Capitolo VII - La svolta

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Aveva cerchiato circa una dozzina di annunci. E altrettanti indirizzi di posta elettronica erano stati pazientemente trascritti sopra un foglio di carta. Le offerte erano le più disparate. Si andava dal classico incarico per telefonista di call center all'articolista anche prima esperienza per inedite testate online, passando per l'operaio generico di produzione, il magazziniere dotato di patente per muletto, l'apprendista lavapiatti e l'immancabile posto fisso in negozio d'abbigliamento come addetto alla cassa. Con rotazione sui turni.

Francesco era stanco già solo a leggere le varie proposte per selezionare quelle più idonee alla sua persona. Pure scremare era un lavoro, benché non retribuito. Avrebbero dovuto istituire un compenso prestabilito per chi, come lui, trascorreva le canoniche otto ore al giorno a dare la caccia a qualche opportunità di guadagno. Inevitabile che al termine delle indagini fosse esausto. Chissà come avrebbe fatto se qualcuno lo avesse chiamato veramente. Sarebbe stato capace di reggere quei ritmi con l'aggiunta del peso delle responsabilità?

Fintanto che non lo avesse scoperto, si esercitava a casa, in qualità di dipendente unico del reparto risorse umane. Camera sua era l'ufficio, nel quale svolgeva il proprio tirocinio come autodidatta, e la scrivania rappresentava la postazione ove tesseva i fili delle proprie speranze, intrecciandoli con quelli delle ambizioni.

A sua disposizione aveva una serie di strumenti, utili a reperire le informazioni necessarie e creare contatti. Per raggiungere lo scopo, oltre a mettere in atto strategie tradizionali quali lo sfruttamento dell'inossidabile connubio fra giornali locali e telefono, Francesco puntava forte sull'innovazione tecnologica, servendosi dell'ausilio di internet.

Attraverso il proprio computer, che era insieme cabina di comando e torre di controllo del suo avanzato sistema multimediale di ricerca globale, poteva accedere a un numero potenzialmente infinito di dati, ben ordinati entro un bacino di riferimento costituito da Rimini e dalle province attigue, estrapolando quelli che gli facevano comodo per confrontare direttamente i risultati a lui più congegnali.

Prima di cominciare, ovviamente Francesco aveva fissato le proprie priorità. Fra le condizioni indispensabili, uno stipendio che giustificasse l'eventuale impegno assunto, un ruolo che lo gratificasse senza addossargli un carico eccessivo di compiti e un'occupazione che fosse seria ma non troppo vincolante. Inoltre non avrebbe voluto allontanarsi molto dalla propria abitazione. Spostamenti complicati avrebbero infatti comportato spese che non aveva intenzione di sostenere.

Gli mancava soltanto di timbrare il cartellino per sentirsi sotto ogni aspetto uguale a tutti quei poveri cristi che quotidianamente indossavano le manette e si attaccavano una palla d'acciaio intorno alla caviglia prima di mettersi sulla via per portare all'ovile un misero tozzo di pane. Che poi, perlomeno loro ricevevano una busta paga. Era per questo che stava combattendo?

La prospettiva della schiavitù gli toglieva sempre qualche energia, la quale finiva consumata in pensieri che erano tutto fuorché entusiasmanti. Perché il famelico mondo del lavoro era anche questo. Un'arena più o meno virtuale dove si competeva, si sgomitava, si sbraitava l'uno contro l'altro per poter acquistare l'auto dei sogni, per progettare una settimana di vacanza all'anno su qualche paradisiaca spiaggia dell'isola più esotica dell'Oceano Indiano, o semplicemente per riuscire a sopravvivere, sostentando sé stessi e la propria famiglia, dentro a una società che sembrava diventare progressivamente più marcia e malata.

Nel migliore dei casi, dunque, il premio alla fine dell'affannoso inseguimento di un titolo qualunque era il tentativo di corruzione da parte dei beni materiali. L'ingresso in una sorta di gabbia dorata. Qualcuno gli aveva detto che svolgere un mestiere lo avrebbe nobilitato come uomo. Francesco non ne era troppo convinto. Tuttavia non aveva scelta, se voleva ottenere la propria indipendenza economica, fattore che secondo la maggioranza dei comuni mortali era il vero trampolino di lancio verso l'affermazione della propria libertà individuale. Un paradosso, a suo avviso. Poiché gli pareva che sgobbare come un mulo fosse più che altro la certificazione della rinuncia a questa, non il suo conseguimento. L'alternativa era scappare dalle regole della civiltà e rifugiarsi nella giungla, cominciando a procurarsi di che mangiare con armi rudimentali. Come un selvaggio.

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