27. Infiltrati

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IAN

-Andiamo, vi accompagno al Riviera.- sono le sette del mattino ed io avrò dormito si e no per quindici minuti. Non lo definirei nemmeno dormire, più che altro ho chiuso gli occhi sperando di riuscire a non pensare agli ultimi eventi.

Ho svegliato mia sorella e ho fatto in modo che prendesse l'autobus sotto casa di Alex per arrivare a scuola. Le auguro il meglio, voglio che finisca gli studi e che non sappia mai cosa si prova a temere per la propria incolumità.

Artem vuole darci un passaggio ma Alexandra non è molto d'accordo con lui e quindi stanno litigando da circa dieci minuti.

-Mi serve la mia macchina, idiota. Come torno a casa dopo?- nemmeno lei ha chiuso occhio, eppure il suo aspetto è impeccabile, sembra un angelo anche se lei non ha niente a che vedere con gli angeli.

-Non te ne andrai in giro da sola ragazzina.- Artem non la guarda nemmeno, è totalmente concentrato nella preparazione del suo spinello mattutino. Non importa che siano solo sette, lui è così.

-Mi hai presa per un'adolescente indifesa per caso? E poi chi ti conosce Artem, perché diavolo ti preoccupi per me.- Alexandra gesticola animatamente, siamo un po' tutti su di giri e si respira una tensione asfissiante.

Io me ne resto appoggiato al tavolo della cucina, con la mia sigaretta fra le labbra aspettando che questo teatrino abbia fine.

Odio le persone che urlano, io non lo faccio mai, preferisco rispondere coi silenzi, o al massimo con estrema calma per confondere l'avversario. Urlare non serve a niente e questa mattina, soprattutto, non riesco a sopportare niente che non sia il silenzio.

-Ehi palla da bowling sto parlando con te!- sento Tia ridere per il soprannome che Alex ha dato al mio amico riferendosi alla sua testa pelata e anche a me, stavolta, scappa un sorriso, ma non lo diremo a nessuno.

Finalmente Artem lecca la cartina e chiude la canna, prima di alzarsi dal divano e avvicinarsi ad Alex.

-Ascoltami bene, tomb rider, non me ne frega un cazzo di te solo che siamo tutti e quattro nella merda fino al collo e come si dice? Il nemico del mio nemico è mio amico. Perciò se devo frantumarmi i coglioni e accompagnarti a lavoro lo farò.- Alexandra sembra una bambina rispetto a lui, lei è minuta e...bassa, Artem invece è un cazzo di armadio a sei ante di acciaio.

-Ian puoi dirgli qualcosa?- la dottoressa si gira verso di me, cercando il mio aiuto con lo sguardo ma io scuoto la testa.

-Ha ragione lui, non possiamo rischiare.- Alexandra spalanca la bocca in un'espressione scioccata.

-Ma per chi diavolo mi avete presa? Sono Alexandra Riviera cazzo! Posso farvi ingoiare le palle e farvele ricacciare dal culo! Non mi servono i bodyguard.- sorrido, perché so che è vero ma non è questo il punto.

Artem sta per risponderle ma il rombo assordante di un motore ci fa voltare verso la porta. Sembriamo dei cazzo di ricercati.

Io e il mio unico amico ci guardiamo negli occhi per una frazione di secondo, entrambi riconoscendo il rumore della moto di Mitchell.

-Siete tutti armati?- sussurro abbastanza forte da farmi sentire dagli altri tre.

Alex caccia due pistole dalle fondine posizionate dietro la schiena, Artem e Tia si limitano ad annuire. Non muovo un muscolo quando la porta viene colpita ripetutamente.

-Aprite.- la voce ossuta di Mitchell riecheggia nella casa, nonostante lui sia fuori.

Alexandra si avvicina all'entrata.

High-over the limits.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora