Capitolo ventuno.

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Quando la sveglia suona, quasi non ci voglio credere. Sono troppo stanca per muovere un muscolo.
«Se non vuoi alzarti almeno spegni quella fottuta sveglia» urla Mandy dall'altra stanza.
Non posso biasimarla, è dannatamente fastidiosa e a quanto pare, le pareti di questo appartamento sono molto sottili. Mi costringo ad aprire gli occhi e ad alzare il sedere dal letto. Mi dirigo immediatamente verso la mia unica fonte di salvezza in questa che si prevede una tragica mattinata: il caffè. Con piacere scopro che si trova sul secondo scaffale e lo preparo. Già dal primo sorso sento il peso della stanchezza dissolversi pian piano, ma ovviamente non del tutto. Quando finisco la mia colazione vado in bagno, con l'intenzione di farmi una bella doccia, ma il mio riflesso allo specchio mi fa fermare di scatto. Questa mattina sono più terribile del solito. Le occhiaie evidentissime, la pelle pallida. Lascio perdere soltanto perché sto perdendo troppo tempo e mi infilo sotto il getto di acqua calda. In genere, la doccia mi rigenera. Ma oggi invece contribuisce soltanto a conciliare il sonno e questa cosa non va affatto bene. Esco appena le mie palpebre si fanno pesanti e mi avvolgo nell'asciugamani. Scelgo i primi vestiti che mi si presentano davanti, ovvero una felpa di una vecchia rock band e dei jeans.
«Mandy, immagino che stamattina andrò a piedi» dico davanti la camera della mia coinquilina.
«Non ce l'hai la patente?» chiede con la voce impastata dal sonno.
«Ce l'avrei ma-» non riesco a finire.
«Ce l'hai, quindi puoi guidare» mi interrompe lanciadomi le chiavi.
«Tratta bene la mia bambina» continua con un sorriso.
«A stasera, Mandy» la saluto.
In tutta la mia vita avrò guidato si e no cinque volte, non posso permettermi un'auto. Quindi adesso sono al volante e non posso fare a meno di essere un po' agitata. Fortunatamente nella macchina c'è anche un navigatore, non mi ricordo minimamente il tragitto che Mandy ha percorso l'altra volta. Immetto l'indirizzo e parto alla volta della scuola. La guida non va eccessivamente male e non essendoci traffico è tutto più facile. Sto aspettando al semaforo, quando vedo una figura familiare di fianco a me. Su una moto. E poi non ho dubbi. È Jack, che ovviamente non mi ha notata. Di certo non si aspetterebbe di vedere la sua Alice al volante. Ma la sua Alice sta scomparendo lentamente. La sua Alice ha raccolto i pezzi ed è pronta a diventare una donna indipendente. La sua Alice la sto provando a seppellire da un po' e con lei anche i suoi sentimenti per Jack. Ma siamo perennemente e incondizionatamente assuefatti di ciò che ci fa del male. E ne siamo anche perfettamente coscienti. Quando dei clacson dietro di me iniziano a suonare, capisco che il semaforo è verde adesso e che Jack è sfrecciato via. Nello stesso modo in cui è sfrecciato via dalla mia vita: velocemente, ma dolorosamente. Premo il piede sull'acceleratore e schizzo via. Trovare parcheggio a scuola sembra quasi impossibile, ma finalmente, dopo cinque minuti buoni di ricerca riesco a infilarmi. Il cortile è pieno zeppo di studenti, ovviamente, ma io mi sento incredibilmente sola. Aguzzo lo sguardo alla ricerca di Lisa, l'unica amica che mi è rimasta, e quando la scopro accanto a Nash, decido di lasciarla in pace. Deve vivere la sua vita e merita di stare con un ragazzo speciale come lui. Sto per entrare a scuola quando una voce mi ferma.
«Alice!» esclama a voce alta Lisa.
Non ho il coraggio di voltarmi, so che anche l'attenzione di tutto il gruppo in questo momento è rivolta a me. Ma non posso ignorarla.
«Lisa» mi giro fingendo un sorriso.
«Oh mio dio, hai un aspetto terribile» dice visibilmente preoccupata.
«S-sto bene» balbetto.
Jack non mi guarda neanche in faccia e non riesco a decifrare l'espressione sul suo volto. D'altro canto però, gli altri non sembrano affatto avercela con me.
«Non hai una bella cera, in effetti» Cameron conferma il pensiero di Lisa.
Cameron? Quindi le cose si sono chiarite? Jack ha perdonato lui e non me?
«No, è solo il lavoro» li rassicuro.
«Se hai bisogno di un passaggio la mattina non esitare a chiedere» propone Lisa.
«In realtà, sto venendo a scuola con l'auto» dichiaro indicandola.
«Ma grazie» continuo con un sorriso.
Mi volto per andarmene, poiché il peso di questa conversazione sta diventando insopportabile.
«Vengo con te» la voce di Lisa mi blocca per la seconda volta.
Sorrido tra me e me mentre mi raggiunge.
Con un'amica al mio fianco, la stanchezza passa in secondo piano. Per la prima volta da quando io e Jack ci siamo lasciati, rido sul serio. A mensa, però, Lisa mi costringe a sedermi al tavolo con tutti. Nonostante non mi vada molto a genio la cosa, constato che sarebbe molto triste pranzare da sola e per questo mi faccio trascinare. Fortunatamente, sono seduta tra Lisa e Johnson.
«Allora, come ti va la vita?» chiede Nash.
«Non posso lamentarmi, ho trovato un lavoro e una coinquilina, quindi per adesso tutto bene» dico apertamente.
«E qualcun altro con cui pomiciare l'hai trovato?» domanda sprezzante Jack.
Le sue parole mi feriscono più del dovuto, sono come un'arma a doppio taglio. Ma non mi lascio mettere i piedi in testa.
«Mi stai chiedendo se ho trovato un ragazzo? Se è questo che vuoi sapere sì, l'ho trovato e non facciamo altro che scopare e scopare e scopare» mento spudoratamente.
Vedo Matt accanto a lui che cerca di reprimere una risata e lo stesso stanno facendo più o meno tutti.
Jack mi sta guardando negli occhi e se uno sguardo potesse uccidere, sarei già morta.
«Credo che dobbiate risolvere la questione» pensa ad alta voce Shawn.
«E come?» chiedo io.
«Ditevi una volta per tutte che non provate niente l'uno per l'altro. Urlatevelo in faccia se vi fa stare meglio, ma dopo metteteci una pietra sopra» suggerisce.
Ma il fatto è che non posso. Su questo non posso mentire. Jack si è radicato talmente dentro di me che il sentimento che provo è troppo forte. Che sia amore, che sia odio è troppo profondo per essere sradicato in questo modo. Ma Jack sembra d'accordo con ciò che dice Shawn.
«Andiamo nello spiazzo dietro la palestra» ordina freddo.
Obbedisco perchè se questa cosa può far bene ad almeno uno dei due, voglio provarci.
Appena siamo fuori, l'unica cosa che riusciamo a fare è incatenare i nostri occhi.
«Io non provo piú niente per te, nulla. Io non ti amo più. Forse non ti ho mai amata» esordisce Jack all'improvviso.
E tutto ciò che avevo costruito, mi crolla addosso.

Ricomincio da te || Jack GilinskyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora