36. Una grossa valanga di me**a

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IAN

-Sto andando all'auto.- cammino svelto, col telefono fermo vicino al volto.

-Perché diavolo non rispondi al telefono Woods?!- Mitchell urla dall'altro capo del cellulare ed io vorrei cavarmi le orecchie perché la sua è l'ultima voce che vorrei sentire adesso.

-Dovevo pisciare! E comunque ti ho detto che sto già andando a prendere quei fottuti soldi.- mi agito, perché non ho voglia di altre rotture di coglioni.

-Si, certo. Muoviti.- stacco bruscamente la chiamata.

La mia testa è un uragano di pensieri, so che da un momento all'altro succederà il finimondo ma io devo trovare un modo, devo escogitare un piano, devo riuscire a vincere perché nessuno dei miei amici morirà.

Quasi un anno fa eravamo dei perfetti sconosciuti, ognuno con la sua vita, la sua traiettoria, due ragazzi spietati e disillusi e due ragazze accomunate dal dolore del passato. Niente di più e niente di meno. Adesso è cambiato tutto, adesso abbiamo qualcosa da perdere, qualcuno in cui credere.

Adesso persino la rossa è diventata una mia priorità.

Arrivo al banalissimo Range di Mitchell, apro la portiera senza troppe difficoltà, perché l'auto è già aperta, non c'è nessuna sicura. E sono convinto che anche questo faccia parte del suo subdolo piano.

Vedo il borsone proprio sul sedile del passeggero. E' chiuso, ma io non sono ancora diventato così rammollito e quindi avvicino il mio orecchio alla cerniera. Potrebbe esserci una bomba per quanto mi riguarda.

Ma la mia vita non deve terminare qui a quanto pare, perché non percepisco nessun ticchettio o strano rumore di ingranaggi, quindi lo apro.

Banconote. Davvero tante, tante banconote.

Per un secondo penso che sia il caso di tornare indietro, recuperare gli altri e filarmela ma devo giungere alla fine di questa storia. Non posso fare il codardo proprio adesso.

Richiudo il borsone e lo carico sulla mia spalla. Con la mano libera sbatto la portiera di quest'auto veramente orribile e invio un pollice in su a Mitchell, avvisandolo per aver recuperato questi soldi del cazzo.

Lui non risponde, si limita a reagire al messaggio con un cuore.

Un cuore, capito?

È evidente che si stia divertendo, lo stronzo.

-Fanculo.- impreco.

Cammino per la strada con un borsone pieno di soldi, saranno almeno mezzo milione. Mi chiedo se siano quelli del carico, visto come si è evoluta la situazione.

Risalgo sulla chat con Mitchell e recupero le coordinate che mi ha inviato.

Nemmeno le guardo, aumento il passo finché non arrivo alla mia auto. Scaravento il borsone sui sedili posteriori e imposto le coordinate sul GPS prima di mettermi alla guida e imboccare le ampie strade di Bal Harbour.

Ho un pensiero che mi martella il cervello da giorni. Potrebbe essere, come spero che sia, un gigantesco e terrificante film mentale che mi sto creando da solo. Oppure potrebbe essere una di quelle terribili sensazioni che mi si piazzano alla bocca dello stomaco e che, in un modo o nell'altro, hanno sempre ragione.

Ripenso a Cloe, alle possibilità che ho avuto per portarla via da qui, infinite a dirla tutta, e mi maledico per non averlo fatto. Ho lasciato che crescesse ad Overtown, tra i tossici e le puttane.

Colpisco più volte il volante, eccessivamente furioso con me stesso per essere stato un orribile idiota egoista.

-Cazzo. Cazzo. Cazzo.-

High-over the limits.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora