4) Non puoi toccarmi

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-Ma tu hai anche solo la più pallida idea di quello che hai fatto?!- il tono di mia madre è isterico. Continua ad urlare e, nel frattempo, fare avanti ed indietro nella mia camera.
-Cristo, Soleil, Trevor era furioso!- si piazza davanti a me e si pianta le mani sui fianchi, fissandomi con sguardo carico d'ira.
-Lo chiami pure per nome, ora?- sputo schifata, ripensando alle subdole parole che quello schifoso pedofilo mi ha rivolto.
-Sarà tuo marito, Soleil. Come fai ad essere così stupida?- sospira sconsolata e si siede sul letto, guardandomi con sguardo carico di terrore. -Ti farà passare le pene dell'inferno, bambina mia.-

-Lo avrebbe fatto comunque.- rispondo, abbassando lo sguardo.
-Tu non capisci. Lo hai umiliato davanti all'intero mondo della mafia, Sole. Hai fatto la cosa peggiore che potessi fare. Non te la perdonerà, tanto facilmente.-
Sbuffo e lei si rimette in piedi, mi lancia un'occhiata adirata. -Spera solo che tuo padre riesca a calmarlo. Sono nel suo ufficio, ora.- mi dice.

Esce dalla mia camera e sbatte la porta, lasciandomi sola nella mia disperazione.
"Tu sei mia." Le parole di quel ragazzo misterioso non riescono ad abbandonare la mia mente e mi ritrovo a sospirare, cercando di capire chi diavolo fosse. Eppure sono certa di averlo già visto, ma non ricordo quando.
I suoi occhi...Dio, quanto sono belli. Hanno il colore del miele e sprigionano la luce degna dei giorni di sole più luminosi.
Mi porto le dita alle tempie e massaggio la pelle, cercando di tranquillizzarmi.
Tutti gli ospiti se ne sono andati e la casa è piombata nel silenzio, è quasi inquietante. Mi alzo in piedi ed esco dalla stanza, trovando due guardie a controllare la mia porta.
-Ordini di mio padre? Ha paura che possa scappare un'altra volta?- domando con tono acido, sbuffando quando i due uomini cominciano a seguirmi giù per le scale.

Entro in cucina e mi servo un bicchiere di acqua, sedendomi in uno degli sgabelli della penisola.
La mia testa comincia a ripercorrere tutti gli avvenimenti della serata ed un brivido mi percorre la spina dorsale all'idea di quello che quell'uomo mi farà.
-Non riesci a dormire, tesoro?- Raimunda, la governante, entra in cucina con i vassoi del cibo avanzato dal ricevimento e li appoggia sul bancone, avvicinandosi a me.
Ho un rapporto speciale con lei, la conosco da tutta la vita ed è come una specie di seconda mamma per me. È una donna sulla sessantina ed il suo sorriso è talmente dolce e rassicurante da avere il potere di farmi bagnare gli occhi. Non voglio lasciarla, non voglio lasciare questo posto.

Nego con la testa e lei recupera un pentolino, riempiendolo con dell'acqua.
-Ti preparo un the caldo.- dice, mettendola sul fuoco.
-Ho combinato un bel casino, Raimunda.- confesso, abbassando lo sguardo sulle mie mani.
La sento sospirare e prende posto vicino a me, rimanendo in silenzio.
Non può smentirmi. Sa meglio di me che la situazione in cui mi sia ficcata non sia delle migliori, anzi. -Andrà tutto bene, tesoro.-
Vorrei tanto crederle, ma ormai nulla ha più importanza.
Dovrò sposare quell'uomo e lui potrà fare di me ciò che vorrà. Nessuno gli impedirà di farmi del male e nessuno mi proteggerà più.

Una guardia interrompe i miei pensieri e mi comunica di dover andare nell'ufficio di papà.
Salgo le scale con estrema lentezza e prendo un respiro profondo prima di entrare.
Mio padre è seduto alla scrivania, mentre il mio futuro marito è in piedi e mi sta fulminando con lo sguardo.
La manica della sua camicia è raggomitolata sul gomito ed il suo braccio è fasciato da una garza insanguinata.
"Cavolo, devo averlo morso davvero forte."

-Prego, accomodati.- papà mi indica la sedia ed io faccio come dice, sedendomi davanti a lui.
-Ho spiegato a Trevor che le emozioni, a volte, possano giocare brutti scherzi e che non fosse assolutamente tua intenzione comportarti in quel modo.- mi dice, sfidandomi con lo sguardo anche solo a provare a smentirlo.

Uniti dal destino (Mafia romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora