Capitolo dieci.

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A svegliarmi sono dei colpi provenienti da fuori. Apro gli occhi e mi trovo davanti un Jack nel meglio del sonno. Decido di lasciarlo dormire ed esco fuori in cerca della fonte del rumore. È la donna che mi ha accolto all'entrata, la mamma di Jack, che adesso è davanti a me. Il suo sguardo è strano, un misto tra l'apprensivo e l'arrabbiato.
«Ehm, io andrei. È stato un piacere signora Gilinsky» si limita ad annuire e mi accompagna alla porta.
«Ciao, Alice» inaspettatamente parla.
Le rivolgo un flebile sorriso ed esco. Una parola mi frulla nella mente: strana. Da casa di Jack a casa mia ci vuole un po', ma non mi dispiace camminare. È buio, per la strada ci sono poche persone. Mi stringo nel mio cardigan e velocizzo l'andatura. Ad un tratto sento dei passi dietro di me. Mi giro e non trovo nessuno. Sono decisamente troppo paranoica. Continuo a camminare, ma sento di nuovo il rumore dei passi. Perchè si divertono a farmi impazzire? In poco tempo mi ritrovo a correre, ho il fiato terribilmente corto. Appena sono sul portico di casa mi affretto a prendere le chiavi dalla borsa e mi fiondo al sicuro dentro. Accendo tutte le luci e la tv ancora visibilmente spaventata. Cos'è appena successo?

* * *

Il suono del mio telefono mi avvisa.
da Jack:
Fatti trovare alle 22 sotto casa, ho un incontro.
Sono le 21:30, devo assolutamente correre a prepararmi. Cerco qualcosa di poco appariscente, ho bisogno di farmi notare il meno possibile. Una volta fatta ora varco la porta di casa e aspetto Jack sul portico. Dopo pochi minuti il rombo inconfondibile di un motore mi fa girare il capo. Jack è in sella alla moto, con un chiodo di pelle a coprirgli il busto, ed è dannatamente bello nonostante la sua aria triste di questi ultimi giorni. Salgo in sella alla moto e in men che non si dica sfrecciamo sulla strada. Il fatto che non mi abbia nemmeno salutata un po' mi ha delusa, ma posso comprenderlo. Ha solo bisogno di un po' di tempo. Il locale davanti a cui accostiamo sembra ancora più degradato dei precendenti. Una puzza di fumo misto ad alcool mi invade le narici appena entriamo. Jack mi stringe quasi involontariamente fianco quando non vede Nash appoggiato al bancone. Sembra quasi che ci sperasse. Ci avviamo in un corridoio stretto e buio fino a che Jack non trova una porta e la apre trascinandomi dentro. Inizia a cambiarsi tutto in religioso silenzio. Non ne posso più, ho bisogno che mi dica qualcosa.
«Jack, parlami» sussurro quasi implorante.
Ma niente. Jack non mi risponde, anzi mi ignora. Sbuffo senza speranze e mi siedo sullo sgabello dietro di me. Quando Jack sta per uscire lo afferro per un polso e lo bacio.
«Come porta fortuna» dico.
Quasi vedo un lieve sorriso formarsi sulle sue labbra.
«Ah, ed ho intenzione di assistere all'incontro»
«Seguimi» dice soltanto, ma sembra irrigidito.
Lo vedo parlare con un uomo e in men che non si dica mi trovo vicino a quest'ultimo.
«Ciao, io sono Dan» mi sorride.
«Io sono Alice» mi presento.
Le campanelle che avvisano l'inizio dell'incontro iniziano a trillare. Ho davvero un brutto presentimento che aumenta quando vedo l'avversario di Jack. Sarà almeno tre volte più grosso di lui. La paura si insinua dentro me e io non posso fare a meno di torturarmi le mani. Appena il bestione scaglia il primo pugno sulla mascella di Jack non posso fare a meno di sussultare. Mi mordo forte il labbro inferiore sperando il meglio per Jack. L'avversare riesce a sferrargli un altro pugno, questa volta sull'occhio destro. Jack sbanda e inizia ad indietreggiare. Perchè cavolo non reagisce? Approfittando della sua instabilità un altro gancio destro gli viene piantato nello stomaco facendogli perdere l'equilibrio. Jack adesso giace sul pavimento inerme. Con uno scatto però sorprendentemente si alza e gli va contro con una furia inumana. Nonostante ciò il bestione riesce a fermarlo e gli sferra un pugno sulla guancia. Provo dolore io per ciò che sta subendo Jack, mi sembra di essere sul ring al posto suo. Ogni gancio è una pugnalata, l'ansia mi sta divorando. Vedo Jack che finalmente riesce ad assestare un pugno sul mento dello sfidante cogliendolo di sorpresa. Ma quest'ultimo riacquista subito la lucidità e inizia a sferrare una sfilza di pugni, uno dopo l'altro. Un singhiozzo scappa dalle mie labbra quando Jack si accascia sul pavimento duro senza forze e l'avversario si avventa su di lui. Gli si mette sopra, a cavalcioni, e gli assesta un gancio dopo l'altro in faccia senza sosta. Fortunatamente dopo poco arriva un ragazzo a dividerli e così finisce l'incontro. Il bestione viene proclamato vincitore mentre Jack è ancora a terra steso. Corro il più vicino possibile al ring guardandolo. È messo malissimo. Il sangue dal labbro pare uscire senza sosta, probabilmente domani al posto degli occhi avrà due cerchi viola scuro. Qualcuno lo trascina fuori dal ring e lo porta non so dove. Provo a seguirli, ma senza successo: il locale è troppo pieno. Decido quindi di aspettarlo nello spogliatoio. E lentamente realizzo quello che è appena accaduto, Jack ha appena perso l'incontro. Non mi sono mai trovata davanti a questa possibilità. Cosa succederà adesso?
All'improvviso qualcuno apre la porta di scatto.
«Jack!» esclamo gettandomi tra le sue braccia.
Lui mi strige ancora più forte e questa cosa mi rincuora.
«Cosa succederà adesso?» sussurro impaurita.
«Non avrò i soldi e non potrò mai più combattere qui. Ma ehi, questo posto è una catapecchia» prova a scherzare.
«Avevi mai perso un incontro?» chiedo.
«Si, all'inizio ne ho persi parecchi» dice.
Decido di non fargli più domande, per adesso. Mi godo solo la sensazione delle sue braccia avvolta intorno al mio corpo.

«Jack, devi farti medicare» dico una volta arrivati a casa mia.
Jack piagnucola qualcosa in risposta ed io ridacchio leggermente. Prendo il kit del pronto soccorso e lo poso sul lavandino del bagno. Faccio sedere Jack sul water mentre io preparo i batuffoli di cotone e il disinfettante. Questa volta Jack è messo molto peggio. Gli pulisco la ferita sul labbro e lui sussulta leggermente. Poi passo all'occhio destro. C'è del sangue secco al di sotto e mi affretto a toglierlo.
«Come vedi dall'occhio destro? Potrebbe essersi distaccata la retina o-»
«Il mio occhio sta benissimo e adoro quando parli come un medico» e mi bacia.
Quel bacio è pieno di dolore e di parole non dette ed è questo a renderlo così profondo.
«Adesso devo metterti la pomata» dico quando ci stacchiamo.
Jack ghigna leggermente e annuisce. La spalmo leggermente facendo attenzione a non fargli male. Finito il mio compito sono abbastanza soddisfatta e spero che domani senta meno dolore. In tutti i sensi.

Ricomincio da te || Jack GilinskyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora