34) Vendetta

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(Attenzione: in questo capitolo saranno presenti scene di violenza sessuale e fisica abbastanza esplicite, vi prego una lettura consapevole. Segnerò l'inizio della parte incriminata con un bollino rosso (🔴), in modo che, volendo, possiate saltarla.)

~FIONA~

23 anni prima...

-Corri, Fiona, devi correre più veloce che puoi. Non fermarti mai, non guardarti indietro, non avere paura di prendere le tue decisioni.-
Elisabeth mi accerchia il viso con le mani e si sporge per lasciarmi una bacio in fronte. Le lacrime mi scorrono sulle guance e le gambe mi tremano a causa dello sforzo del parto. Mi fanno male tutti i muscoli, ma la cosa che più mi duole è il cuore. Faccio fatica a contare tutti i pezzi in cui si sia rotto, è quasi impossibile, per cui li ammucchio tutti in un angolo e mi riprometto di pensarci più avanti.

-Ho paura.- singhiozzo, aggrappandomi al tessuto della sua gonna.
-Bambina mia, sei stata molto coraggiosa, ma lo sai anche tu di non poter restare qui. Lui..lui..-
-Mi ucciderà.- la voce mi esce molto più dura e tetra di quanto mi aspettassi. Tutto il dolore, o almeno gran parte, viene sostituito da una rabbia accecante, dilaniante. Qualcosa di oscuro mi avvolge il petto e stringe, mi soffoca, mi stritola fino a levarmi il fiato.
Odio.
Rancore.
Rabbia.
Sono tutti sentimenti che, fin da piccoli, ti insegnano a non provare. Ti dicono che facciano male, che ti consumino da dentro, e che la cosa migliore da fare, seppur sia quella più dolorosa, sia espellerli. Bisogna sfogarsi, piangere, cercare di trovare riparo tra le braccia di una persona che ti ami. Ma è proprio questo il problema: io non sono amata da nessuno. I miei genitori mi hanno venduta, per mio marito non sono altro che un buco da riempire per sfornare eredi ed infine c'è lui, mio figlio, che mi ha usata come scrigno per nove mesi e che poi, dopo esser nato, mi ha condannata a morte.
È questo tutto ciò che io mi meriti?

-Fiona, devi andare.- la governante mi sorregge, mi aiuta ad alzarmi e poi mi porge una busta. -Tieni. Non è molto, ma è il massimo che abbia potuto fare.-
Capisco all'istante cosa mi stia offrendo ed il mio cuore, seppur non lo credessi possibile, si sbriciola di ancora un po'. -Non posso accettare, hai già fatto fin troppo per me.-
-Non dire sciocchezze, per me sei come una figlia, Fiona, ti amo come se fossi figlia mia.-
"Ti amo come se fossi figlia mia."
La mia mano si va a premere sul mio petto, ho paura che possa esplodere da un momento all'altro e, per un solo istante, uno solo, mi ritrovo a pensare che forse sia possibile anche per me essere felice. Ha detto di amarmi, mi ama, e allora perché fa così male?

-Devi andare.-
Devo andare? Perché mi dice di dover andare via se mi ha detto che mi ama? Non dovrebbe fare il contrario? Non dovrebbe fare di tutto per tenermi il più possibile vicino a lei?
-Fiona, non so quando tornerà il signor Mitchell e devi approfittare del fatto che le infermiere siano occupate con il bambino.-
Il bambino. Mio figlio. La causa di gran parte di tutti i miei fottuti problemi. Se solo avessi avuto un po' di tempo in più, se solo quel piccolo stronzetto fosse arrivato qualche mese dopo, forse sarei riuscita a far innamorare mio marito di me.
Un'altra lacrima mi riga lo zigomo.

Elisabeth mi aiuta a mettere il cappotto, mi racchiude in una pesante sciarpa di lana bianca.
-Lo vuoi salutare?- mi chiede con un'espressione piena di dolcezza e compassione.
I miei occhi si gelano. Il ghiaccio perfora la mia pelle e scava in profondità fino a toccare la mia anima. -No.-
-Fiona, è tuo fig..-
-No!- urlo, la cute prende a bruciare come se fosse appena stata ricoperta da lava incandescente. -Mi ha rovinato la vita! Ha rovinato tutto! Elijah avrebbe potuto amarmi, mi avrebbe amata se solo avessimo avuto un po' di tempo in più.- vorrei scoppiare a piangere, disidratarmi completamente per riuscire a buttar fuori tutto questo dolore. Come può una persona sopportare tutto questo male e riuscire ancora a sopravvivere?

Uniti dal destino (Mafia romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora