Epilogo.

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San Diego, cinque anni dopo...


C'è stato un momento in cui ho creduto che sarei morto.
Che saremmo morti tutti.


Il fruscio del mare riempie i miei timpani.
Viviamo in questa città da anni ormai e ancora non ci faccio l'abitudine.

Qui si sente solo questo, il suono delle onde che si infrangono sulla battigia, il garrito incessante dei gabbiani che riempiono la spiaggia e il respiro della mia donna, al mio fianco ogni mattina.

Mi volto verso di lei, nuda nel nostro letto foderato di lino. Alla fine abbiamo scelto San Diego, è stata Alex a deciderlo, diceva che la Polinesia era un posto troppo isolato per quelli come noi, che vivono sempre a cento all'ora.

Ho ereditato un fottio di soldi, dopo la morte di Adam, eppure a lei è bastato un bungalow sulla spiaggia.
Sia chiaro, sono io a chiamarlo in questo modo, in realtà è una modesta villetta con accesso privato. Alex diceva che non c'era bisogno di strafare e che questo sarebbe bastato.

Aveva ragione.

-Ehi, bello.- accarezzo Rox, il nostro cane, che scodinzola ai miei piedi.
È l'ora della sua passeggiata mattutina e lui viene sempre a ricordarmelo, sia mai che dovessi dimenticarmene.

Rox è un pastore tedesco, ci ha trovati due anni fa circa. Gironzolava per il bagnasciuga, deperito e denutrito. È stata Alex a dargli da mangiare per prima e così lui non è mai più andato via.
Adesso sta bene, più che bene in realtà, questo diavolo di cane è diventato il padrone di casa, mangia persino meglio di me.

-Ian...- la osservo incantato mentre apre gli occhi lentamente, per poi stiracchiarsi tra le lenzuola ed emettere i suoi strani mugolii mattutini.
Alla fine lei e Rox si somigliano pure.

-Buongiorno, principessa.- non ho mai smesso di chiamarla così.

Si mette seduta sul letto, mi sorride e allunga un braccio invitandomi a passarle la canna che ho tra le dita.
Alzo gli occhi al cielo divertito per poi fare esattamente ciò che mi ha chiesto.

Asseconderei ogni suo desiderio.

Mi tira per il collo per stamparmi un sonoro e dolce bacio sulle labbra.

-Non dovresti essere in officina?- giusto, l'officina.

Lasciate che vi spieghi.

Sono stato in coma per circa sei mesi dopo che Mitchell mi ha sparato. Il proiettile è finito a pochi millimetri dal cuore e nessun chirurgo ha mai avuto il coraggio di tirarlo fuori.

È ancora lì, infatti. Già, vivo con un proiettile ficcato nel petto.
Non è pericoloso, me ne sono assicurato. La logica è che si fonde col corpo, c'è un sacco di gente che ne ha uno tutto suo.

Alex dice che sono come un esperimento di robotica, adesso.

Comunque, il proiettile sta bene, ogni tanto ci parlo e lui mi assicura che non ci saranno rotture di cazzo, siamo migliori amici adesso.

Tornando a noi, sei mesi in coma, mi spacciavano per morto, finché poi, due giorni dopo l'inizio dell'anno nuovo mi sono svegliato da solo. Gli altri non ci credevano, è stato abbastanza esilarante.

Le cose sono andate meglio. Mitchell e Paul sono stati dichiarati colpevoli di almeno dieci capi d'accusa diversi. Io ho usato i loro avvocati per non fare la stessa fine e cavarmela con qualche mese di lavori civili.

Io, Alex, Tia e Artem ci siamo trasferiti a San Diego. Artem e Tia vivono in centro, il mio amico odia il mare a dirla tutta e vivere fuori città non era un'opzione per lui. E questo ci conduce all'autofficina.

High-over the limits.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora