24. L'odio è un sentimento forte

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IAN

Sto fumando la mia quinta sigaretta in un angolo della 3rd Avenue in attesa che arrivino Mitchell ed Artem. Sono esattamente le 09:30 del mattino, sono uscito dal Riviera Center circa un'ora fa e non ho tempo da perdere, perciò ho immediatamente chiamato il mio capo.

Il carico dalla Colombia arriva domani sera ed io devo cercare di intralciare in ogni modo possibile i piani dei Ravens.

Alexandra mi ha concesso un permesso con troppa nonchalance e la cosa, devo dire, all'inizio mi è sembrata sospetta, ma visto il suo ultimo discorso voglio credere che sia stata solo alquanto magnanima.

Una BMW i4 blu elettrica inchioda ai miei piedi.

-Ecco il forestiero!- Artem alza un braccio dal finestrino, io butto la mia sigaretta ormai finita ed entro in auto.

-Allora? Qual è il tuo piano?- Mitchell è serio, sa che non ho intenzioni del tutto positive.

-Voglio vedere Jace.- il mio tono non ammette repliche ma, nonostante ciò, Artem si gira di scatto verso i sedili posteriori.

-Non mi sembra il caso Ian, è in ospedale gli sbirri potrebbero ascoltare o...vedere.- si passa velocemente una mano sulla testa rasata, è palesemente preoccupato per me.

-Artem, ho bisogno di vedere quel bastardo di Jace.- e questa è l'ultima frase che viene pronunciata nell'abitacolo finché non arriviamo in ospedale.

Artem e Mitchell restano in auto, io invece, dopo aver mentito sulla mia parentela col paziente, riesco a trovare la sua stanza. Jace è ricoperto di garze e un lungo tubo gli fuoriesce dal naso per poi finire in una di quelle sacche che contengono liquidi trasparenti con chissà quale schifezza chimica all'interno.

E' sveglio e quando avverte la mia presenza apre la bocca per urlare.

-Infermie...- non gli lascio finire la frase perché mi avvicino rapidamente a lui e gli metto una mano sulle labbra per zittirlo.

-Fai solo un altro fiato e ti giuro, Holland, finisci dritto al cimitero.- il mio tono di voce è basso e intimidatorio e capisco di averlo convinto quando spalanca gli occhi e annuisce energicamente.

Molto lentamente tolgo la mano e lo lascio respirare, prendo una delle sedie malandate della stanza e mi sedio accanto al suo letto, con un braccio appoggiato su di esso.

-Bene, adesso io e te ci facciamo una chiacchierata mh?-

-Non ho niente da dirti Woods.- mi risponde seccato.

-Io, invece, credo che tu sappia troppe cose Jace, cose che non hai voluto riferire. E, devi sapere, che a me non piacciono né le spie né i bugiardi, quindi questa accoppiata che incarna la tua persona in questo momento è a rischio esistenza.- lo minaccio, sperando di smuovere in lui qualcosa.

-Tutto quello che sapevo l'ho già detto a Mitchell. Cazzo! Paul mi ha ridotto in questo stato come potrei sapere altro? Sono chiuso qui dentro da settimane, fratello.- rido.

-Non sono tuo fratello, Jace, e stai ancora dicendo stronzate sto perdendo la pazienza.- stringo i pugni e irrigidisco la mascella per evitare di ucciderlo sul serio.

Lui alza gli occhi al cielo. –Ti ho già detto che non so niente Ian, perché dovrei mentirti?- sono stanco delle sue bugie.

Mi alzo con una velocità quasi sovraumana, tanto da far cadere la sedia, e gli pianto una mano al collo stringendo la presa.

-Se non me lo dici con le buone, Jace, lo saprò con le cattive. Voglio conoscere i piani di Paul- Jace boccheggia, gli manca chiaramente l'aria, stringo di più perché ho bisogno che parli e lui, d'istinto, porta una mano sulla mia, cercando di trovare un po' di sollievo.

High-over the limits.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora