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Ambar

L'aria natalizia aveva già inondato le strade di Barcellona settimane prima della vigilia, e ciò non poteva che rendermi felice. Adoravo il natale, e per questo appena i negozi avevano iniziato a mettere in vendita i primi addobbi ne avevo fatto scorta.

-Ambar era proprio necessario un babbo natale di sessanta centimetri che canta "Jingle Bells"?- dopo l'università avevo trascinato mia sorella in un negozietto poco distante dal centro che in vetrina aveva delle decorazioni natalizie davvero carine.

Alla fine ero uscita con un babbo natale di sessanta centimetri che cantava "Jingle Bells".

-questo è il nostro primo natale a Barcellona, bisogna fare le cose in grande- i nostri genitori avrebbero passato la settimana di Natale in Arizona per visitare il Gran Canyon, mentre per capodanno saremmo tornate a Valencia per passare del tempo insieme.

In quei mesi erano passati un paio di volte a salutarci, e a controllare come stesse andando con l'università, e con la scuola guida.

Perciò, dato che io ed Inés avremmo passato il Natale da sole nella nostra casa, volevo passarlo al meglio, e l'atmosfera doveva essere delle migliori. E poi a mia discolpa dovevo ammettere che avevo una grande dipendenza nel comprare cose assolutamente inutili.

-non prenderlo troppo spesso alla lettera questo "fare le cose in grande" altrimenti non avremmo più spazio in casa- disse mia sorella, e si strinse nel suo cappotto.

Quel pomeriggio Inés assecondò anche la mia richiesta di montare l'albero, e così con la mia playlist di natale in sottofondo addobammo l'intera casa.

-Ambar i biscotti!- eravamo impegnate in una lotta con i cuscini, quando la mia gemella si ricordò dei biscotti che avevamo infornato mezz'oretta prima, e che a breve si sarebbero bruciati.

Smisi di schiacciare mia sorella, e corsi verso il forno tirando fuori la teglia.

-tutto apposto- alzai il mio pollice in aria quando vidi i biscotti perfettamente dorati al punto giusto.

-dobbiamo ancora lavorarci sulla responsabilità in cucina- mia sorella mi raggiunse e divise a metà un biscotto caldo, e mi passò l'altra metà.

-ora bisogna sciogliere 150 grammi di cioccolato fondente a bagnomaria, e poi ci passiamo dentro i biscotti- presi in mano l'ipad dove stavo seguendo la ricetta, e guardai gli altri passaggi.

-faccio io, tu continua a decorare il salone- Inés mi allontanò dalla cucina, e tornai ad addobbare la stanza.

Più tardi mentre io e mia sorella ci stavamo gustando i nostri meritati biscotti sentii il campanello suonare.

-aspetti qualcuno?- mi guardai con mia sorella e lei scosse la testa.

Mi avvicinai alla porta e guardai dallo spioncino. Pedro era davanti la porta.

-ei, che ci fai qui?- aprii la porta e lo feci entrare.

-ti sto chiamando al telefono ma non mi rispondi, sono passato a salutarti- guardai il mio telefono sul tavolo del salone impegnato a riprodurre canzoni natalizie.

-colpa mia, me ne sono completamente dimenticata- la mattina dopo Pedro sarebbe partito con la squadra per andare in trasferta, e gli avevo detto che potevamo passare il pomeriggio insieme prima che se ne andasse.

-si è fatta prendere dallo spirito natalizio- mi prese in giro mia sorella e lui rise.

-assaggia, li abbiamo fatti noi, anche se per poco non li bruciavamo- gli imboccai un biscotto in bocca.

-indovina per colpa di chi?- replicò mia sorella e a quel punto gli presi in pieno la faccia con lo straccio per la cucina.

-preferisci continuare o vuoi dormire nel ripostiglio Inés?- le sorrisi a mò di minaccia e lei alzò le mani continuando a mangiare, e nel mentre Pedri se la rideva.

-vieni pepi- gli presi la mano e raggiunsi la mia stanza.

-stai studiando?- tra pochissimi giorni ci sarebbe stato il primo esame, ed io avevo l'abito ormai pronto. Mi mancavano solo poche pagine che trattavano dei tessuti che avevo utilizzato per il vestito.

-si, penso di essere abbastanza pronta- annuii guardando il manichino su cui era poggiato l'abito.

-come sta Fer?- gli chiesi di suo fratello, che la settimana prima aveva avuto l'influenza, e non si era proprio visto con Pedro per paura di contagiarlo.

-sta bene, stamattina è andato anche a lavoro- disse e si stese sul mio letto dove lo andai ad affiancare.

-devo trovare un ristorante che faccia d'asporto il giorno di natale, oppure faremo digiuno- mentre stavamo parlando entrai nell'argomento natale. Né io né mia sorella eravamo così brave in cucina, il giusto per sopravvivere, e poi, di certo non volevamo chiamare una squadra di pompieri il giorno di natale.

-pensavo tornassi dai tuoi a Valencia- il ragazzo che era poggiato sul mio petto, si tirò su con i gomiti e mi guardò.

-a Valencia torniamo il 26, e passiamo capodanno lì. I miei non ci sono per natale- feci spallucce e guardai il piccolo alberello che avevo montato nella mia stanza.

-sai che non ho mai passato un natale a casa?- affermai ricordando gli scorsi anni.

-in che senso?- Pedro assottigliò gli occhi confuso ed io mi misi stesa di lato con il braccio sotto la testa per poterlo guardare.

-eravamo sempre in viaggio. La vigilia di natale, il pranzo di natale, io ed Inés venivamo completamente ignorate dai nostri genitori che erano occupati a parlare con gente importante. Io non c'ho mai capito niente delle cose che dicevano...- cominciai a parlare e fissai i miei occhi nei suoi.

-ho sempre immaginato il natale come il pranzo con i parenti, i cugini, l'albero di natale acceso, e quando scattava la mezzanotte ci si scambiava i regali, ma è sempre restato solo un sogno- nella mia mente si susseguirono vecchie immagini, e solo ora mi rendevo conto, che forse era quello il motivo che mi aveva sempre spinta a cercare ossessivamente qualcuno che ricoprisse quelle mancanze, che avrei dovuto ricevere dai miei genitori.

Il ragazzo al mio discorso mi dedicò parole di conforto che mi scaldarono il cuore, dandomi la conferma di che persona meravigliosa avessi al mio fianco.

Quando Pedro lasciò il mio appartamento mi salutò con un lungo bacio che ogni volta mi faceva sempre sentire la nostalgia della sua presenza. Gli avevo augurato buona fortuna per la partita, ed era sfrecciato via con la sua macchina.

Inés

Ma è sempre restato solo un sogno

Le parole di mia sorella mi risuonavano in testa. Per caso avevo ascoltato la sua conversazione con Pedro mentre ero in balcone a fumare.

Da sempre c'eravamo state l'una per l'altra. Eravamo unite più che mai. Lo stesso mio dolore lo aveva provato anche lei. Se lei stava male, stavo male anche io.

Ed il più grande dolore che avevamo patito era quello di non avere una famiglia perfetta, o che almeno ci somigliava.

La ricchezza da cui eravamo circondate non aveva mai comprato i nostri cuori, ma col tempo c'eravamo abituate, e ci bastavamo a vicenda. Mia sorella era l'amore più sincero e grande che potessi mai provare.

Sentii la porta di casa aprirsi e vidi Ambar togliersi il suo North face nero, e appenderlo all'ingresso.

Mi alzai e andai verso di lei per guardarla negli occhi.

-che c'è?- aggrottò la fronte confusa ed io la strinsi tra le mie braccia senza dire niente.

-ho sentito quello che hai detto a Pedro- confessai e sciolsi l'abbraccio per guardarla in viso.

-ti voglio bene Ambar- le scoccai un bacio, e lei mi abbracciò nuovamente

-anche io ti voglio bene- .

Somos • Pedri Gonzalez Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora