★seconda sezione: il migliore amico

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1: il migliore amico

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1: il migliore amico

;just two kids, caught
in the crossfire.

la famiglia lee si trasferì nel nostro quartiere in una delle rare giornate soleggiate di un freddo marzo, precisamente una settimana prima del mio quinto compleanno. avevano comperato quella graziosa villetta bianca di fianco alla nostra, e quando li vidi scendere dalla loro macchina per la prima volta, numerosi e solari, pensai subito che mi avrebbe fatto piacere giocare con il loro cane, perché a me non era mai stato concesso di averne uno.

mia madre, una donna casa e chiesa che galleggiava lamentosa in un mare di noia perenne, voleva disperatamente fare colpo su di loro. i perfetti lee, apparentemente la tipica famiglia felice: un padre dedito al lavoro, sua moglie, una biondina australiana con una collezione di scarpe infinita, tre figli beneducati nonostante le giovani età ed un animale domestico, sembravano usciti da una pubblicità.

allora mi costrinse ad invitare felix e le sue sorelle alla mia festa, usandola come scusa per scambiare quattro chiacchiere con i nuovi vicini, io non ne ero particolarmente entusiasta. lui aveva tre anni, all'epoca, ed io lo consideravo troppo piccolo per passare il tempo con i miei amici, ma era di settembre, ne avrebbe compiuti quattro quello stesso anno. non legammo, non immediatamente, col passare del tempo, tra le varie cene da una sala da pranzo all'altra, imparammo a conoscerci meglio e soprattutto, ad apprezzarci.

felix era il bambino con gli occhi più grandi che avessi mai visto, ed erano costantemente lucidi e straripanti, era un tale piagnucolone, ogni occasione era buona per scoppiare in lacrime e farsi prendere in braccio da sua sorella maggiore, che lo trattava come fosse stato di cristallo. inoltre, non avevo mai conosciuto nessuno il cui viso fosse decorato da lentiggini, fino a quel momento. lui ne andava molto fiero, le ostentava, e una volta, come regalo per il suo decimo compleanno, mi chiese addirittura di contarle personalmente, per lui, in modo tale che potesse annotare il numero preciso sul suo taccuino giallo. alla trentesima mi fermai, era tardi, ed avevamo entrambi sonno.

i nostri genitori strinsero amicizie dallo spessore di un elastico di gomma, in comune avevano poco e niente, ma continuavano a forzare incontri, come fossimo stati una grande famiglia. mia madre era gelosa della signora lee, del fatto che fosse riuscita ad avere più bambini, del fatto che suo marito non l'avesse lasciata dopo il parto, come invece era successo a noi. la sentivo mormorare quanto ingiusta la vita fosse, quanto avrebbe desiderato vederli incrinarsi, spogliarsi della loro perfezione, e il giorno in cui accadde, cercò di convincermi che quel suo sorriso in volto fosse solo una maschera per nascondere il dolore. mai, la vidi più felice di quando aiutò la signora lee a trovare un buon avvocato per il suo divorzio.

dal canto mio, strinsi con forza la piccola mano di felix. eravamo seduti sul mio divano mentre le nostre madri discutevano e lo sentii tremare, quando la sua scoppiò a piangere, proprio davanti a noi. aveva undici anni, e per una settimana intera non venne a scuola. capii, in quel periodo, quanto mi fossi abituato alla sua presenza e quanto male facesse sapere che lui stesse soffrendo, perciò giurai che non sarebbe più accaduto, qualora avessi potuto evitarlo.

allora divenni la sua ombra, lo seguivo, lo scortavo fino alla sua classe, e tornavo a prenderlo quando uscivamo, nonostante io fossi di seconda, e lui di prima. le medie furono scandite da quella dinamica, ma ero convinto che col tempo non sarebbe cambiato nulla: lui il protetto, io il protettore. non importava quanto insistesse, quanto mi ripetesse che non aveva bisogno della mia costante attenzione, io ero lì, per lui, e lì sarei rimasto.

e se solo lo avessi saputo, se solo qualcuno mi si fosse avvicinato per sussurrarmi all'orecchio quel suo grande segreto, quel suo amore sepolto per anni, avrei potuto proteggerlo anche da me stesso. ma nessuno mi disse nulla, certamente non me ne resi conto da me, ed io continuai a comportarmi come sempre, come l'idiota che ero diventato al liceo. non saprei spiegare con precisione cosa fosse accaduto, perché l'innocenza di un tempo fosse sparita, ma credo sia uno di quegli aspetti caratteriali che semplicemente, svanisce man mano che si cresce, qualcosa di normale.

felix invece, rimase dolce, rimase puro come un fiocco di neve. prese l'abitudine di tingersi i capelli di un colore diverso ogni mese, provò di tutto, nella fascia delle gamme naturali: biondo, castano, moro, rossiccio, nelle sfumature più varie, e mi facevano impazzire. in quei periodi, uscivo solo con persone che per puro caso, uno scherzo del destino o magari semplicemente una mia strana fantasia, avevano puntualmente la chioma dello stesso colore che portava lui. non mi resi mai conto, di quanto fosse strano.

ero convinto fosse il mio migliore amico, ma forse non lo fu mai, forse era semplicemente il migliore, degli amici che avessi, e c'è differenza. se fosse stato il mio migliore amico e nulla più, il mio cuore non avrebbe battuto come invece faceva ogni volta che lo vedevo, non avrei cercato in altre persone quell'unica cosa che da lui non potevo ottenere, un rapporto che andasse oltre quei suoi caldi abbracci, e non avrei religiosamente pregato che ad ogni gioco della bottiglia, al mio turno, il tappo si fermasse dritto su di lui. ma a differenza di felix, io non scavai a fondo, non cercai di dare un senso a tutto, di trovare una spiegazione logica.

ma quando finalmente aprii gli occhi, lui era già andato avanti, ed era giunto il mio turno di rincorrerlo.



𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora