Lettera (LilithJow)

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Autore: LilithJow

Parola: Lettera








Manuel non crede di aver corso così tanto in moto.

Di sicuro ha superato qualche limite di velocità e prenderà una multa, ma non gli interessa.

Tutto ciò che conta, ora, è compiere quegli ultimi passi spediti e trovarsi poco prima dei controlli di sicurezza dell'aeroporto, davanti ad un tabellone digitale che continua a cambiare gli orari e spera - tanto, tantissimo - che quello con destinazione Glasgow abbia di fianco la scritta cancellato.

Perché se essa appare, Simone non parte più.

Però quella dicitura non c'è: il volo è in orario e lui ha sempre meno tempo per fermarlo.

C'è confusione a Fiumicino, viavai di gente con valigie ingombranti e un chiacchiericcio fastidioso e incessante.

Tra quelle persone, volti sconosciuti che appaiono sfocati e incolore, Manuel trova l'unico che conta.

Vede Simone con lo zaino blu in spalla e il capo chino sul telefono, magari per controllare la carta d'imbarco.

Tira un sospiro di sollievo, cerca di riprendere quel fiato che la corsa gli ha mozzato.

«Te ne vai senza salutà» esclama. La sua voce gracchia. Non è esattamente la frase che vorrebbe dire. Durante il breve tragitto, ha provato tanti discorsi nella sua testa, lunghi, articolati, precisi, ma l'agitazione ha la meglio e quindi quello è tutto ciò che gli viene fuori.

Simone alza la testa, strabuzza gli occhi a vedere lì l'altro ragazzo - l'ultima persona che si aspettava in aeroporto, a salutarlo.

Per tre anni o forse per sempre.

«Ti ho salutato a casa» si giustifica.

«Non bene» rimarca Manuel. Si avvicina a passi ora lenti, portando la distanza che li separa ad essere minima, uno di fronte all'altro.

«Che intendi?»

Intende fin troppe cose.

Tasta la parte interna della giacca verde che ha indosso, ne estrae un foglio a righe piegato in quattro e appena stropicciato.

«Ti ho scritto una lettera» dice - soffoca, dentro urla - «a parlà non so' bravo, ma a scrivere... me sembra de pote' dire più cose se scrivo, me faccio capì meglio.»

Porge quel foglio a chi gli è davanti, le dita gli tremano.

Simone esita. Stupito, perplesso, incuriosito da quel gesto. Raccoglie quel pezzo di carta con delicatezza quasi potesse rompersi. Smorza una risata, nervosa. «Chi scrive ancora le lettere a mano?» prova a scalfire quella tensione che è calata d'improvviso davanti alla fila dei controlli di sicurezza di Fiumicino.

«Chi sente qualcosa, immagino» sussurra Manuel.

«E te che senti?»

«Se la leggi forse lo scopri.»

A tale frase, Simone cerca di aprire la lettera per poterne scorgere la calligrafia. Tuttavia, l'altro lo ferma con un semplice cenno e aggiunge: «Leggila quando sei sull'aereo.»

«Perché?»

Gli spiegherebbe il motivo. Egoisticamente, però, gli direbbe di leggerla ora perché su quel foglio, nero su bianco, c'è tutto ciò che non è mai riuscito ad esternare, c'è il suo cuore che batte, c'è il suo amore che ha fatto nascere e crescere fino a scoppiare.

C'è la supplica di restare e sa che, se Simone leggesse, non partirebbe più.

Manuel ne sarebbe felice, certo, ma al contempo non vuole che rinunci agli studi, ad una vita migliore lontano da Roma.

Anche se a Roma c'è lui

Anche se a Roma possono essere loro.

Così sceglie di non rispondere a tale domanda. Compie mezzo passo in avanti per depositare un lieve bacio sulla sua guancia, anche se deve sollevarsi sulla punta dei piedi per farlo.

«Buon viaggio, Simó» sussurra ad un suo orecchio.

Simone si spezza con il solo suono della sua voce. La calma che ha cercato di mantenere viene meno e dunque, quando l'altro ragazzo sta per indietreggiare, lo afferra per un polso e lo attira a sé.

Lo stringe in un abbraccio, in una dolce morsa dalla quale Manuel non vuole scappare - difatti, in essa si abbandona e si lascia cullare, mentre posa i palmi sulla sua schiena e percepisce le spalle tese.

«Se c'è scritto di restare,» biascica Simone e non si stacca, altrimenti mostrerebbe il viso e gli occhi lucidi «se anche solo una parola mi dice di restare, io resto.»

La sua voce è impastata.

Allora Manuel accenna un sorriso, malinconico. «C'è scritto che, se vuoi, c'hai 'na ragione pe' tornà» borbotta.

Vuol dire tutto e niente, lo sanno entrambi, eppure sembra abbastanza.

Sembra sufficiente a farli rimanere attaccati finché le lacrime di entrambi sgorgano e si asciugano sulle loro guance.

Manuel si scosta dopo qualche minuto. Cerca di mascherare ogni segno di debolezza con una mezza risata. «Vai o perdi l'aereo» dice «non me diventa' troppo inglese.»

«Scozzese.»

«È uguale.»

Simone supera i controlli di sicurezza, guardandosi dietro di tanto in tanto.

Manuel rimane lì, fermo nel punto in cui lo ha lasciato, fino a quando non deve allontanarsi per raggiungere l'imbarco.

Quando è seduto al suo posto, vicino al finestrino, con dita tremanti apre quel foglio a righe.

Pensa che Manuel ha avuto ragione a dirgli che è molto più bravo a scrivere che a parlare poiché in quelle parole impresse con inchiostro blu scorge suoi lati che mai ha tirato fuori e che lo fanno innamorare ancor di più - se mai è possibile per Simone Balestra amare di più Manuel Ferro.

"Qui a Roma rimane un cuore che si strugge, al quale mancherai in ogni minuto di ogni giorno passato distanti.

Però almeno adesso questo cuore sente qualcosa.

Ha iniziato a farlo da quando ti ha conosciuto".











Autore nominato: dinoss4uroblu

Parola: Semaforo

One more tales | SIMUELDove le storie prendono vita. Scoprilo ora