Capitolo XIX - Black out

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Il lettino scivolò rapidamente sulla superficie liscia del pavimento, portando via Ilenia in un battito di ciglia. Divorò metro dopo metro, piastrella su piastrella, fino a scomparire dietro alla porta di una stanza. Della sua stanza. Nemmeno la gomma logora e indurita delle ruote riuscì a rallentarne la corsa, sebbene il cigolio degli ingranaggi facesse emergere il lamento contrariato di un attrito. Di una struttura consumata che scorreva sopra a un piano imperfetto.

L'apparizione della figlia fu talmente repentina che sorprese Luisa e Giampiero. Per di più, attorno a lei era un nugolo di infermieri e dottori che la celava quasi interamente, occultando la visuale di chi osservava la scena dall'esterno. Dei genitori. A incidere sulla loro attenzione era pure una stanchezza profonda e collettiva, che iniziava a farsi viva. Non c'era perciò di che stupirsi se nessuno di loro, considerata la moltitudine di fattori avversi, ebbe la prontezza di decifrare quello che stava accadendo. Nessuno, tranne Francesco. Per lui non esistevano barelle abbastanza veloci o barricate sufficientemente serrate da poter sottrargli sua moglie sotto al naso. Era troppo legato a lei. Troppo, per lasciare che sfuggisse al suo controllo. Che scappasse senza che lui fosse in grado, almeno, di intravederla.

E quella, non era lei. La persona sdraiata sul lettino, non poteva essere Ilenia. Cosa ne avevano fatto? Dove l'avevano messa? Dovevano averla abbandonata in sala operatoria, perché il viso che affondava di lato nel cuscino non era il suo. Il corpo disteso sul materasso non le apparteneva. Le braccia, le gambe, i piedi e le mani. Gli occhi, benché chiusi. Non avevano nulla a che fare con lei. Non erano lo specchio delle sue caratteristiche fisiche. Del suo aspetto esteriore, né di quello interiore. Perché lì dentro, lei, non c'era.

«Che cosa le è successo?»

Un sussulto violento scosse il petto di Francesco, appena questi ebbe l'inquietante sensazione che Ilenia versasse in uno stato pietoso, facendolo scattare all'inseguimento della troupe con i camici azzurri. Era fuori di sé, trasfigurato in volto, come se una forza da lui non governabile avesse preso il possesso di ogni suo muscolo e guidasse le sue azioni. Le sue reazioni, soprattutto. Perché quello che aveva percepito, lo aveva spaventato, facendolo barcollare. Gli aveva smosso le viscere e l'anima. Lo aveva fulminato.

Per un istante, quindi, era rimasto interdetto, sbigottito, irrigidito. Da ciò che aveva intuito, vagamente. Bloccato dentro a un incubo di ghiaccio, che gli aveva seccato il respiro. E proprio lo choc provocato dal gelo gli aveva poi dato la spinta per esplodere nell'incredula esclamazione di fuoco che gli era balenata nella testa e gli aveva stritolato il cuore. Un grido soffocato dal bruciore. Dell'improvviso freddo glaciale distrutto da una vampata di calore estremo.

Quasi svenne. Per poco, davvero poco, non ebbe un collasso. Sbattuto sull'altalena dell'adrenalina in eccesso che lo aveva fatto trasalire subito dopo averlo tramortito per lo sgomento. Ebbe lo stomaco di reggersi in piedi, nonostante il terremoto. E di riproporre, al primo medico a cui ebbe l'occasione di chiedere, il medesimo quesito che gli aveva scombussolato la mente. Questa volta, ad alta voce.

«Che cosa le è successo?»

«Ci dia qualche minuto e poi parliamo» rispose con pacatezza il medico, che poi era il dottor Romiti, il chirurgo che aveva eseguito l'intervento. «Aspetti qui fuori, per favore.»

E aprì la porta della stanza di Ilenia, richiudendola immediatamente alle proprie spalle. Seguirono attimi infiniti di angoscia. Durante i quali, Francesco, metabolizzò l'esclusione con pensieri oscillanti dalla peggiore ipotesi che riuscisse a partorire al ricordo più bello e nitido che lo univa a sua moglie. Qualcosa che sembrava perdersi nella notte dei tempi.

«Cosa hanno detto?»

La domanda di Giampiero giungeva fuori sincrono rispetto a ciò che pretendeva di scoprire. Lui e Luisa erano in ritardo in confronto agli eventi, in anticipo su quanto Francesco stesso era riuscito a comprendere. Dovevano pazientare ancora, tutti quanti, imbrigliati nelle regole di una prammatica che pareva non voler dar loro alcuna tregua.

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