★terza sezione: il fidanzato

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2:il fidanzato

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2:il fidanzato

;you look so nice,
i've been so cold.

l'ammontare delle conversazioni che nel corso della mia vita ebbi con il fidanzato di felix, si potrebbero tranquillamente contare sulle dita di una mano. vorrei poterlo biasimare, o dare la colpa all'esiguità delle occasioni presentatesi nelle quali avremmo potuto stringere un rapporto pressoché sano, ma mentirei, ed è un vizio dal quale sto cercando di allontanarmi.

yeonjun aveva preso l'abitudine di passare i suoi pomeriggi in casa nostra, spaparanzato sul nostro divano a strimpellare accordi per melodie che riteneva, prima o poi, lo avrebbero condotto verso una strada di successo e fama. e che andasse alla malora il giorno in cui furono inventate le corde delle chitarre, se quello ne era il risultato. una tortura per le mie povere orecchie, non tanto perché non fosse stato bravo, per quanto detestassi ammetterlo, aveva talento da vendere. la vera tortura erano i delicati applausi di felix, i suoi complimenti, il suo canticchiare angelicamente assieme a lui.

serbavo rancore, e nasconderlo non mi riuscì particolarmente bene, fu un po' come mettere un cerotto su una ferita, senza prima disinfettarla. ero diventato freddo, ero molto amareggiato e tutto il mondo mi parve grigio per giorni.

commisi il grave errore di mettermi in competizione con yeonjun, ma non fui subdolo come credetti. ero sempre sull'attenti, pronto ad intervenire qualora lui fosse stato impreparato, o a correggerlo dovunque sbagliasse, incastrandomi viscido trai suoi errori: se non riusciva a ricordare quali fossero i fiori preferiti del mio migliore amico, io uscivo per comperarne un mazzo e sistemarlo sul tavolino da caffè del soggiorno. tuttavia, c'erano momenti nei quali forse, avrei dovuto evitare di intromettermi.
«dai, fallo per me, per favore?» lo sentii, una notte d'agosto, adagiato contro il bancone della cucina come fosse stato il padrone di casa. teneva la testa piegata da un lato, implorante, le braccia conserte e le unghie laccate di nero scintillavano, contro la sua stessa pelle olivastra. felix, accanto a lui, sospirò e si mordicchiò il labbro inferiore, con incertezza.

non parvero accorgersi dei miei occhi indiscreti, nascosti nell'ombra del corridoio buio. non ero risorto dal mio pisolino per origliare la loro discussione, si era fatta ora di cena e avevo voglia di quegli involtini primavera che erano avanzati dall'ordine della sera prima.
«almeno dimmi che ci penserai?» continuò il più alto, sfiorandogli le nocche pallide. al che, il mio migliore amico parve sciogliersi, ed annuì.
«va bene, ma non ti prometto niente.» sospirò. yeonjun gli baciò la punta del naso, e resosi conto dell'ora fattasi, corse via, afferrando la custodia della chitarra lasciata all'ingresso per caricarsela in spalla e catapultarsi fuori dall'appartamento.

andatosene, emersi dal mio nascondiglio, e con discrezione raggiunsi il frigorifero. mi pizzicò le narici, la scia di colonia scadente che il suo fidanzato aveva lasciato, una nuvola appestante che odorava di bergamotto, e che purtroppo aveva coperto il delicato profumo di mandorla dei capelli di felix, che continuava ossessivamente ad inebriarmi. lui mi guardò, prese qualche respiro profondo, e si sistemò due ciocche dietro le orecchie, sbattendo le ciglia con aria lievemente turbata. quando afferrai la vaschetta in alluminio con gli avanzi gelidi, lui mi raggiunse, sfilandomela delicatamente dalle mani.
«lascia, faccio io.» mormorò, tirando su col naso, rosso, era sempre stato noncurante del caldo clima estivo. io protestai, ma con lui era, e sarebbe sempre stata una guerra persa.
«no, tranquillo.» provai a dire, e felix non sentì ragioni, stringendo saldamente il manico di una padella prima di posarla sul fuoco, basso.
«dai, siediti. lo faccio con piacere.» mi rincuorò.

le nostre conversazioni erano rimaste per lo più invariate dalla loro stucchevole ordinarietà, lui mi riempiva di domande, s'interessava a me come mai aveva fatto prima, quasi come avesse covato una sorta di dispiacere nei miei confronti, ed era proprio così. io, d'altro canto, ero l'insensibile dall'arido cuore che non aveva osato ficcare il naso nella sua vita privata, e mi resi conto, quella notte, che se avessi continuato in quella maniera, l'avrei solo allontanato.
«allora, come va con yeonjun?» mi ritrovai quindi a chiedergli, nonostante non avessi avuto la benché minima voglia di parlarne, e lui lo evinse, forse dal mio tono, o magari dal mio sguardo.
«non dobbiamo parlarne per forza.» sospirò, consapevole dell'astio che provavo nei suoi confronti, la cui causa, però, rimase per lui un mistero. momentaneamente, perlomeno.

ed io deglutii, ingoiando a fatica tutte quelle parole che avrei voluto rigurgitare come un fiume in piena, sentii la laringe bruciare, tanto mi ero fatto suggestionare dall'idea.
«no, mi interessa.» dissi, e tuttora, non saprei dire se fu o meno una bugia: non volevo saperne nulla, avrei preferito restare all'oscuro di tutti quei dolci dettagli sulla loro relazione ed il suo altrettanto fiabesco esordio. tuttavia, la mia gelosia era sempre andata di pari passo con la mia curiosità, ed entrambe mi stavano lentamente uccidendo, dovevo affievolirne perlomeno una. purtroppo, non c'era rimedio all'invidia che covavo nei confronti di yeonjun. stavano insieme da un mese, più o meno.

felix sembrò contento, ed il sorriso che fui in grado di scorgere su quel volto assonnato fu una mera consolazione. cominciò a scaldarmi la cena, girando gli involtini, che sfrigolarono a contatto con la superficie rovente.
«va tutto bene, è molto dolce. sai, la prossima settimana terranno un concerto in un locale, qui vicino.» m'informò, allungandosi verso un davanzale per raggiungere i piatti puliti.
«grandioso.» annuii, soffocando quella stessa sensazione di nausea con un grande boccone, che presi a masticare nonostante fosse stato ancora bollente, fumante sotto i miei occhi, e felix rise, passandomi un bicchiere d'acqua.
«sì, è grandioso, ma c'è un problema.»

lui si sedette, accanto a me, e tentai con tutte le mie forze di non perdermi nei suoi enormi occhi scuri, ma fu pressoché inutile. mi ritrovai a navigare, disperso, in quel mare nero.
«sarebbe?» mi sorpresi a domandare, senza neppure rendermene conto, eri scivolato nella ragnatela che le sue parole avevano abilmente tessuto, in un tono soave ed innocente.
«vedi, gli servirebbe un fotografo.» disse. lì smisi di mangiare, accompagnai le bacchette lungo il bordo del piatto e lasciai vi ci scontrassero, mentre le mie labbra, contorte in una smorfia, si sigillarono. non risposi, non verbalmente perlomeno, il mio sguardo parlava da sé, mi spensi come una candela, al soffiare del vento.

felix inarcò la schiena, la sua mano andò ad adagiarsi gentilmente contro il dorso della mia, carezzandomi con il pollice, di velluto.
«lo so, che non ti sta molto simpatico. ma questa è davvero una grande occasione per loro, e hanno bisogno di qualcuno che scatti delle belle fotografie.» continuò, il suo tono era supplichevole, morbido e delicato come una piuma, tipico della sua leggerezza. ed io, che ero sempre stato eccellente nel tirarmi fuori da situazioni nelle quali non desideravo essere coinvolto, non riuscii a trovare una scusa che reggesse, un motivo per risparmiarmelo.
«non lo so, felix. non sono quel tipo di fotografo.» ammisi, restio, e lui alzò le sopracciglia.
«ma che dici, sei il miglior fotografo dell'intero universo!» bubolò, da bravo adulatore qual era. non perdeva mai l'occasione di ricordarmi quanto amasse le mie fotografie, e quanto avrei dovuto, in futuro, aprire perfino una mia galleria.

caddero allora le prime difese, qualche altra moina e sarei crollato come un castello di sabbia all'abbattersi di un'onda, lui lo sapeva, eccome.
«per favore, hyunjin, ci divertiremo, te lo prometto! li ascolteremo suonare, tu farai qualche scatto ed il resto della serata lo passeremo insieme.» proseguì, sfiorandosi le labbra mano a mano che costruiva la sua pericolante pila di motivazioni per le quali avrei dovuto accettare. aggiunse che mi avrebbero pagato, seppur meno di un comune ingaggio di quel tipo, che mi sarebbe stato offerto un passaggio sia all'andata che al ritorno, ma nulla era allettante quanto quanto la sua promessa del passare la serata con me. cedetti, e non ne fui neppure sorpreso, debole com'ero.

recuperai le bacchette, e ripresi a mangiare.
«noi due?» domandai, sottovoce, e felix annuì con tanto vigore da far cadere sul tavolo una molletta nera, piccola, a forma di stella.
«certo, noi due.» sorrise, raggiante.
«va bene.» gli feci eco, e mi schioccò un bacio sulla guancia, prima di alzarsi di soprassalto e correre a chiamare il suo fidanzato, per aggiornarlo su quell'ottima notizia.

avrei voluto essere, per lui, un amico migliore di quanto mi rivelai, ed essere felice per i successi di una persona a lui tanto cara quando lo era yeonjun. purtroppo, non ci riuscii.

𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora