a ulteriore riprova, si struscia sul mio fondoschiena.

-Devo andare in bagno.-ridacchio.

Lui mi bacia sotto un orecchio-Sbrigati a tornare. E non fare la doccia.

-Agli ordini.

Quando ritorno in camera, Piero è appoggiato alla testiera con il cellulare in mano. La trapuntina lo copre dalla vita in giù.
-Buon giorno. -dice.

-Buon giorno a te. Dormito bene?

-Amo questo hotel.

-Ha provato i nostri servizi spa?

-No, solo la compagnia notturna.

-Ci preoccupiamo molto dei nostri clienti.

-Me ne sono accorto. Adesso vieni qui.

-Uuuh. Mi diventi dominatore così di botto, Barone?

Mi punta un dito contro-Smettila. Devo dirti una cosa e ce l'ho già duro, non mettertici anche tu.

-Che poeta. -mi siedo sul letto, lui si tira un po' su a sedere.

Deglutisce, capisco che è nervoso.-Che succede? Non mi dire che hai deciso di contrattaccare e mollarmi tu stavolta.

-Guarda che sono serio.

-Okay okay, dimmi.

-Per quanto riguarda andare dai miei...

Mi sento in ansia di colpo. Non me ne ero dimenticata. Ma inconsciamente forse speravo che lui lo avesse fatto.

Mi osserva-Ti sei pentita di aver detto di sì, vero?

Scuoto la testa- No. Diciamo che mi mette un po' d'ansia. Ma va bene.

-Non sei obbligata, Marghe.

-Lo so. 

-Quindi vuoi venire lo stesso?

-Sì. Non mi vedrai fare salti di gioia al pensiero. Ma è una battaglia con me stessa. Capisci?

Lui annuisce -Sì. Ma sappi che se vuoi tirarti indietro...

-No, ti ho detto di sì. E voglio venire. 

-Okay.

-Okay. Dovrai comprarmi cinquanta granite come incoraggiamento una volta in Sicilia.

-Anche cinquantuno, per quello non c'è problema. 

-Hai fame?

-Un po'. Usciamo a far colazione?

-Sì. 

-Mi rifiuto di mangiare granita a Milano, sappilo.

-Non ne avevo intenzione minimamente.

-Bene.

-Andiamo in quel posto dove lavora la stronza che voleva uccidermi con la cannella?

Scoppia a ridere-Se vuoi.

-Non era uno dei tuoi posti preferiti?

-Sì. Ma vista la mega concessione che mi hai fatto, voglio che scelga tu. Il tuo preferito.

-Mmmh. In realtà vado sempre in quel bar di strada per l'università. Non ho molto tempo per le colazioni. Ma mi andrebbe di cambiare per oggi.

-Scelgo io un posto che penso possa piacerti?

-Aggiudicato.

-Bakery americana o boulangerie francese?

Brividino.-Oh la la. Che pronuncia, Barone. Mi è venuta voglia di baguette.

Ride-E a me di pain au chocolat. Ma dico davvero. Ho famissima.

Lo guardo maliziosamente, lui alza gli occhi al cielo-Di cioccolato, burro e sfoglia. Ho bisogno di energie, Margherita. Sennò perderò le mie doti di amante.

Sbuffo teatralmente-Bene. Andiamo a prendere il tuo stupido pain au chocolat. Te lo ordinerò ripieno di viagra.

-Mai avuto bisogno, mia cara.

- "Mai avuto bisogno, mia cara"-Gli faccio il verso.

Lui si sporge verso di me, mi bacia sul collo-La metti così?

Lo guardo, sollevo le sopracciglia-Perché, cosa vorresti fare a riguardo?

-Mmh. Qualcosa tipo...-infila la mano sotto al lenzuolo, percorre la pelle nuda proprio sopra le mie costole. E poi mi fa il solletico. Io mi contorco, lui fa un sorrisetto.

-Non ti azzardare, Barone.

-Quando mi chiami così mi fai venire voglia di non lasciarti uscire dal mio letto per tre giorni.

-Ma se hai appena rifiutato le mie proposte indecenti.

-Solo perché ho voglia di fare qualcosa di diverso stamattina. Prima di andare in Sicilia e mancare un bel po' da Milano.

-Va bene.

-Passeremo delle belle giornate. Ne sono sicuro.

-Mmh.

-Non sei convinta?

-Non voglio crearmi troppe speranze. È l'unico modo per non restare delusi.

Mi prende la mano e la stringe un momento. Non dice nulla, ma mi fa sentire capita.

Dopo una doccia veloce mi infilo uno dei pochi vestitini estivi che non ho infilato in valigia. È giallo e con tanti piccoli fiori rosa ricamati. Mi guardo allo specchio e mi dico che non appena rientro in casa lo laveró per portarmelo. È uno dei miei preferiti.

Piero si sta allacciando l'orologio quando distrattamente mi passa accanto. Mi guarda un momento, solleva le sopracciglia-Che bella che sei. Ti sta bene il giallo.

Questo complimento così semplice e diretto mi fa arrossire un po', lui se ne accorge e fa per pinzarmi una guancia.

-Non ci provare, mi togli il trucco.

Alza le mani- Tanto me ne sono accorto che non è solo fard sulle tue guance.

-Che scemo.

-Non mi hai fatto vedere il tuo vestito per il matrimonio.

-Surprise.

-Non valeva solo per gli sposi?

-No.

Scuote la testa e ride-Dobbiamo passare in villa prima di colazione, non ho un cambio.

Mi viene in mente una cosa-Ti sbagli. -apro l'armadio e tiro fuori un paio di jeans e una maglia piegati. Gli stessi che mi prestò la prima volta che rimasi a dormire da lui in villa.

Corruga la fronte un momento, mi guarda-Ce li hai tu, ecco dov'erano. Mi ricordavo di avere un paio di jeans così ma non li ho più trovati.

Rido-Mi hai detto tu di tenerli quando...

-Mi ricordo. Non ricordavo i jeans, pensavo solo la maglia. E i boxer.

-Quelli me li tengo, tanto ne hai sempre un paio nello zaino.

Solleva maliziosamente un sopracciglio, io gli sorrido.

-Mi piace.

-Che io ti rubi le mutande?

-Che tu abbia nel tuo armadio un cambio di miei vestiti.

-Già. Anche a me.

-Solo perché hai fame e andiamo direttamente a mangiare?

-Un po'. Ma non solo.

-Okay, diciamo che mi basta.

Usciamo di casa e ci dirigiamo alla pasticceria francese. E io mi sento un po' Emily in Paris. Ho un cantante invece che uno chef. Va bene lo stesso?

Fino a quando fa bene. Piero BaroneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora