★prima sezione: la casa nuova

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3: la casa nuova

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3: la casa nuova

;to all the days,
we were together.

la colazione del mattino seguente fu piuttosto silenziosa. felix sorseggiava pigramente un po' di latte caldo dalla sua tazza autunnale preferita, una ceramica aranciognola regalatagli da una delle sue sorelle, ed io masticavo con sguardo assente i miei biscotti alle mandorle.

mi ero reso conto dell'errore commesso. avevo aiutato sakura, svegliatasi di soprassalto nel mio letto, a sgattaiolare silenziosamente fuori dall'appartamento, promettendole che avrei chiamato per farla tacere, ma sapevamo entrambi che non l'avrei mai fatto. convinto del mio successo, ero tornato a dormire, beatamente inconsapevole che il mio migliore amico si trovasse già in cucina da qualche minuto.

perciò, quando lo raggiunsi, verso le nove, non mi fu chiaro il perché del suo fare taciturno, ma non tentai di investigare, né di chiacchierare. erano rari i momenti di pace in sua compagnia, era sempre così esuberante, dovevo approfittare della quiete quelle poche volte che ci investiva. ma anche in quell'occasione, nonostante fosse deluso ed infastidito dal mio superficiale comportamento, non riuscì a tenere le labbra cucite per più di dieci minuti.

«usciamo, più tardi.» mi disse. non era un invito, non era una domanda, era una mozione approvata dall'unitario governo dittatoriale nel quale vivevo, e per cui felix aveva il diritto di prendere per entrambi decisioni di tale rilevanza. in altre parole, riusciva sempre a trascinarmi con sé dovunque volesse andare, che si trattasse di negozi, piccoli ristoranti aperti da poco, o una semplice passeggiata al parco. quel giorno, optò per una ronda alla ricerca di piccoli pezzi da collezione con cui arredare un po' la casa, qualcosa che la avrebbe resa unica.

ci ritrovammo così a vagare tra gli scaffali di un piccolo emporio di casalinghi dai prezzi scandalosamente bassi, e riempimmo i nostri zainetti e le borse di tela di oggetti che ritenemmo assolutamente indispensabili per la nostra tana. un vaso azzurro nel quale avremmo infilato dei fiori sintetici, spacciandoli per veri, delle stoviglie, qualche candela profumata, due cuscini, delle morbide coperte per l'inverno e tanto altro, il tutto per la modica cifra di cinquanta dollari. ci portò via parecchio tempo, ma nessuno dei due aveva impegni quel giorno, e non ci sembrò folle rincasare alle cinque.

ai piedi della porta, notammo un invito alla nostra prima ed ufficiale riunione di condominio, che si sarebbe tenuta quella sera stessa, nell'atrio del palazzo, e alla quale decidemmo di comune accordo di non partecipare. nonostante ciò, quando sul tardi, la piccola assemblea ebbe inizio, io e felix ci affacciammo dalla tromba delle scale per origliare. dal nostro piano si sentiva poco e niente, e tantomeno riuscimmo a vedere.
«credi che stiano parlando di noi?» chiese lui, scarnificandosi nervosamente le dita della mano destra, strette trai denti, che veloci, sbattevano gli uni contro gli altri. riconobbi dall'alto solo l'inconfondibile caschetto di chaewon, l'unica del suo gruppo presente quella sera.

eravamo piuttosto certi che l'argomento del giorno fossimo noi, e lo intuimmo da due fattori inconfutabili: il fatto che la riunione fosse stata indetta d'urgenza, senza alcun preavviso, proprio il giorno dopo il nostro arrivo, e la calda raccomandazione di prendervi parte.
«non lo so, ma non credo.» mentii, in un vano tentativo di tranquillizzarlo, ma lui aggrottò le sopracciglia e mi squadrò, turpe.
«stanno sicuramente parlando di noi, della festa, del chiasso. ci cacceranno, secondo te?» farfugliò, preoccupato. io, persomi ad osservare le goffe movenze di un buffo signore imbacuccato che scoprimmo essere l'amministratore di condominio, scossi la testa, e gli tolsi le cuticole martoriate da sotto tiro.

«felix, respira. non possono cacciarci.» soffiai, guardandolo dritto negli occhi, e lui annuì, seppur restio. lo convinsi a tornare dentro, non aveva senso stare ad angosciarci nel tentativo di seguire una conversazione della quale non capivamo mezza parola, e proposi di concentrarci su altro, come sistemare tutte le cianfrusaglie appena acquistate in giro per l'appartamento, e così facemmo.

il vaso finì su una delle mensole della piccola libreria bianca prima del corridoio, assieme ai miei libri e le cassette di felix, che senza uno stereo, non trovavano ragione d'esistere. le candele le spargemmo per il bagno, la cucina, e le nostre camere. tutto l'abbelliva, ma neppure quegli adorabili cuscini riuscirono a rendere meno sgradevoli le poltrone nere del soggiorno, un vero pugno in un occhio, un doppio incubo.
«odio quelle poltrone.» sbuffò felix, portandosi le mani sui fianchi, con un cipiglio in volto, ed io gli diedi ragione, imitando la sua posa.
«chi usa le poltrone? le poltrone si aggiungono, si mettono accanto al divano, non al posto del divano.» continuò, afferrandone una per i braccioli, spostandola di poco per cercare di capire se il problema fossero loro, o il modo in cui erano state affiancate. io annuii e tirai le labbra, sospirando.
«sono davvero tremende.» concordai.

allora felix ci rinunciò, e dopo essersi maldestramente legato i luminosi capelli in un codino riccioluto, si diresse a passo svelto verso la cucina, informandomi che di lì a poco avrebbe preparato la cena per entrambi. io lo seguii, mi sedetti su uno degli sgabelli, e lo guardai cucinare, con il mento adagiato al dorso della mano. tenevo sempre gli occhi aperti quando si metteva ai fornelli, pronto a soccorrerlo in caso, come al solito, si fosse tagliato un dito mentre affettava le carote, o per salvarlo dal bruciarsi direttamente l'intera falange mentre metteva l'acqua a bollire. l'apprensione era tanta che col tempo, prendemmo l'abitudine di tenere un paio di cerotti e di garze in uno dei ripiani sopra il lavandino. si feriva, si sciacquava, si fasciava.

forse era la magica aria della casa nuova, ma quella sera, cenammo con una zuppa di miso nella quale, fortunatamente, non trovammo tracce di sangue o pelle tagliuzzata.


𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora