Autore: equilibibi
Parola: Bollente
Non lo aveva mai visto così rosso in viso, tantomeno aveva mai visto Simone aver difficoltà a tenere gli occhi aperti.
Era un giorno di inizio ottobre.
L'estate calda aveva lasciato spazio alle prime giornate fresche, il sole alla pioggia e l'afa al vento freddo.
La scuola era iniziata da poco più di due settimane e sia Simone che Manuel erano riusciti a superare l'esame informale e ad accedere così al quarto anno.
Quarto anno che avevano iniziato, come sempre, fianco a fianco.
Stesso banco, stesse abitudini e, da qualche tempo, complice la relazione tra i loro genitori, stessa casa.
Gli sedeva accanto, Simone, il quale, agli occhi di Manuel, appariva stanco e spossato.
Ed era strano per una persona esuberante come Simone.
Ed era strano, soprattutto, alle otto di mattina.
«Te senti bene, Simò?» chiese Manuel a bassa voce, ché gli occhi di Lombardi erano perennemente puntati su di sé.
«Mhmh» rispose Simone a fatica.
«Sicuro?»
«Manu, fammi sentire, fai silenzio»
E Manuel gli diede ascolto, ché l'ultima cosa che avrebbe voluto fare era infastidirlo e farsi cacciare fuori da Lombardi.
Il problema, però, si ripresentò in quinta ora, quando Simone finì per addormentarsi sul banco.
«Simò?» lo chiamò piano, Manuel.
Ma non ottenne risposta.
Lo chiamò un altro paio di volte prima di scuoterlo leggermente per le spalle e ricevere come risposta un mugugno.
«Ma che stai a dormi'?»
«Mh»
Gli pose, quindi, una mano sulla fronte per testarne la temperatura.
«Oh Simò, ma scotti. Te c'hai 'a febbre, sei bollente»
«Mmmh no, lasciami dormire» biascicò Simone.
Tuttavia, Manuel non lo disturbò ulteriormente.
Lasciò che dormisse sul banco, cercò di proteggerlo dai richiami fastidiosi dei compagni e dalle occhiate curiose del professore e lo svegliò soltanto al termine dell'ora per far sì che entrambi potessero uscire da scuola.
«Simò, è sonata 'a campanella, è ora de anna' a casa»
«Lasciami qui»
«Ma che stai a di', dai, ce la fai a arzatte?»
«Certo»
Strusciò rumorosamente la sedia sul pavimento, Simone, e si alzò ma, a causa della temperatura - probabilmente alta - cadde di nuovo sulla sedia.
«Aspetta, t'aiuto io, appoggiate a me»
Così fece.
Si aggrappò al braccio di Manuel, il quale si era affrettato a raccogliere le sue cose e a preparargli lo zaino, e insieme, piano piano, scesero le scale fino ad arrivare fuori dal portone della scuola.
Simone, sicuro di voler andare a casa con la sua vespa, lasciò il braccio di Manuel e si diresse verso la stessa.
«'N do' vai, Simò?»
«A casa, no?» rispose Simone, che, intanto, cercava di camminare, barcollando, verso il suo mezzo.
«Te vieni a casa co' me, 'n guidi a 'ste condizioni»
«Che c'è, adesso ti preoccupi per me? Adesso esisto?»
Quella frase fece tremare Manuel, il quale si era pentito l'istante stesso in cui l'aveva pronunciata di averlo fatto.
Ma qualcuno aveva detto che la miglior difesa è l'attacco e quindi Manuel non si lasciò intimorire e rispose a tono.
«Simò, 'n sta' a di' cazzate, sali e reggete bene a me»
Simone non controbatté, ché le forze erano poche ed era necessario che le utilizzasse per tenersi ai fianchi di Manuel.
Una volta che entrambi furono in sella alla moto, Manuel partì, cercando di non accelerare troppo per assicurarsi che Simone non cadesse.
Arrivarono a casa più tardi del previsto non trovando nessuno ad attenderli.
Manuel aiutò Simone a togliersi il giubbotto, le scarpe e a distendersi sul letto, dopodiché si allontanò dalla stanza al fine di recuperare il termometro, un antipiretico e una pezza da bagnare e lasciare sulla fronte di Simone.
«Vai via? No...non te ne andare» disse Simone, quasi implorando Manuel.
«Vado solo a pija' 'r termometro e 'na Tachipirina, torno subito, Simò»
«Torni davvero?»
«Certo»
Il tono di Simone sembrava quello di un bambino impaurito e Manuel si intenerì così tanto che, prima di lasciarlo per qualche istante da solo, gli accarezzò più volte il viso e gli lasciò qualche bacio sulla fronte ancora molto calda.
Prese l'occorrente, Manuel, e quando tornò nella stanza di Simone, lo trovò di nuovo addormentato.
Gli costò molto svegliarlo, avrebbe preferito rimanere lì a guardarlo, ma doveva prendere la compressa per far scendere la febbre e non aveva altra scelta.
Lo svegliò dolcemente, riuscendo, con non poca fatica, a dargli la medicina, ma fu poco il tempo in cui Simone riuscì a rimanere vigile.
Cadde, infatti, in breve tempo, in un sonno profondo.
E Manuel, che non lo avrebbe lasciato da solo per niente al mondo, si sedette accanto a lui, cambiandogli, di tanto in tanto, lo straccio bagnato sopra la fronte e iniziando a parlare, sicuro che Simone stesse dormendo.
«Scusa Simò...scusa pe' quello che t'ho detto, scusa pe' quello che t'ho fatto. N'è vero che pe' me manco esisti. Pe' me esisti. Esisti e sapessi che presenza ingombrante che sei nella testa mia. Oh, 'n fraintende. Sei 'na presenza ingombrante perché 'n riesco a pensa' a altro che a te. E 'r fatto che vivemo insieme n'aiuta. Però...però vedette 'a mattina coi capelli arruffati e gli occhi assonnati me ripaga de tutte 'e notti passate insonni a pensa' a tutti gli sbagli che ho fatto. E vorrei solo ave' 'r coraggio de guardatte negli occhi mentre te dico che sei 'a cosa più bella che me sia mai capitata. Sei 'a ciambella che me impedisce de annega' in un mare di niente. E invece so' 'n codardo. 'N codardo che fa 'a dichiarazione più bella della vita sua a uno che sta a dormi'»
A quel punto, il movimento di Simone sotto le mani di Manuel impedì a quest'ultimo di continuare il suo flusso di coscienza.
«Manuel, io ho la febbre ma tu stai delirando»
«Hai sentito tutto?» chiese Manuel, titubante.
«Sì»
«Simò, te c'hai 'a febbre e io spero che domani mattina te ricorderai quello che te sto pe' di' perché 'n so se c'avro 'r coraggio de ripetelo»
«Cosa?»
«Che ti amo»
Autore nominato: _loujsoul
Parola: Collina
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One more tales | SIMUEL
Hayran KurguChallenge che ha come obiettivo quello di coinvolgere tutti gli autori del fandom Simuel. Ogni autore nominato avrà una parola assegnata per scrivere una flashfic da 1k parole massimo. Più amore. Più autori.