Capitolo sette.

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Nel bel mezzo del sonno vengo svegliata da un movimento accanto a me. Apro leggermente gli occhi e trovo Jack che cerca di alzarsi dal letto. Mi allarmo immediatamente.
«Jack, stai bene?» chiedo.
«Post-sbornia» sussurra.
Capisco subito e lo aiuto. Insieme ci incamminiamo verso il bagno. A malapena si regge in piedi. Jack appena entrati si fionda verso il WC, quasi abbracciandolo. La scena è abbastanza divertente. Il mio sorriso scompare quando Jack inizia a vomitare l'anima. In tutto questo io gli reggo la testa. Tutta la situazione mi riporta a quando mamma beveva da poco e io mi ostinavo ad aiutarla a smaltire la sbronza. Adesso non mi curo più di lei per il semplice fatto che ci ho perso le speranze. La clinica di riabilitazione è soltanto un spiraglio di luce in mezzo ad in un mare di oscurità. Mi risveglio dai miei pensieri quando Jack si appoggia alla vasca da bagno esausto.
«Non voglia che tu mi veda in questo stato, torna a dormire» mi dice.
«Jack, no. Io resto» rispondo ferma.
Lo voglio aiutare, in lui vedo ancora quella speranza.
«Alice, me la cavo da solo» ribatte testardo.
Cavolo, quando ci si mette è davvero una testa dura. Lo ignoro ed esco dal bagno soltanto per tornarvici con cuscini e coperte. Se dobbiamo passare un'intera notte sul pavimento almeno passiamola per bene. Mi distendo accanto a Jack porgendogli il cuscino. Mi fa un enorme sorriso e mi stringe a sè. Vorrei che questo momento durasse per sempre. Ma purtroppo la vita non è un ufficio esaudimento desideri e Jack si alza di nuovo per vomitare. Si prospettano delle ore molto lunghe, ma non mi pesano. Con Jack non mi pesa nulla. La notte procede uguale e soltanto all'alba comincia a stare bene. Nonostante ciò non torniamo a letto, bensì restiamo in bagno e ci addormentiamo. Al risveglio non mi posso muovere: il corpo di Jack è praticamente sul mio. Le nostre gambe sono incrociate, il suo braccio è intorno alle mie spalle ed il suo busto è quasi completamente poggiato sul mio. Provo a spostarmi, ma un grugnito esce dalla sua bocca e la stretta diventa più intensa.
«Jack» gli accarezzo, per quanto mi sia possibile, la guancia. Grugnisce nuovamente e decido di usare un metodo più aggressivo.
«Jack!» gli urlo nell'orecchio cacciando più voce che posso.
Questo sembra svegliarlo perchè si copre l'orecchio con la mano assumendo un'espressione sofferente.
«Cazzo Alice, come minimo mi hai rotto un timpano» dice con la sua voce roca mattutina.
Sorrido soddisfatta mentre mi alzo. Mi reco verso la cucina e decido di preparare la colazione visto che il mio stomaco brontola da un po'. Per prima cosa urge necessariamente il caffè: la giornata non inizia senza caffè. Preparato tutto vado a chiamare Jack. Varco la porta del bagno, ma non c'è. La mia espressione si fa interrogativa. Cammino per il corridoio cercandolo con lo sguardo. Ad un tratto sento delle mani posarsi sui miei fianchi e i miei piedi si sollevano dal pavimento. «Ti ho presa» mi sussurra Jack nell'orecchio.
Ma chi gliela da tutta questa forza la mattina dopo una sbronza così pesante?
«Ho un mal di testa bestiale, vado a prendere un'aspirina» e mi lascia un bacio a fior di labbra.
Un dubbio si insinua nella mia mente: si ricorda qualcosa della scorsa sera? Spero di sì, perchè quello che mi ha detto mentre lo spogliavo è significato tantissimo per me.
In cucina lo trovo ad armeggiare con la scatola dei medicinali. Indossa solo dei pantaloncini sportivi. Il suo fisico scolpito mi stupisce ogni volta. Ad un tratto si gira e mi sorprende a fissarlo. Mi fa un mezzo sorriso alzando solo un angolo delle labbra ammiccando nella mia direzione. Non mi sono ancora del tutto abituata a questi suoi atteggiamenti e non so se lo farò mai in realtà. So solo che le farfalle nel mio stomaco ballano la samba ogni volta che il suo sguardo incontra il mio.
«Ho preparato il caffè» annuncio mentre me ne verso una tazza.
Quando lo assaggio sono fiera di me: tutti questi anni passati a prepararsi la colazione da sola sono serviti a qualcosa. In un certo senso è come se avessi fatto tutto prima del tempo. Ho imparato ad essere indipendente molto presto, quando ero appena una dodicenne ingenua. A volte rimpiango però il non essermi goduta i miei anni migliori, che nessuno mi restituirà. Ed ho tanta di quella rabbia celata che mi sento implodere ogni volta.
«Tra poco devo andare in palestra» mi informa Jack.
«Oh, okay» dico un po' delusa.
Oggi avrei voluto passare la mia giornata con lui. Jack notando la mia delusione mi fa un ampio sorriso e mi lascia un lieve bacio sulla mascella. Al contatto con le sue labbra chiudo gli occhi, e un brivido mi percorre tutta la schiena. Se solo sapesse l'effetto che mi fa.
Torno a casa a piedi e una volta varcata la soglia quasi mi sorprendo di trovarla vuota. Metto a cucinare qualcosa di veloce e mentre aspetto decido di studiare un po'. Mentre prima il college era la mia via di fuga, ora non ne sono più così sicura. Adesso ho qualcosa da perdere. Scaccio i pensieri malinconici che mi stanno invadendo la mente e continuo a studiare sgranocchiando il "pranzo" che mi sono preparata. Ammazzo così il tempo e la solitudine, tanto che non mi accorgo che si fanno le 19 di sera. Controllo il telefono per vedere se Jack mi ha inviato qualche messaggio, ma nulla. Vado subito in paranoia, ma poi capisco che devo assolutamente calmarmi. Avrà semplicemente avuto altro da fare. E con questo pensiero mi stendo sul divano cadendo tra le braccia di Morfeo.
Il mio telefono suona. Controllo l'ora e sono appena le due del mattino. Chi chiamerebbe mai alle due del mattino? Controllo il nome: è Jack. Rispondo allarmata.
«Pronto?»
«Alice» la voce di Jack è rotta.
«Cosa è successo? Tu stai bene?»
«S-si, ma si tratta di Nash» non riesce a parlare, ha il respiro affannato.
«C-cosa gli è successo?»
Il mio cuore batte all'impazzata, il panico ha preso il sopravvento.
«Un'incidente d'auto»
Queste tre parole mi fanno crollare tutto addosso. Faccio fatica a respirare e la gola si è seccata.
«A che ospedale siete?» chiedo.
«No, vengo a prenderti» e con questo chiude la chiamata.
O mio dio.

Ricomincio da te || Jack GilinskyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora