21. Col diavolo in paradiso

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*Capitolo con contenuti erotici nella prima parte, i sensibili vadano pure avanti*


ALEX

Ian stringe la presa sui miei glutei facendomi, ancora una volta, emettere un leggero fremito.

Le nostre bocche si incontrano, lottano e si mordono tra il sapore del gin e uno strano odore di lavanda, non c'è niente di dolce, romantico o sdolcinato, è tutto un vortice di passione, fame dell'altro, la mia pelle che per la prima volta incontra la sua, mani che toccano, corpi che strusciano, adrenalina, veemenza, desiderio e ossessione.

Ian si avventa su di me ancora e ancora, come se stesse aspettando questo momento da troppo tempo, come se sapesse che mi sta portando in cima al mondo... con un solo bacio.

Quanta potenza può esserci in un solo bacio.

Si stacca per un secondo e scaraventa le sue iridi colorate di mare nelle mie diventate miele.

-Chi diavolo sei tu?- mi chiede poi, senza staccare gli occhi dai miei, senza lasciare la presa sulle mie cosce.

Gli sorrido e allaccio di più le mani intorno al suo collo.

-Posso essere tutte le persone che vuoi, Ian.- glielo sussurro, come se stessi raccontando il mio segreto più grande.

Lui mi mette giù, torno con i piedi per terra e quando allontana le sue mani dal mio corpo una sensazione di vuoto mi assale improvvisamente.

Non riesco a dire nient'altro perché Ian mi afferra una mano e mi trascina via. Mi tira come aveva fatto poco prima per uscire dalla villa, solo che adesso la direzione che prende è la sua auto.

-Sali- mi dice solo questo e forse il suo tono severo e risoluto mi spinge ad obbedire, senza obiezioni.

Salgo nella sua macchina (una gran bella macchina) e per tutto il tragitto non ci diciamo niente.

Non ci diciamo niente con la voce perché intanto i nostri occhi si scrutano a vicenda, le sue mani stringono la mia coscia, la accarezzano senza nessuna dolcezza, salgono e scendono e più di una volta mi ritrovo a dover stringere le gambe per il desiderio che aumenta nel mio basso ventre.

Ian si ferma di fronte ad una villetta a schiera, niente di eccezionale o pacchiano, molto simile alla mia. Non mi sono nemmeno resa conto del fatto che siamo arrivati nella sua zona, tra la sua gente.

-Scendi- anche stavolta il suo tono non ammette repliche ed io non ho intenzione di replicare.

Lo seguo all'interno e riesco solo a capire che siamo a casa sua, non riesco a vedere altro perché Ian chiude di scatto la porta e mi ci spinge contro.

Il contatto con il legno duro e freddo sulla mia schiena fa contrasto con il suo petto caldo e morbido che adesso si scontra col mio. La droga nel mio corpo mi fa sentire come se stessi camminando sulle nuvole ma i baci che Ian lascia sul mio collo mi fanno cadere in picchiata, senza preavviso.

-Sono le quattro del mattino, principessa, tra sole due ore devo tornare nel tuo castello- Ian stringe i miei fianchi e torna a guardarmi negli occhi.

-Che ci facciamo qui, allora?- gli chiedo, come se non lo sapessi, come se non conoscessi le sue intenzioni che poi sono uguali alle mie.

Non me ne frega più niente, non importa se lui è un mio paziente, non importa se potremmo essere potenziali nemici, non mi importa se mi sto comportando come anni fa, come se non avessi vissuto gli ultimi quattro anni a prendermi cura di me stessa.

-Allora, ho intenzione di usare queste due ore per farti urlare, Alexandra, perché non so quando sarò di nuovo qui fuori, non so quando potrò di nuovo toccarti senza un secondino dietro la porta a controllarmi, quando potrò sentire il tuo corpo bollente sotto il mio tocco e non so quando ancora potrò vedere la persona che sei stasera. Perciò non ho nessuna voglia di sprecare un solo minuto, stanotte sei mia, principessa, mia e di nessun altro.- boccheggio, sbatto le ciglia più volte colta alla sprovvista dalle sue parole, dolci e minacciose allo stesso tempo.

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