Capitolo ventisei.

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É una giornata tranquilla. A scuola, Jack continua ad ignorarmi. Sono ormai passate tre settimane dal nostro 'quasi bacio' e ancora non mi ha rivolto la parola. Non riesco proprio a capire il suo comportamento nei miei confronti. Capisco che prima poteva essere accecato dalla rabbia, ma adesso? Cosa lo blocca? Mi ha dimostrato ampiamente che prova ancora ciò che provo io, ma lascia le carte in tavola così come sono. Dal canto mio, ho già fatto troppi passi in avanti, verso la sua direzione. Ora tocca a lui darsi una svegliata. Comunque con il resto del gruppo, la situazione è notevolmente migliorata. Almeno non mi guardano più come se avessi tatuato in fronte 'traditrice'. Mi siedo spesso vicino a Shawn a scuola, mentre a pranzo Lisa mi conserva il posto accanto a lei, non sono più tristemente sola. Al lavoro sempre il solito, e a parte qualche vomito da pulire, é tutto regolare. Cameron non mi ha più fatto visite a sorpresa, anzi, credo che mi stia evitando. Ma non posso biasimarlo. Quando quel giorno ho permesso a Jack di accompagnarmi a casa, ho fatto in un certo senso una scelta. Non che avessi mai avuto dubbi al riguardo. Jack é e sarà sempre la mia priorità. Io posso non essere la sua, ma mi sento inevitabilmente legata a lui.
«Alice, ci sei?» chiede Shawn interrompendo il mio flusso di pensieri.
«Eh, cosa?» domando a mia volta, confusa.
«Ultimamente stai proprio con la testa da un'altra parte, a cosa pensi?»
Oh Shawn, se solo sapessi a cosa sto pensando.
«Niente di particolare, comunque cosa stavi dicendo?» cerco di cambiare argomento.
«Ti stavo chiedendo se era il caso di chiedere a Cassidy di uscire» chiarisce.
Soltanto il nome Cassidy mi fa arricciare il naso. Non mi é ma andata a genio quella ragazza, sono sempre stata, fin dall'asilo, la preda preferita dei suoi scherzi. Ma non posso fare in modo che un'antipatia da parte mia tronchi la strada a Shawn.
«Sai già come la penso, ma se ti piace davvero tanto, dovresti provarci. Sei un ragazzo d'oro, cadrà sicuramente ai tuoi piedi» gli dico con un sorriso rassicurante.
«Grazie, Alice, sei un'amica» mi ringrazia Shawn.
Lo guardo mentre entra nell'aula di matematica avanzata, classe in cui non potrei mettere piedi nemmeno in un'altra vita. Mi dirigo verso il laboratorio di arte, sconsolata di non avere più la compagnia del mio amico. Le due ore di disegno volano e quasi mi perdo tra i colori. Non sono mai stata brava a dipingere, ma mi aiuta molto a sfogarmi, a cacciare ciò che ho dentro. La maggior parte dei miei lavori sono infatti opere astratte, spesso anche molto incasinate.
L'ultima ora di Fisica sembra interminabile, le materie scientifiche non sono proprio il mio forte. Oggi fortunatamente non dovrò rimanere a mangiare, poiché i corsi pomeridiani sono stati cancellati in via straordinaria. Sono sollevata di questa cosa perché almeno avrò più tempo per studiare prima di andare al lavoro.

«Alice, svegliati, é ora di andare al lavoro» mi sussurra una voce dolcemente e scuotendomi un po'.
Apro gli occhi e trovo la prima cosa che vedo é il libro di Filosofia adagiato sul mio petto. Devo essermi addormentata durante il mio intenso pomeriggio di studio.
«Mi faccio una doccia e sono pronta» dico a Alice con la voce ancora impastata dal sonno.
Riesco a restaurarmi per bene e dopo un quarto d'ora, siamo in auto. Appena arriviamo, Dan ci accoglie in fibrillazione.
«Grazie a Dio, siete arrivate!» esclama.
«É il nostro lavoro Dan, non credo che abbiamo scelta» gli fa notare Mandy con un sopracciglio alzato.
«Sì, ma adesso al lavoro. Oggi é il grande giorno!»
Grande giorno? Di cosa diamine sta parlando?
«Cosa?» chiedo confusa.
«Ma sì, oggi ci sono gli incontri di boxe» risponde come se avessi già dovuto sapere tu tutti i dettagli.
«Intendi incontri clandestini?» domando cercando chiarimenti.
«Sì, proprio quelli. Verranno i più acclamati della contea, e il locale deve essere perfetto» comanda.
Stringo i denti. Si prospetta il doppio della gente, equivale a dire, una serata estenuante. Vorrei darmi per morta o qualcosa del genere, ma Dan ci tiene così tanto che non me la sento di deluderlo.

É la quinta volta che pulisco il bancone perché a detta di Dan 'deve brillare'. Sto arrivando al limite dell'esaurimento e la serata non é ancora cominciata. Il combattimento dovrebbe essere intorno a mezzanotte, ma il bar inizia a riempirsi a partire dalle nove. Credo di non averlo mai visto così pieno, nemmeno di sabato sera. E pensare che tra qualche ora ci sarà il triplo della gente, mi fa sentire male.
Intorno alle undici, scorgo Dan uscire dal suo ufficio, visibilmente in ansia.
«Non si sono ancora fatti vivi» dice mettendo alla luce le sue preoccupazioni.
«Arriveranno, sta tranquillo» lo rassicuro.
E infatti, nel giro di venti minuti arrivano entrambi gli sfidanti. Mi sporgo da dietro il bancone per vedere di chi si tratta. Quando si girano verso la mia direzione, il bicchiere mi cade di mano frantumandosi sul pavimento. È Jack. Che adesso sta avanzando verso di me. Fissandomi dritto negli occhi. Io non ci posso credere. Credevo che Jack avesse abbandonato questo mondo per sempre, e invece eccolo lì, davanti ai miei occhi, pronto per rischiare la vita per l'ennesima volta.
«Un mojito, per favore» ordina continuando a fissarmi.
Glielo preparo, ancora visibilmente scossa. Non mi ha fatto nessun cenno di saluto nè niente. Sta soltanto seduto su quello sgabello a scrutare ogni movimento che compio. Inizia a diventare snervante.
«Prego» dico porgendogli il drink.
Inizia a sorseggiarlo ancora in completo silenzio.
«Non mi avevi detto che lavoravi qui» finalmente parla.
«Non mi avevi detto che avevi ripreso a combattere» rispondo a tono.
Jack alza semplicemente le spalle, lasciando cadere il discorso.
«Stai attento, okay?» addolcisco il tono di voce.
Il suo sguardo cambia, mi sembra quasi di rivedere un pezzo del Jack che mi sono lasciata alle spalle.
Quando si fa ora del combattimento, non riesco a trattenermi, e mi divincolo velocemente dal bancone, correndo verso il cerchio.
«Mandy, coprimi per favore» la imploro urlando per sovrastare la musica.
Corro avanti, spingendo chiunque si trovi lungo la mia strada.
«Jack» urlo quasi davanti a tutto, ma c'é troppo rumore perché lui possa sentirmi.
Scavalco le poche persone rimaste e mi ritrovo la schiena di Jack davanti. Gli picchietto animatamente la mano sulla spalla per essere notata. Si gira e posso intravedere la sorpresa nei suoi occhi.
«Non dovresti essere qui» esordisce severo.
«Ma é dove voglio essere» ribatto.
Mi guarda per secondi interminabili. E poi, finalmente, mi bacia. Le sue labbra, che sembrano quasi incastrarsi alla perfezione con le mie, si muovono disperatamente in cerca di un accesso, che gli do volentieri. Socchiudo le labbra e Jack non perde tempo. Intreccia subito la sua lingua con la mia, in una danza che conosce solo lui. Mi attira sempre di più a sè, mentre io gli passo le mani tra i capelli, scompigliandoglieli. Interrompiamo il bacio, soltanto per riprendere fiato, ma so che entrambi avremmo voluto non doverci staccare mai.
«Come buona fortuna» gli dico ammiccando nella sua direzione.
«Allora dovrò vincere, per te» e mi stampa un bacio sulle labbra.
Ed entra nel cerchio.

Ricomincio da te || Jack GilinskyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora