★terza sezione: il fidanzato

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1:il fidanzato

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1:il fidanzato

;because my love,
is mine all mine.

mai credetti alla veridicità del concetto oraziano del carpe diem, che studiai alle superiori, tanto quanto feci il giorno in cui mi resi conto che avrei effettivamente dovuto cogliere quel maledetto attimo, quando avevo avuto l'opportunità di farlo, quella notte.

perché poi procrastinai, evitai di dare voce ai miei sentimenti e li sottacqui con estrema facilità, troppo spaventato per ammettere di provare qualcosa, eppure non avevo mai avuto paura di niente, prima di quel momento. così passarono un paio di mesi, e mano a mano che cancellavamo le giornate dal calendario, mi rendevo conto che il tempo non mi avrebbe portato quel conforto di cui avevo bisogno, piuttosto, avrebbe lasciato marcire tutto, e avrebbe fatto sì che colui che avevo scoperto essere l'amore della mia vita, mi venisse sottratto da sotto il naso. certo, la colpa non è poi tanto del tempo, gli orologi fanno solo il loro sporco, infimo lavoro, e le lancette li seguono devote.

mi convinsi, tuttavia, che le cose stessero andando a gonfie vele. non avevo idea di come fosse la vita di coppia, mai l'avevo sperimentata neppure nella mia stessa casa, ma ero certo fosse simile alla mia quotidianità con felix. guardavamo la televisione sotto una stessa, morbida coperta e quando faceva freddo ci stringevamo l'uno all'altro, lo guardavo cucinare, canticchiavamo assieme mentre lavavo i piatti, e speravo sempre si addormentasse sul divano, così da potermi assopire al suo fianco senza che risultasse bizzarro, e lo stringevo tra le braccia. perciò non avevo alcuna fretta, di dichiararmi.

m'illudevo che nulla sarebbe cambiato, che saremmo sempre rimasti solo noi due, fino al giorno in cui la vita stessa non assunse la crudele forma di un bel ventiquattrenne, e mi diede una sberla morale, riportandomi bruscamente alla realtà.

felix invitò a cena il suo fidanzato in un tiepido martedì sera di metà luglio, e fu come lo squarcio di un fulmine a ciel sereno, nulla avrebbe potuto prepararmi ad una simile tempesta. il mio migliore amico non era ancora rincasato, quando alle sette sentii il trillo del campanello dalla mia camera da letto, e mi affrettai ad aprire la porta con un sorriso che svanì, resomi conto che il ragazzo dinanzi a me non fosse lui, bensì uno sconosciuto.
«posso aiutarti?» mi ritrovai quindi a sospirare, leggermente deluso, ignaro di quanto lo sarei stato quando l'avrei sentito parlare, poi.
era più alto di me, i suoi capelli erano crespi e tinti di un arancione mandarino, ma ciò che maggiormente mi colpì furono i suoi eccentrici abiti. indossava il paio di pantaloni più strappati che avessi mai visto in tutta la mia vita, erano ridotti a brandelli, come fosse appena stato aggredito da un branco di animali selvatici, sorretti da una cinta nera decorata da qualche borchia, e gli copriva il busto una maglia nera, forata. mi chiesi se nel suo armadio, ci fosse stato qualche indumento integro.

lui si leccò le labbra asciutte, distese in un broncio, e lanciò un'occhiata oltre la mia spalla, alla ricerca di qualcosa, qualcuno.
«sono yeonjun, felix non c'è?» biascicò, portandosi una mano al fianco mentre ciancicava con disinvoltura e sguardo assente una gomma da masticare alla fragola. mi accigliai, il suo era un nome tanto irrilevante quanto per me lo era la sua stessa persona, e scossi la testa, turbato.
«come mai cerchi felix?» domandai.
non sembrò infastidito dal mio tono di voce, ma francamente, non parve neppure accorgersi di non essere stato il benvenuto, e continuò a dondolarsi su se stesso, gonfiando le guance con aria annoiata. poi sorrise, voltandosi in direzione del corridoio, quando riconobbe felix camminare verso il nostro appartamento, ed io mi affacciai per accoglierlo con un'alzata di sopracciglia, ben poco ospitale.

«ciao, scricciolo.» lo chiamò yeonjun, adagiandosi allo stipite per torreggiare sulla figura minuta del mio coinquilino, che arrossì.
ricordo che mai parola suonò alle mie orecchie più ridicola di quella: scricciolo, la detestai, e la ripetei tra me e me per assicurarmi che il problema non fosse stato la voce nasale dello scappato di casa davanti a me, bensì la parola stessa, e fu proprio così. era semplicemente ridicola, mi ritrovai a ripensarci spesso, non solo in quell'occasione.
«non sapevo aspettassimo ospiti.» dissi, e diedi buona la qualunque, tutto pur di non abbandonarmi all'idea che quel ragazzo sarebbe potuto essere il fidanzato del mio felix. un lontano cugino che non avevo mai avuto il piacere di incontrare, un maniaco conosciuto in un locale che gli dava la caccia, ma con cui lui non avrebbe mai voluto avere niente a che fare, oppure uno strozzino. tutto era meglio della possibilità più plausibile.

felix tossicchiò, annuendo con imbarazzo, e sospirò prima di ancorare saldamente il suo sguardo al mio, come avesse voluto darmi la peggiore delle notizie. per me lo fu, ma non capii come mai sembrasse esserne consapevole.
«giusto, non vi conoscete. yeonjun, lui è hyunjin, il mio migliore amico, nonché coinquilino.» mi presentò, e seguì le sue parole una prima fitta al cuore, la seconda fu ancor più lancinante. se qualcuno mi avesse avvisato, mi sarei tappato le orecchie e avrei urlato a squarciagola, per coprirne l'orrido suono.
«e hyunjin, lui è yeonjun, il mio fidanzato.»

sudai freddo, sentii il cuore battere forte, farsi pesante e bussare aggressivamente contro la mia stessa gabbia toracica, ed un vuoto allo stomaco prese dolorosamente ad attanagliarmi, tanto che per un istante credetti di star avendo un vero e proprio attacco cardiaco. e magari fossi morto, quella sera, sarebbe stato meno drammatico che sedermi a tavola con choi yeonjun, in assoluto al primo posto nella lista delle persone che in quell'anno, avrei voluto spedire su marte. fu felix a proporre di cenare assieme, nonostante l'imbarazzo che aleggiava nell'aria, e il fatto che avessero avuto altri piani per la serata. yeonjun parlò, parlò e parlò ancora, e non si tacque neppure per un secondo, accompagnato dal suo largo sorriso.

c'erano più spinaci incastrati trai suoi denti che nei rebbi della forchetta, stretta nella mano destra, e mi raccontò orgogliosamente di sé, mi disse tutto quello che riteneva avessi avuto bisogno di sapere sul suo conto. era uno dei cantanti del gruppo al secondo piano, suonava la chitarra, scriveva le loro canzoni e spesso si esibivano in piccoli locali. inoltre, il furgoncino era suo, aveva accompagnato lui felix ad acquistare il divano qualche mese prima, così si erano conosciuti, e desiderai infilzare le mie carni con il coltello del pane. dopo un po', smisi di ascoltarlo, ed il mio sguardo si perse nel vuoto, mi dissociai dalla realtà per la mia stessa incolumità.

mi persi in un mare di pensieri: mi chiesi perché avesse scelto lui, come avessi potuto essere tanto sciocco da illudermi che la nostra situazione sarebbe rimasta invariata, tanto ingenuo da credere che nessuno avrebbe osato avvicinarsi al mio migliore amico, libero dalle dolci catene di una coppia. come aveva potuto quel pensiero anche solo sfiorarmi la mente? lui era come un faro acceso nella notte più buia, era ovvio che prima o poi, qualcuno avrebbe tentato di tenerlo per sé. nessuno ci era riuscito, prima di quel musicista da strapazzo, nessuno era stato degno di conquistare il suo ambito cuore.

quando se ne andò, io e felix non ci rivolgemmo la parola. lui mi riservò uno sguardo pietoso, come fossi stato un cane zuppo, in autostrada, sotto la pioggia, ed io non riuscii a dire niente. piuttosto, finsi un sorriso, che alimentò maggiormente il suo compatimento, e quando notai fosse sul punto di aprire bocca, gli diedi la buonanotte, in fretta e furia, più furia che fretta, e corsi in camera mia.

come fossi stato uno scultore, scolpii una maschera e la dipinsi d'imperturbabilità, pronto ad indossarla il mattino che seguì, ed i giorni a venire, fin quando anch'essa, non si ruppe.

𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora