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Eravamo rimasti a dormire da Jiro tutti e quattro

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Eravamo rimasti a dormire da Jiro tutti e quattro. In realtà non era nulla di programmato. Io e il biondo avevamo fatto tardi per studiare e dato che i suoi genitori erano rimasti fuori per il fine settimana, i miei mi avevano concesso di rimanere a dormire da lui purché in stanze separate.
Stavamo studiando proprio quando Gojo aveva chiamato i genitori di Jiro prima che uscissero dalla casa, e gli avevano chiesto di venire a dormire qui per non farci stare soli in casa.
Ed ora ci eravamo ritrovati intorno al tavolo del salotto con birre e vino ormai vuote.
Gojo era al mio fianco e ogni tanto mi prendeva una ciocca dei miei capelli e la intrecciava tra le sue lunghe dita. Cercai di non dargli troppo spago e di trattarlo come facevo con Suguru. Era una sofferenza per me, ma vedevo come ci guardava Jiro, e ogni volta i suoi occhi diventavano sempre più cupi.

"È ora di andare a dormire ragazzi"

Suguru prese per il braccio Gojo, che si alzò lamentatosi con frasi senza senso.

"Buonotte Suguru, Gojo"

Li osservai mentre si allontanarono su per le scale della loro casa. Io sarei rimasta al piano terra nella camera degli ospiti.

"Non ti da fastidio avere così tanto mio cugino tra i piedi?"

Negai con la testa mentre mi stiracchiavo la schiena.

"Ti sta sempre appiccicato"

Si buttò all'indietro sul divano, allungando le braccia oltre la sua testa.

"Sarà una tua sensazione, non è così"

Mi alzai barcollando un po'. Mi fermai a fissare un punto per riprendere l'equilibrio e mi avvicinai a lui. Gli lasciai un bacio sulla guancia e poi mi incamminai verso la mia camera da letto.

"Notte Jiro"

Entrai in camera, chiudendo la porta alle mie spalle. Mi tolsi i vestiti che butto sulla sedia di velluto che stava in camera, per infilarmi il mio pigiama pesante. La casa era calda, ma adoravo dormire con tessuti morbidi e pesanti. Mi buttai sul letto a guardare il soffitto. Il mio cuore e il mio cervello non erano d'accordo. Uno mi diceva di buttarmi, di dichiararmi al ragazzo dagli occhi che sembravano due diamanti, l'altro mi bloccava ricordandomi l'amicizia di Jiro, e ciò che lui aveva fatto per me.

Il mio migliore amico c'era stato fin dal primo giorno che mi ero trasferita a Tokyo da Kyoto. Mi ricordai il primo giorno del primo anno di liceo. Tutti gli studenti si conoscevano tra di loro, tranne io. Ero l'intrusa.

Quelli che dovevano essere i miei compagni di classe mi guardavano dall'altro verso il basso, con un'aria di superiorità. Mi sentivo così piccola, e indifesa. Tenevo il libro stretto al petto mentre la professoressa finiva di presentarmi al resto della classe.
C'era un banco libero, ed era l'unico che non aveva alcun compagno. Sarei stata sola per tutto l'anno.

L'amore su telaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora