★pre-sezione: l'agente immobiliare

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1: l'agente immobiliare

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1: l'agente immobiliare.

;anyway, don't be
a stranger.

il cadenzato ticchettio delle metalliche lancette dell'orologio a muro riecheggia solitario, nell'angosciante silenzio in cui siamo inevitabilmente piombati.

il mio consulente immobiliare è un signorotto perennemente incravattato, un uomo buffo a primo impatto; nasconde la sua calvizie sotto un dozzinale parrucchino brunastro, in forte contrasto con la sua obsoleta e oramai brizzolata barba alla balbo, di cui, però, va molto orgoglioso. trangugia litri di caffellatte schiumato da una tazza vermiglia, e puntualmente, i suoi folti mustacchi vi si macchiano. spesso, passano decine di minuti prima che se ne accorga.

non nutre simpatia nei miei confronti, tanto che evita di incrociare il mio sguardo, pietoso. i suoi verdognoli occhi vitrei si dedicano esclusivamente, e con meticolosa attenzione, all'ingente quantità di documenti che ricopre la sua scrivania, assieme ad un'accozzaglia di cianfrusaglie di vario tipo. la luce del suo vecchio portatile, acceso su una pagina in cui sono riportati i miei dati personali, si riflette nelle sottili lenti dei suoi occhiali da vista, neri. il suo studio, per quanto trasandato, profuma di detergente al limone, di pulito, impeccabile.

lo sento borbottare, sbuffare, ansimare e mugugnare insoddisfatto. dopodiché, afferra le aste della la sua montatura a farfalla, spogliando così il suo pallido volto, corrucciato.
«sarò schietto, signor hwang.» è il suo brusco esordio, mentre un principio di paternale gli pizzica la lingua, e intreccia le mani l'una nell'altra. io deglutisco, e annuendo, mi abbandono remissivo alla predica che sta per investirmi come un furgone in autostrada.
«la sua situazione finanziaria è quella che, nel settore, definiamo un vicolo cieco.» aggiunge, raggruppando alcuni dei fogli ancora caldi di stampa in un'unica, pericolosamente alta colonna, che allunga con disdegno nella mia direzione.

il mio nome, il mio conto corrente, la mia attuale occupazione e le mie aspettative finanziarie per gli anni a venire. mi mordo il labbro, ma non dico niente, non mi rifugio in qualche battuta sarcastica circa il nostro sistema economico, non cerco giustificazioni. la carta parla da sé.
«lei non ha i requisiti, non ha risparmi, né uno stipendio stabile che potrebbe garantire la copertura sui primi mesi d'affitto. parliamoci chiaro, non sarebbe neppure in grado di pagare le tariffe per i nostri servizi.» bofonchia, sprezzante e superbo, come se la sua non fosse l'agenzia immobiliare più economica dell'intera città, al terzo piano di una palazzina imbrattata di graffiti sul ciglio della periferia. il mio mutismo lo indispone, e spazientito, schiocca le dita a pochi centimetri dal mio naso, facendomi sobbalzare. mi fa cenno di restare concentrato.

«è proprio sicuro, di non avere garanti? per una fideussione, chiaramente. dei genitori, dei parenti, degli amici.» mi domanda, sospirando estenuato, la conversazione pare stremarlo, oggi più che mai. scuoto la testa, a denti stretti.
«no, nessuno.» ammetto, immediatamente sulla difensiva. lui arriccia il naso, alzando le mani, e mi chiedo quanto patetico possa apparire ai suoi occhi. un ventitreenne solo, sulla soglia dello sfratto, un poveraccio con i pantaloni slavati e costellati da piccole chiazze di caffè, che non può neppure permettersi un detersivo decente per avviare una lavatrice per bene. un fallito, perfino ai suoi occhi.

non lo smuove un briciolo di compassione, se dovessi implodere su questa stessa sedia, e le mie interiora si spargessero sanguinolente sulle grigie mura dell'ufficio, non batterebbe ciglio, e proseguirebbe a parlare di affari. torna a sbuffare, sistemandosi il toupee sullo scalpo.
«lei lavora in una caffetteria.» constata, squadrandomi dall'alto verso il basso.
«sì.» gli rispondo, incrociando le braccia al petto, chiedendomi il perché della domanda. lo sa, è scritto a caratteri cubitali sulla mia scheda. hwang hyunjin, occupazione: barista.
«e c'è altro, che vorrebbe segnalare, da cui ricava o ricaverà guadagno?» con due dita prende a grattarsi il mento, graffiando l'ispida peluria che lo ricopre, ed io deglutisco.

«sto scrivendo un libro, e sono piuttosto fiducioso al riguardo. perciò, in futuro, magari.» confesso. noto il suo maldestro tentativo di soffocare una risata, e per quanto sgradevole, non lo biasimo. non ho esattamente l'aspetto di uno scrittore affidabile, né tantomeno quello dell'avido consumatore di libri che sono. spero non sfogli mai le mie pagine, non vorrei si montasse la testa, dopotutto, sto dedicandogli il primo capitolo. ma non parlerò più di lui, nossignore, che io sia dannato, piuttosto. tra l'altro, non basterebbe un'intera trilogia, per descrivere quel suo caratteraccio: non lo imbratterei col suo nome, tanto che neppure lo citerò, mantenendolo anonimo.
«le auguro buona fortuna. tuttavia, la prospettiva dei profitti di un romanzo non convincerà la banca a darle un prestito.» dichiara, gutturale.
non oso controbattere.

dopodiché, riprende silenzioso a lavorare, dividendosi goffamente tra la rumorosa tastiera del portatile, e i cartacei tra le mani. tento di allungare un occhio in direzione dello schermo, ma lui mi fulmina, e spegne tutto. che sgarbato.
«in vero, una soluzione al suo problema ci sarebbe, ma non è di competenza dell'agenzia.» barbuglia, schiarendosi la gola, e si guarda attorno con circospezione, come se dovesse confessare un grande segreto. io sollevo un sopracciglio, scettico.
«un coinquilino, di nuovo.»

e su queste note, lo ringrazio cordialmente del tempo sprecato, gli stringo la mano con decisione, recupero il mio malconcio zaino nero da terra e prendo a camminare a passo svelto verso la porta. lui lo sa, preferirei vivere tra i ratti nello scantinato della casa di mia madre, assieme al muschio sotto un ponte, o dormire su un cartone umido in mezzo alla strada, piuttosto che condividere nuovamente un appartamento con qualcuno che non sia lui.

mi sembrerebbe di fargli l'ennesimo torto.




𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora