12. Brutto stronzo figlio di puttana

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ALEX

Mi guardo per l'ultima volta allo specchio, indosso un semplice tubino nero e un paio di tacchi non troppo alti. Non ho voluto strafare con nulla, anche per quanto riguarda il trucco ho solo applicato del semplice mascara e del burro cacao per idratare le mie labbra mentre ho lasciato i capelli sciolti come mio solito.

Indosso la mia giacca e con riluttanza esco dal vialetto di casa mia, dove un'Audi messa a lucido mi aspetta.

-Sei molto bella.- afferma Ryan quando entro in auto.

-Niente complimenti, sono qui solo perché abbiamo un patto ed io mantengo la mia parola.- esclamo fredda.

Sarà una lunghissima serata.

Per tutto il tragitto nessuno dei due emette suono, tengo il mio sguardo fuori dal finestrino mentre Ryan di tanto in tanto mi rivolge qualche occhiata fugace.

Non è brutto, anzi è un bell'uomo ma è così ignorante e disgustoso che non potrei mai pensare di avere alcun tipo di rapporto con lui.

Arrivati al ristorante il mio amministratore pronuncia il suo cognome all'entrata e un cameriere ci scorta al nostro tavolo. L'ambiente non è per nulla accogliente. Tutto emana il concetto di sfarzo e lusso eccessivo. Le mattonelle, i lampadari, i tavoli e persino le sedie sono troppo per me.

Probabilmente qualsiasi donna vorrebbe essere al mio posto ma io, invece, preferirei mille volte uno squallido fast food con una birra fresca a tutto questo.

-Faccio io.- dico, quando Ryan cerca di spostare la mia sedia per farmici sedere. Odio questa roba, la galanteria è sopravvalutata, l'ennesimo elemento che influisce sulle differenze di genere. Perché mai dovrei aver bisogno di un uomo per aprire la portiera dell'auto o per spostare una dannata sedia e sedermi? Ho troppo amor proprio per poter permettere ad un essere umano di sesso maschile di fare le cose al mio posto.

Lui annuisce e prende posto a sua volta.

-Stasera non si parla di lavoro. Voglio conoscerti.- alzo un sopracciglio.

-Sai tutto di me, Ryan, non ho niente da dirti.- gioco con una delle forchette e non riesco a capire quale servi a cosa. Sono cresciuta con due uomini, uno non era mai in casa e se c'era era ubriaco e folle, l'altro non sapeva nemmeno apparecchiare la tavola, perciò se c'era una sola forchetta era un vero miracolo.

Sorrido impercettibilmente al ricordo di me e Cameron in cucina.

-Non parlo del tuo passato. Intendo che voglio sapere cosa ti piace, quali sono i tuoi hobby, i tuoi interessi...cose del genere.- Sorride a disagio e il fatto che questo dipenda da me fa fare una piroette al mio ego. Non lo sopporto, non riesco proprio a digerirlo e ogni volta che posso metterlo in una posizione scomoda ottengo una piccola vittoria.

-Mi piacciono le auto, il sesso, la psicologia e tutti coloro che non mi rompono le palle.- cerco di essere il più distaccata possibile, alludendo al fatto che le mie ultime parole sono riferite a lui.

-Perché non mi dai una chance, Alex?- mi chiede quasi disperato.

Non riesco a rispondere perché un cameriere viene a chiedere le ordinazioni. Ryan ordina due bistecche al sangue e lui va via.

-Quindi? Ti faccio così schifo?- aggrotto la fronte.

-Ryan, mi fai proprio venire voglia di ammazzarmi e mi ricordi in modo estremo mio padre.- 

-Tuo padre era un grande uomo.- rido sarcastica.

-Certo, con te forse.- tiro su col naso.

-Con te non lo era per via delle tue abitudini, delle persone con cui uscivi e delle cose che facevi.- mi versa del vino.

High-over the limits.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora