Cinema (egomerequiroo)

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Autore: egomerequiroo

Parola: Cinema



Essere omosessuali a quei tempi non era semplice. Spesso venivi picchiato solamente perché, passeggiando, il tuo sguardo si posava per qualche secondo su un uomo dalla mascolinità tossica e da un ego molto fragile. Magari mentre compivi azioni quotidiane, come l'andare a fare la spesa, delle risatine giungevano alle tue orecchie. Oppure, ancora, se ti capitava di passare vicino ad un bambino, la mamma lo copriva con il suo corpo, come se la tua sola vicinanza potesse infettarlo.

Ecco, non era semplice. Per questo avevo bisogno di una via di fuga, qualcosa che mi facesse dimenticare le brutture del mondo in cui vivevo. L'unica risposta possibile per me fu il cinema.
Inizialmente ci andavo a qualsiasi orario, in qualsiasi giorno, feriale o festivo non me ne curavo. Poi compresi che di sera, in mezzo a tante coppiette, non ero benvoluto. Fu così che iniziai a recarmici di mattina, quando i padri lavoravano e le madri cucinavano il pranzo. E fu così che compresi che non ero solo, che ne esistevano tanti come me.

La prima volta, in un primo momento non capii cosa sarebbe successo. Stavo guardando un vecchio film e, come sempre mi succede, ero così coinvolto che non mi accorsi di un movimento accanto a me. Si sedette un uomo, un po' più grande di me, ma dallo sguardo dolce. Lo notai solo quando con il mignolo mi toccò il ginocchio. Dopo qualche ora, stavo uscendo dalla sua casa, guardandomi attentamente intorno e cercando di non farmi notare da nessuno. Quell'uomo non lo rividi più.
Da quel giorno in poi, il cinema non fu solo il mio posto felice, ma anche il mio posto sicuro. Quando ne avevo voglia potevo trovare qualcuno con cui fare l'amore, semplicemente aspettando che si avvicinasse nella sala del cinema. Non era una cosa di cui andavo fiero, ma di tanto in tanto avevo bisogno di essere stretto da braccia forti, nel buio di una camera da letto, come le persone eterosessuali potevano fare senza subire alcun pregiudizio alla luce del sole.
La mia ricerca spasmodica di quell'affetto fittizio durò per mesi. Ma erano solo storie di una notte o di un pomeriggio; arrivai al punto di non tollerare né chi incontravo né me stesso. Sentivo il bisogno di qualcosa in più, di una connessione vera, non solo fisica ma anche sentimentale. Allora decisi che sarei andato un'ultima volta al cinema di mattina e poi sarei tornato alla mia vita di sempre, ad aspettare che qualcuno si accorgesse di me e mi amasse davvero per quello che ero.
Quella mattina davano un film che nemmeno mi piaceva, ma non l'avrei guardato comunque. Ero in allerta, non sapevo se aspettare che qualcuno arrivasse accanto a me come sempre oppure, per la prima ed ultima volta, essere io stesso ad avvicinarmi. Così iniziai a guardarmi intorno. C'era qualcuno che guardava con attenzione lo schermo, qualcuno che aveva già puntato qualcun altro, due uomini seduti vicini. E poi c'era un ragazzo, avrà avuto circa la mia età. Era solo, teneva lo sguardo basso a guardarsi le mani - forse si stava tirando qualche pellicina per il nervosismo - e di tanto in tanto lo alzava, quasi con timore, per guardarsi intorno. Doveva essere la sua prima volta. Era bello. Decisi che per concludere potevo anche iniziare.

Mi alzai e lo raggiunsi. In un primo momento non parlai e con il mio mignolo gli sfiorai il ginocchio. Era un cerchio che si chiudeva. Ci guardammo, ci scambiammo un sorriso dolce. I suoi capelli ricci quasi gli coprivano gli occhi, ma nel buio della sala riuscivo a vederne una luce che non avevo mai scorto in nessuno prima.

Lentamente, lui poggiò la sua mano sulla mia. Per un po' rimanemmo in quella posizione, a lasciar conoscere le nostre pelli. Sentivo una specie di vibrazione nei punti di contatto, come se le nostre cellule si fossero riconosciute. Quando finì il film ci alzammo e con un movimento della testa lo invitai a seguirmi.

"Simone" dissi.

"Manuel"

Eravamo imbarazzati, ma curiosi. Parlammo del più e del meno. Di dove eravamo, cosa facevamo, che film ci piacevano. Lui si stava laureando in filosofia e lo trovai un bello scherzo del destino che volesse fare lo stesso lavoro di mio padre.
Quando raggiungemmo casa mia, ci ammutolimmo entrambi. Ci guardavamo intensamente. Mi avvicinai e Manuel respirò profondamente.

"Non dobbiamo fare niente che tu non voglia" lo rassicurai.

"Voglio, ma è la prima volta" mi disse con un filo di ansia nella voce.

Alzai il braccio, gli accarezzai la guancia. Gli diedi un bacio leggero sulle labbra e lui sorrise. Presi la sua mano e lo condussi verso la mia camera da letto.

È così bello, pensai.

"Sei così bello" mi sussurrò, posando una mano sul mio fianco e facendo un po' di pressione. Era forte, ma delicato.

Ci stendemmo, ognuno su un fianco, i visi distanti qualche millimetro. Non facemmo nulla, se non scambiarci qualche bacio e sorriderci subito dopo. Parlammo tutto il pomeriggio e anche la notte, prima di crollare l'uno accanto all'altro. La mattina dopo, nessuno dei due voleva lasciare andare l'altro e non lo facemmo.

Con lui fu diverso. Con lui fu affetto vero. E, se anche non avessi deciso che quella sarebbe stata la mia ultima volta al cinema di mattina, l'innamorarmi di Manuel me l'avrebbe imposto.

Il cinema, dopo essere stato il mio posto felice e il mio posto sicuro, diventò il nostro posto e basta.






Autore nominato: mvrsxx

Parola: Certezza

One more tales | SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora