XIII

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Stefano scese e mi raggiunse di corsa mettendo una mano sotto la mia testa, sollevandola sulle sue gambe. In quel momento la mia vista era offuscata e non avevo totalmente la consapevolezza di ciò che stesse succedendo.

-"Cos'è successo, Stella?" - La sua voce trasmetteva paura. Era davvero preoccupato.
Non riuscii a rispondere, mi abbandonai a me stessa chiudendo gli occhi.

"Ha battuto forte la testa e la caviglia è rotta. Fortunatamente nulla di grave, si rimetterà presto"

"Si sa chi ha causato l'incidente?"

"Purtroppo no. Non vi erano testimoni".

Sentivo due voci di sottofondo. Una la conoscevo, era quella di Stefano. L'altra era di un signore che poi scoprii essere un medico. Stefano aveva chiamato un'ambulanza che mi aveva portata all'ospedale più vicino. Non appena aprii gli occhi vidi una flebo direttamente collegata alle mie vene. Nella stanza ero sola, metteva molta tristezza e malinconia, l'unica cosa positiva era una finestra che dava come panorama il mare. In quel momento pensai a Sally e ad Ammy. Ma non solo. Mark era ovunque. Stefano mi aveva salvato la vita ed io gli ero molto grata, ma in fondo al mio cuore volevo che fosse stato Mark a salvarmi. Tutte favole.
Stefano entrò in camera e non appena vide i miei occhi spalancati verso lui sorrise. Adesso sapeva che stavo bene davvero.

-Ehi, finalmente ti sei svegliata.

-Scusa per averti disturbato.

-Nessun disturbo. Come va la testa?

-Fa un po male.

I miei occhi si diressero verso il basso, scoprendo di avere il gesso che ricopriva la mia caviglia destra.

-Ci mancava solo questa - ero distrutta.

-Ho provato ad avvertire i tuoi genitori ma nel telefono c'é la password.

-Mark.

-Mark? - Stefano fece una smorfia.

-È questa la mia password.

Al pronunciare quel nome i miei occhi diventarono cupi. La luce che brillava si era spenta e questo Stefano lo aveva capito. Non entrò nel dettaglio. Non era uno di quelli che ti ponevano domande su domande per scoprire quante più cose possibili. Lui voleva che fossi tu a raccontargli le cose. Per lui era una questione di fiducia. Se una persona gli raccontava i suoi segreti lui capiva che questa si fidava e quindi ricambiava la fiducia, altrimenti rimaneva in rapporti superficiali. Lo ammiravo per questo. Speravo di fargli capire che io mi fidavo di lui.

-Ora li avverto, tu nel frattempo perchè non riposi?

-Non voglio. Ho già dormito per troppo tempo. Perché non mi parli un po di te? Così magari distolgo il dolore.

Stefano sorrise.

-Cosa vorresti sapere?.

-Ciò che ti piacerebbe farmi sapere.

Il rapporto che si stava venendo a creare tra noi due mi faceva stare bene.

-Mi chiamo Stefano, ho 18 anni, mi sono diplomato l'anno scorso in un liceo tecnico, mi piace viaggiare ma per ora preferisco dare una mano a mia zia col negozio. Per il resto, lo scoprirai sola.

-É importante quel negozio per te, vero?.

-Forse é più importante per me che per lei.

Volevo chiedergli il motivo, ma preferii fermarmi. Doveva essere lui a confidarsi. Stefano stava per aprir bocca ma fu interrotto dal medico che, entrando in camera, mi porse dei medicinali da prendere immediatamente.
Il ragazzo dagli occhi verdi prese il cellulare e andò fuori a chiamare i miei genitori.

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