Autore: letteredilatte
Parola: Rimedio
Lo sa Simone, che non avrebbe dovuto.
La testa sembra scoppiargli in questo momento, il freddo di novembre penetra dalla finestra, il buio del tardo pomeriggio ha riempito la stanza, e la moka è rimasta abbandonata sul ripiano della cucina, ché alla fine la voglia di prepararsi il caffè gli è pure passata.
Lo sa che non avrebbe dovuto urlare, che è stata una discussione che avrebbe potuto evitare, che Manuel stava solo cercando di dargli una mano. E lo sa che se adesso ha così tanto bisogno dell'aiuto degli altri anche nel compiere i più semplici gesti quotidiani non è colpa sua, e non è colpa di Manuel, non è colpa di nessuno, e che sarà meglio che prima o poi arrivi ad accettarlo, ché non può farci niente.
Non è colpa di nessuno se ha perso peso, se è costantemente stanco, se ha dovuto fermarsi con il lavoro. Non dipende da lui il tremolio alle mani, la debolezza nelle braccia, la mente costantemente annebbiata.
Non è colpa sua se non riesce nemmeno ad aprire una stupida moka.
Lo sa e lo sapeva anche Manuel ormai tre ore fa, quando vedendolo in difficoltà gli si è accostato davanti ai fornelli e gli ha sfilato l'oggetto dalle mani.
"Lascia, faccio io" gli aveva detto con dolcezza, e per qualche motivo la frustrazione era diventata insopportabile, quel tono così pacato lo aveva ancora di più innervosito, e la facilità con cui l'altro era riuscito a staccare i pezzi della moka lo aveva terribilmente infastidito.
"Ce la facevo anche da solo" gli aveva risposto allora, inacidito, e con gesti nervosi aveva recuperato il barattolo del caffè dalla credenza.
"Simo', t'ho visto che ce stavi a prova' da almeno dieci minuti, me lo potevi pure chiede' e basta"
"Smettila"
"Di fare che?"
"Smettila di trattarmi come un bambino!" aveva alzato la voce "Mi fai sentire stupido, un incapace, non ho bisogno che mi stai dietro in ogni cosa che faccio, sono malato non sono un idiota!"
Da quel motivo così insignificante ne era poi scoppiata una lite di quelle pesanti, che poche altre volte erano accadute tra loro due, e che era terminata con lo sbattere della porta, Manuel andato chissà dove, e Simone rimasto a casa, accovacciato sul divano, le lacrime agli occhi e i sensi di colpa.
Non si stupisce quindi che Manuel non gli risponda al telefono e ignori i suoi messaggi, ché se c'è qualcosa che a Simone riesce perfettamente, quella è agire d'impulso quando le emozioni gli sembrano incontrollabili.
Gli viene difficile accettarlo: hai trent'anni, un lavoro, vivi con l'amore della tua vita al quale hai presto intenzione di chiedere di sposarti, la casa condivisa che hai sempre desiderato, e mille progetti per un futuro che sembra essere sempre più concreto e realizzabile.
Poi di colpo qualcosa si rompe, un malore improvviso, una corsa in ospedale, analisi e controlli che sembrano non portare da nessuna parte. Vedi la preoccupazione sul volto di tuo padre, i pianti di tua madre, e un fidanzato che anziché andare avanti con la sua vita ti resta vicino in ogni momento, ti accompagna ovunque, ti tiene la mano durante le flebo, ti abbraccia di notte baciandoti le lacrime.
E c'è una paura paralizzante sepolta dentro di lui, un pensiero costante nella sua testa: arriverà il momento in cui Manuel si stancherà dei suoi cambi d'umore, ne avrà abbastanza di assisterlo in ogni azione che compie, si renderà conto di poter avere chiunque al suo fianco, una persona che sia sana, che possa dargli ciò di cui ha bisogno, una compagnia stabile, capace di ricambiare il suo amore in maniera totalizzante.
Non la sente la porta aprirsi, ma riconosce il rumore dei passi di Manuel percorrere il salone, avvicinarsi al divano su cui è sdraiato ad occhi chiusi. Lo struscio di una coperta, e il calore della lana coprirlo fino al mento.
"Dove sei stato?" gli chiede in un sussurro, alzando di poco le palpebre.
"Da mia madre"
Annuisce, poi alza un lembo della coperta e si sposta maggiormente contro il divano, in un tacito invito per Manuel a stendersi accanto a lui.
E subito il più grande si toglie le scarpe, e in un attimo è sdraiato al suo fianco sotto la coperta.
"Mi dispiace" mormora Simone.
Delle labbra calde si poggiano poi sulla sua fronte, e una stretta forte sul suo busto gli impedisce di muoversi.
"Non importa" è la risposta sussurrata sulla sua pelle.
"Ho paura, Manu" soffia il più piccolo, il volto premuto nel petto dell'altro "I medici non riescono a capire quale sia il problema, e lo sappiamo entrambi che questa condizione non farà altro che peggiorare-"
"Simone" lo interrompe, serio e dolce allo stesso tempo "Non abbiamo ancora una diagnosi, troveranno una soluzione, dobbiamo solo aspettare"
"Ma se non dovesse essere così?" gli chiede ancora, alzando la testa per guardarlo meglio "Se invece fosse qualcosa di grave, o di incurabile, che facciamo in quel caso?"
"Non sarà così"
"Ma non lo puoi sapere, Manu" sussurra, e la paura è evidente nel suo sguardo, una lacrima gli sfugge dagli occhi. Manuel si affretta a scacciarla via con il pollice "Che facciamo se anziché migliorare io diventassi sempre più incapace di fare le cose da solo? Non voglio che annulli la tua vita per me, non è giusto, non posso chiederti questo, non puoi essere tu il rimedio"
"Simone, ascoltami bene" e gli prende il viso tra le mani "Se pensi che allontanarmi da te possa rendermi felice, mi dispiace ma non hai capito un cazzo. Hai bisogno di me tanto quanto io ho bisogno di te, qualsiasi cosa dovesse accadere io non ti lascio, la affrontiamo insieme questa cosa, io non me ne vado. Perché ti amo. Ti amo tantissimo"
Un sospiro, una carezza tra i riccioli.
"Hai capito, amore?"
Il più piccolo annuisce, Manuel gli lascia un altro bacio tra i capelli.
"Andrà tutto bene"
E per la prima volta dopo mesi, Simone ci crede un po' anche lui.
Autore nominato: Moonlight_EP
Parola: Matrimonio
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One more tales | SIMUEL
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