Capitolo 9

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Rachele

Il risveglio alla realtà per me è stato traumatico visto che lui non era lì, ma il letto caldo dalla parte in cui Thomas ha dormito mi ha fatto capire che è rimasto con me più di quanto avessi sperato. Non so quanto tempo sono rimasta sveglia a piangere fra le sue braccia, impaurita per la luce spenta, ma ricordo che il rumore del suo cuore che batteva in modo regolare è stato in grado di calmarmi.

<<Amira>> la voce della mamma che proviene dall'altra parte del telefono interrompe il flusso dei miei pensieri e appena sento quel nome il cuore trema all'interno del mio petto.

<<Perdonami tesoro ma non mi davi più ascolto. Hai smesso di parlare all'improvviso e sento tuttora il tuo respiro affannoso. Cosa c'è che non va?>> domanda preoccupata al che io sospiro profondamente, cercando prima di tutto di non scoppiare a piangere per il modo in cui mi ha chiamata. Solo papà mi chiamava con il mio secondo nome. Ricordo che quando ero piccola mi raccontava sempre una storia, o forse una favola su un cattivo ragazzo che è stato salvato da una bella principessa e da un'altra piccola principessa che gli cambiò l'esistenza. Non so che importanza aveva quella storia per mio padre ma ogni volta me la raccontava con amore, confessandomi un giorno che quando la mamma rimase incinta lui sapeva di già che la sua vita sarebbe stata colorata di rosa per via del mio arrivo, della sua principessa, e da allora ha continuato a chiamarmi così, decidendo di darmi come nome uno che simboleggiasse quella parola. Per questo ha scelto Amira, un nome turco, che usava solo per darmi la giusta determinazione. Amira non significa solo principessa ma anche sovrana, qualcuno che ha la giusta forza e il giusto potere per comandare e lui mi ha sempre paragonata ad una ragazza forte e ogni qualvolta quando pensavo di non farcela lui puntualmente mi chiamava con il mio secondo nome.

"Un giorno quando il mondo crollerà e penserai di non farcela ricordati quanto sei forte. Solo così troverai la giusta forza per rialzarti" furono queste le ultime parole che mi disse quella sera prima di lasciarmi da sola.

<<L'ho perso mamma>> sussurro piano mentre chiudo per un attimo gli occhi. Non c'è bisogno che io pronunci un nome affinché lei capisca. Lo sa di chi sto parlando visto che in tutti questi anni ha assistito al mio dolore silenzioso, chiedendomi di tornare sui miei passi. La mamma è sempre stata comprensibile con me, anche quando decisi di tagliarla fuori dalla mia vita, come avevo fatto con Thomas. A lui sono riuscita ad ingannare ma non a lei. Ha capito benissimo cosa stavo per fare e non me l'ha permesso, tant'è che mi spedì per una settimana a Londra dalla zia Madison e con me è venuta anche lei, standomi addosso come una mamma chioccia, facendomi sentire una brutta persona per averla trattata male inizialmente.

<<Fin quando c'è speranza niente è perso amore mio>>

<<Lui mi odia mamma>> sussurro piano mentre riapro gli occhi, sbagliando immensamente visto che ql tavolo davanti al mio adesso c'è seduto proprio Thomas con Scarlett. Che io sia maledetta quando ho pensato che uscire per pranzare fuori sarebbe stata una buona idea.

<<Io invece penso che un giorno risolverete tutto. Solo, stai attenta va bene? Ormai non siete più due ragazzi e non voglio che confondiate le cose. Potreste solo ferirvi ancora di più>> dice in modo tenero per poi salutarmi e staccare la chiamata.

<<Rachele? Ehi, ciao!>> un timbro caldo e al tempo stesso dolce mi chiama e per quanto vorrei far finta di non aver sentito non posso visto che il mio sguardo ricade in modo automatico sulla persona che mi ha chiamato. Scarlett mi rivolge un tenero sorriso mentre mi saluta con la mano.

<<Ciao Scarlett>> ricambio il saluto, cercando di abbozzare un piccolo sorriso, soprattutto quando Thomas si gira lentamente, incastrando i miei occhi con i suoi, facendomi sentire una strana sensazione all'altezza dello stomaco.

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