Capitolo VI - E se domani

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Era diventata la sua fissazione. Il rifugio dove la sua mente cercava costantemente riparo. Pensava a lei sempre, di continuo, giorno e notte. Ventiquattr'ore su ventiquattro. La sognava accanto a sé, la immaginava in ogni ambito del quotidiano, fantasticava su di loro. Quando era con lei, non faceva che desiderarla. Appena si lasciavano, iniziava a contare i minuti che lo separavano dalla successiva volta in cui sarebbero stati insieme. E nel frattempo occupava con la sua angelica figura ogni spazio libero del proprio cervello.

Ilenia ormai viveva nella sua testa. Come un'ossessione. Una splendida ossessione. Era nella sua carne, nel suo sangue, nello spirito. Era nel suo cuore, soprattutto. Non riusciva più a concentrarsi su altro che non la riguardasse almeno un pochino. C'era lei al centro o a margine di ogni sua riflessione. Monopolizzava le sue idee.

Era innamorato? Sì, perdutamente. Incredibilmente, maledettamente, stupidamente. Follemente, innamorato. Ed era qualcosa che non poteva controllare. Ilenia aveva scalato la lista delle sue priorità in un battibaleno, issandosi al primo posto senza neppure chiedergli il permesso. Non sapeva come fosse accaduto. Era successo e basta.

Ogni altro aspetto dell'esistenza di Francesco di colpo aveva subito un istintivo calo d'importanza, venendo bruscamente ricollocato nelle posizioni secondarie della sua graduatoria. In vetta c'era Ilenia, solitaria al comando. Tutto il resto non poteva che venire dopo. Molto dopo.

Aveva smarrito la propria rilevanza lo studio, era diventata meno pressante la ricerca di un lavoro stabile, era precipitato nell'abisso di una moralità infantile e scanzonata il valore del denaro. Nulla era più fondamentale nel presente di Francesco. Solamente Ilenia. La cui imprescindibilità nell'oggi condizionava magnificamente anche il suo futuro.

* * *

«Io, tu, una bella casa grande, un paio di bambini e un gatto persiano. Come la vedi?»

«Siamo già arrivati a questo punto?» ribatté Francesco, passando al contrattacco per schivare la velenosa pallottola scagliata da Ilenia: «Alla fine stiamo insieme da meno di due mesi. Non stai correndo un po' troppo?»

Non era una parte cucita su misura per lui, quella del maschio indomabile allergico alle responsabilità e incapace di crescere, tuttavia accettava serenamente di ricoprirla quando si trattava di stuzzicarsi reciprocamente, per scherzo, all'interno di un gioco di ruoli basato su classici cliché. Dove di qua stava l'uomo, di là la donna. In realtà avrebbe voluto gridare al mondo il suo amore per lei, stringerla forte e non lasciarla sola un secondo. Avrebbe voluto risponderle che, sì, la vedeva benissimo. In tutte le sue sfumature. Che quell'ipotesi lo eccitava e gli dava la forza e gli stimoli per inseguire ogni altro traguardo connesso a quello. Ogni altro obiettivo che, indirettamente, potesse avvicinarlo di più al meraviglioso quadro da lei dipinto.

Perché Ilenia era seria. Sincera. Non stava tastando il terreno allo scopo di testare la maturità di Francesco, né mirava a pungere la sua sensibilità per poi prenderlo in giro e lasciarlo a bocca asciutta. Il suo progetto era concreto, autentico, nulla di utopico. Ci credeva davvero.

«Forse, ma non m'importa» sorrise, rilanciando la piena legittimità del suo anarchico guardare avanti: «Corro quanto mi va.»

Era il genere di affermazione che meglio rappresentava la sua personalità e il suo credo. Ilenia era così. Immune alla finta cautela e agli ipocriti propositi salva faccia del pensare comune. Se desiderava veramente qualcosa, lo diceva in tutta tranquillità, senza nascondere troppo le proprie intenzioni. Poiché non temeva il giudizio degli altri, né eventuali rifiuti. Ilenia non era il tipo di persona che lanciava il sasso per poi tirare indietro la mano.

«Lo so. Ed è per questo che mi piaci tanto» bisbigliò Francesco al suo orecchio, chiamandosi fuori dalla recita: «Hai convinzioni tue, limpide e leali. E non permetti a niente e nessuno di scalfirle. Sei un esempio di rettitudine.»

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