Autore: dinoss4uroblu
Parola: Semaforo
Roma sotto le vacanze natalizie aveva un'atmosfera quasi magica. Almeno così credeva Simone, fin da piccolo, nonostante non sia mai stato un amante di quella festa.
Eppure ritrovarsi nella sua città dopo anni trascorsi nella fredda e buia Scozia, rivedere di nuovo le luci della capitale lo rendeva felice.
Certo, non gli era mancato per niente il traffico di Roma, che in quel momento lo stava facendo irritare più del solito, anche se cercava soltanto di attraversare sulle strisce pedonali.
Se non fosse per un'auto che di punto in bianco parve voler infrangere tutte le regole autostradali, quasi investendolo.
«Ma sei coglione?» sbraitò, fermandosi proprio dinanzi al cofano blu da cui uscì velocemente una figura. «Non lo vedi che il semaforo è rosso?»
«Oh so' de fretta sposta-» spostati, stava per dire Manuel. Almeno prima di fare i conti con la figura di Simone proprio immobile e senza parole di fronte a lui.
La rabbia affievolì all'istante, lasciando spazio ai ricordi di un Manuel e un Simone ragazzini che dallo stare insieme interrottamente, quasi vivendo in simbiosi, in quel momento parvero sconosciuti.
«Manuel» disse il suo nome come se non fosse vero, come se dopo tutti quegli anni avesse pensato che l'altro potesse in qualche modo scomparire.
«Simo» sorrise, che per quanto tempo fosse passato, l'effetto che gli faceva era sempre lo stesso.
Perché da quegli anni di adolescenza, in cui si riscoprirono entrambi tra sguardi rassicuranti e carezze d'amore, alla convivenza forzata data dall'amore tra i loro genitori che non era mai stato un peso - anche perché voleva dire passare più tempo insieme - al separarsi con la promessa di resistere, di amarsi ogni giorno anche a chilometri di distanza.
Al momento in cui tutto questo era sparito con una folata di vento, come se non fosse mai esistito.
Che ci avevano provato a reggere una distanza così grande come quella tra Roma e la Scozia, ci avevano provato e credevano di riuscirci. Tanto che quando i messaggi e le chiamate scomparvero, nessuno dei due osò lasciare l'altro.
Era una situazione ancora in standby.
«Non volevo, ero di fretta e..» cominciò a gesticolare, tra i suoni rumorosi e le grida in dialetto romano attorno a loro che furono presto placate dai vigili. «Sei tornato a Roma?»
«Oh non preoccuparti uhm, sì cioè- papà voleva che io venissi almeno a natale perciò..» scrollò le spalle con noncuranza, con un'improvvisa voglia di correre in aeroporto e compare un biglietto last-minute per Glasgow.
Aveva pensato certamente al rischio di rivederlo Simone, ma quasi sperava davvero che l'altro fosse sparito nel nulla: non avrebbe retto un'altra separazione.
«Vabbè eri di fretta e la strada tutto sommato si è liberata quindi ti lascio andare» si spostò dalle strisce, sotto lo sguardo scottante di Manuel che continuava a osservarlo allontanarsi.
«Aspe', parcheggio e ti offro un caffè, è il minimo contando t'ho quasi investito» sorrise felicissimo.
Anche se poi il datore di lavoro non avrebbe gradito, ma a lui non importò nell'esatto momento in cui Simone annuì impercettibile.
Uno davanti all'altro con due tazza di caffè sul tavolo si guardavano in silenzio quasi a voler scorgere i dettagli che si erano persi in quegli anni.
«Come sta andando a Glasgow, te piace sta lì?» non ci pensò neanche sù quando lo chiese.
«È sempre freddo, ma mi piace»
C'era un enorme elefante nella stanza tra loro, che non sapevano bene come cominciare a parlare di quello che avevamo vissuto, sempre se esisteva ancora una loro storia.
«Chi l'avrebbe mai detto che per rivederti avrei quasi dovuto investirti» ridacchiò Manuel nervoso.
«È perché guidi di merda» sorrise Simone. Ricordando quante volte gli avesse detto di non correre troppo, soprattutto in moto.«Avresti preso una multa per arrivare a lavoro in orario, ma chi sei?»
«Ao che fai sfotti?» con una mano gli spinse leggermente la sua appoggiata sul tavolo, avvertendo una scossa piacevole che non era mai svanita quando si trattava di loro due.
Un altro silenzio li avvolse, almeno fino a quando Simone non scosse la testa imbarazzato.
«È molto strano» sospirò, giocando con il suo cucchiaino. «Quasi speravo di non vederti perché non avrei potuto gestire tutto questo»
«Invece io non vedevo l'ora, probabilmente non aspettavo altro. E ti avrei aspettato ancora» confessò senza remore. Che aveva atteso tanto persino al liceo, e aveva perso già una volta, non poteva ricapitare. Non lo avrebbe permesso.
«Non voglio dirti addio di nuovo, non lo sopporterei Manuel» chiarì.
«Non c'è bisogno, posso mollare ogni cosa per seguirti. Non farò più lo stupido errore di lasciarti andare via senza di me»
Aveva vissuto giorni di totale buio Manuel, quasi gli mancasse un vero e proprio scopo, o forse era solamente la mancanza di qualcuno che credesse in lui quando non era in grado di farlo da solo.
«Non posso chiederti di mollare tutto, non l'ho fatto anni fa e non lo voglio fare in questo momento»
«Non me lo stai chiedendo Simone, te lo sto dicendo io adesso» quasi gli sorrise comprensivo. «Non vai da nessuna parte senza di me» sussurrò flebile, e neanche sapeva se l'altro lo amasse ancora.
Se avesse fatto quel discorso e Simone aveva già qualcuno a casa ad attenderlo?
Se i sentimenti di Simone fossero spariti nel nulla proprio a causa della distanza che aveva preso come segno finale della loro rottura?
Se fosse stato qualcun altro a renderlo felice?
«Manuel ti amo più- della mia stessa vita probabilmente. Ma non devi per forza tu..»
«A me basti tu, mi basta sapere che siamo insieme» annuí cercando di convincerlo con i suoi occhi lucidi. «Mi basta sapere che nonostante tutto non sia cambiato niente»
«Io ti amo ancora» sussurrò il piccolo, quasi fosse una colpa.
«Più di prima io, credimi» sorrise, lasciando che una lacrima gli rigasse una guancia dal troppo entusiasmo.
E ringraziando mentalmente quel maledetto semaforo gli aveva fatto il più bel regalo di natale di sempre.
Autore nominato: exotiicsimuel
Parola: Luna
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One more tales | SIMUEL
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