Una settimana era passata, finalmente potevo tornare a casa. Quella settimana fu una delle più importanti della mia vita. Perchè?. Perchè erano cambiate tante cose. Ad esempio io e Stefano eravamo diventati amici, mi era sempre stato accanto. Inoltre i miei genitori e lui erano diventati amici e devo dire che lo trovavano davvero simpatico, "un bravo ragazzo", ma io questo lo sapevo già. Poi, la cosa più importante, è che il viso di Mark spariva man mano dalla mia mente. Volevo eliminarlo, lo volevo cancellare, non volevo averlo mai conosciuto.
Mi alzai dal letto e mi vestii. Gonna nera e maglia bianca. La caviglia faceva ancora male e per un mese dovevo camminare con l'aiuto delle stampelle e fare terapia. Iniziai ad incamminari affiancata dai miei genitori, Stefano lavorava. Per arrivare al garage dovevo prendere l'ascensore, ovviamente, ma io volevo provare l'esperienza di scendere le scale con le stampelle. Naturalmente i miei genitori non volevano, troppo pericoloso dicevano, ma io amavo mettermi alla prova e poi, in un mese chissà quante volte mi sarei ritrovata a dover salire o scendere scale da sola. Con tono forse troppo arrogante dissi ai miei di andare con l'ascensore, io iniziai ad appoggiare le stampelle nello scalino di fronte a me cominciando a scendere. Faticoso, troppo. Volevo arrendermi, volevo piangere e buttarmi a terra, ma non ero il tipo. Io dovevo affrontare tutto, dovevo superare queste difficoltà. Mi riposai per qualche minuto e continuai a scendere, ormai mancava davvero poco, vedevo i miei genitori fuori dall'ascensore che parlavano con un infermiere per firmare delle carte, non so per cosa ma credo per certificare che io stessi uscendo dall'ospedale. Mancavano gli ultimi tre scalini quando poggiai male la stampella e scivolai. Chiusi gli occhi per la paura e continuai a tenerli chiusi per un po. Era strano, la caduta era stata brutta ma io non avevo sentito dolore, non avevo sentito nemmeno nessun botto, solo un calore nelle mie spalle come due grandi mani che mi sorreggevano. Quando aprii gli occhi scoprì, infatti, che il mio, ormai, angelo mi aveva salvata di nuovo.
Stefano mi prese per le spalle sorreggendomi e poi mi abbracciò per tranquillizzarmi. Tremavo.-Che ci fai qui? Non eri a lavoro? - parlavo sotto voce per lo spavento. Quanto ero stupida, potevo ringraziarlo prima.
-Sono uscito prima per poterti vedere.
-Grazie. Per tutto. Sei stato davvero carino.
Stefano mi sorrise e mi aiutò a rimettermi sulle stampelle e ad arrivare dai miei genitori. Si salutarono e poi ci incamminammo verso le auto. Non potevo far andare Stefano così, era venuto per vedermi dovevo passare almeno un po di tempo con lui, per questo non appena i miei genitori aprirono lo sportello per farmi entrare, io li bloccai dicendo che andavo a fare un giro con lui. I miei genitori acconsentirono seppur preoccupati, ma conoscendo Stefano sapevano che ero al sicuro. Mi aiutò a salire sul furgone prendendomi in braccio, poi chiuse la portiera e salì a bordo accendendo il furgone ed iniziando a camminare.
-Dove vorresti andare? - Chiese
-Mi piacerebbe vedere tua zia.
Stefano sorrise, chissà a cosa pensava.
Arrivammo al negozio dopo mezz'ora. La signora Maria non appena mi vide corse ad abbracciarmi e poi mi fece accomodare in una piccola poltrona. Parlammo dell'incidente ed io dissi che se non fosse stato per suo nipote le cose sarebbero state molto più complicate. Continuammo a parlare fino a quando non mi accorsi che erano quasi le 12, dovevo tornare a casa e lasciare che loro due pranzassero, quindi mi alzai e mi avvicinai a Maria per salutarla ma lei, accarezzandomi, mi propose di restare a pranzo. Guardai a Stefano e lui fece cenno di approvazione con la testa. Chiamai i miei avvertendoli di non aspettarmi a pranzo, poi ci diressimo verso il furgone per raggiungere la casa di Maria.
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Seventeen Love
Teen FictionQuando frequenti per tanto tempo una persona non ti rendi conto di quanto sia importante per te. Inizi a capirlo quando questa si allontana lentamente dalla tua vita.