1) Età da marito

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-Perfetto, signor Weber. È stato un piacere fare affari con lei.- mio padre stringe la mano dell'uomo e lo accompagna fino al portone d'ingresso della villa. Si scambiano un ultimo cenno col capo e poi richiude la porta, girandosi verso di me.
-Fottuto stronzo.- borbotta, disfacendo il nodo della cravatta e lasciandola a penzoloni sul collo. -Prego, Soleil, dopo di te.- mi indica la scalinata, che porta al piano superiore, ed io mi incammino verso il primo gradino, deglutendo rumorosamente.
-È tutto ok con il signore?- chiedo con voce strozzata, senza girarmi verso di lui.
Lo sento sbuffare e mi cucio la bocca, capendo di dover rimanere in silenzio. Non devo e non posso intromettermi nei sui affari, ricevuto. D'altronde, la regola è sempre la stessa da...beh...sempre, è sempre stato così. Le donne non possono fare domande, punto e basta. 

Papà apre la porta del suo ufficio e mi indica la sedia, posizionata difronte alla sua scrivania.
Prendo un respiro profondo e mi accomodo, mantenendo lo sguardo basso e strusciandomi i palmi sulle cosce.
Provo a scrutarlo con la coda dell'occhio e lo fisso mentre si serve un bicchiere di whisky, senza mai degnarmi di una sola occhiata.
Cosa ha da dirmi di così importante da convocarmi nel suo ufficio? Lui ci tiene sempre al di fuori del suo lavoro e non ne parla mai con noi, se sono qui è perché deve esser successo qualcosa di veramente grave.
Sorseggia, con calma, il liquido ambrato ed io ho quasi il sospetto che si sia dimenticato della mia presenza.
Rimaniamo in silenzio per quello che mi sembra un tempo infinito, ma poi, all'improvviso, sbatte il bicchiere sul ripiano in legno ed io sussulto.
-Hai quasi diciotto anni.- la sua voce autoritaria rompe il silenzio ed il timbro che ha usato fa sembrare la mia età come quasi fosse una colpa.
Vorrei annuire, ma mi sembra un gesto troppo stupido e quindi mi limito a rimare in ascolto.
-Sei quasi in età da marito.- mi cristallizzo, irrigidendo la schiena e spalancando gli occhi. Papà si accomoda alla sua scrivania e soppesa la mia reazione con sguardo duro. Si appoggia allo schienale e resta a fissarmi con sguardo di sfida.

-Sai cosa significa, questo?- la sua voce sembra ammorbidirsi appena, davanti alla mia evidente paura, ma questo dura troppo poco per darmi anche solo la speranza di potermi aggrappare al suo briciolo di compassione.
Nego con la testa, cercando di scacciare la consapevolezza delle parole che mi dirà a breve.
-Significa che ti devi sposare, Soleil.-
"Oh, grazie tante." Vorrei rispondergli ironicamente, ma non è per niente una buona idea.
-Devo ancora terminare la quinta superiore.- cerco di ricordagli, esprimendo silenziosamente il mio desiderio di completare gli studi.
So di non potermi sottrarre al mio destino, sapevo che, prima o poi, sarebbe arrivato questo giorno, ma non si è mai davvero pronti a ricevere questa notizia. Faccio parte della mafia, so come funzionino le regole, ma pretendo, almeno, di arrivare al diploma.
Papà sbuffa e mi liquida con un cenno della mano. -Sei una donna, non ti serve a nulla lo studio. Ci penserà tuo marito a te.-
Un moto di rabbia folle mi fa ribollire il sangue. Odio il modo primitivo e maschilista in cui pensa mio padre, odio il fatto che la donna venga considerata così inutile e di poco conto all'interno della mafia ed odio il mondo di cui faccio parte.

Stringo i pugni talmente forte da farmi diventare le nocche bianche.
Sto per aprire bocca, ma lui mi precede. -Dovrai occuparti della casa, di dare un erede al tuo uomo e di badare alla tua famiglia. Questo è il vostro compito.- il suo tono schifato mi ferisce al punto d'arrivare al farmi trattenere le lacrime.

Un leggero bussare ci interrompe e, dopo il permesso di entrare da parte di papà, un bambino dai folti capelli ricci e mori entra nella stanza.
Gli occhi di mio padre si illuminano e Nicholas, mio fratello, lo guarda con sguardo pieno di ammirazione. -Lo ho steso, papà! Ho steso il mio allenatore al suolo.- si vanta, facendo riferimento al duro allentamento che nostro padre gli ha fatto iniziare.
"Solo il meglio per il mio futuro erede." dice sempre, lodando suo figlio davanti agli altri esponenti mafiosi.
-Bravo, figliolo, continua così e, nel giro di qualche anno, sarai un uomo d'onore rispettato e temuto da tutti.- si complimenta lui.
Mio fratello annuisce compiaciuto e ritorna verso la porta, stampandosi in volto una maschera apatica degna di un vero capo.
Ha soli otto anni, ma a volte mi fa paura.

Uniti dal destino (Mafia romance)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora