★seconda sezione: il migliore amico

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5:il migliore amico

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5:il migliore amico

;you can't force the
stars to align.

coltivammo, con la premura di due fiorai, l'abitudine di ignorare tutte quelle avventate discussioni o azioni che, nei momenti nei quali non brillavamo di lucidità, ci avrebbero portati altrimenti ad affrontare conversazioni per le quali nessuno di noi riteneva di essere pronto. ci scoprimmo ottimi attori, superbi nella nostra bugiarda disinvoltura.

non ricordo quanto durò il mio primo bacio con felix, ma sapevo non sarebbe stato l'ultimo, lo sentivo nelle vene, era una certezza che si stagliò come il sole all'alba nel mio petto, nel momento in cui accadde. ricordo il profumo dei suoi capelli, il suo balsamo alla mandorla, ed il fatto che le sue mani fossero tese come il legno e fredde come il marmo, così come il mio tono di voce, quando mi allontanai e gli diedi la buonanotte, rifugiandomi nella mia stanza per recuperare annaspando il fiato che avevo trattenuto. era stato liberatorio, ma allo stesso tempo, mi ero sentito in trappola, ostaggio di quelle labbra che avevo capito, avrebbero sempre chiamato le mie come magneti.
capii che quella volta, sarebbe stata dura comportarsi come niente fosse, e passai l'intera giornata a pensare che forse, avrei dovuto parlargliene.

la sera seguente, rincasai assonnato e con i crampi alle dita, tante erano state le foto che avevo scattato durante il mio ingaggio giornaliero. felix mi corse incontro, aprendomi la porta con un sorriso soddisfatto e mi sentii un po' come uno di quegli uomini operosi negli anni cinquanta, quando al loro rientro venivano accolti dalle loro mogliettine agghindate e scalpitanti, e l'odore di un fumante pollo arrosto dalla cucina. ma a me il pollo non è mai piaciuto molto, e il mio coinquilino non era tanto felice di vedere me, quanto piuttosto lo era per la reazione che credeva avrei avuto alla vista di quell'elegante divano bianco, finalmente nostro. purtroppo, ne rimase piuttosto deluso.

«dovremmo stare attenti a non macchiarlo.» fu infatti tutto ciò che riuscii a dire. avevo la testa altrove, ero spossato, e le mani di felix erano saldamente avvinghiate al mio braccio, tanto da farmi sudare freddo. la sua stretta si fece più vigorosa, quando ascoltò le mie parole.
«non lo macchieremo mai.» decretò.
annuii, in un sospiro, ed evitai di muovermi per qualche secondo, fermo come una statuina; per quanto nervoso mi rendesse la sua vicinanza, non avrei mai voluto si sciogliesse da me.
«gli incidenti capitano.» sghignazzai allora, giocando un po' con la sua pazienza e sbuffando, mi pizzicò il bicipite, accigliatosi.
«non se ci sono io a supervisionare.» ribatté, l'avrebbe protetto con il suo stesso corpo.
«e se un giorno mi squarciassi una mano sul divano?» alzai un sopracciglio, al che lui si allontanò, guardandomi dritto negli occhi.

assottigliò le palpebre, severo.
«non c'è taglio profondo abbastanza da giustificare una singola goccia di sangue su questi cuscini. capito?» enunciò poi, arricciando il naso com'era solito fare. avrei tanto voluto baciarlo una seconda volta, in quell'istante, ma sarebbe stato diverso. l'avrei afferrato per i fianchi e avrei martoriato le sue labbra con avidi morsi, lo avrei sorretto per la nuca, gli avrei tolto il fiato come nessun altro prima. lui sbatté le ciglia, ed io sentii che sarei esploso, se non avessi dato voce ai miei pensieri.
«felix, ascolta.» esordii, probabilmente colto da un lampo di follia ed assecondai il mio impellente bisogno di sedermi, ma non appena mi avvicinai al divano, felix mi strattonò a sé.
«fermo, che pensi di fare?» domandò, squadrandomi dall'alto verso il basso. io boccheggiai, confuso, ed indietreggiai.
«sedermi?» risposi, ingenuamente.

lui scosse la testa, i suoi capelli erano ancora umidi ed intuii fosse uscito dalla doccia da poco, il loro profumo era più forte che mai.
«non con quei vestiti!» mi rimproverò.
mi resi conto, che qualunque cosa avessi fatto in quel momento, sarebbe passata in secondo piano, nell'ombra di quella meravigliosa novità che era il divano. avrei potuto gettarmi dalla finestra, confessare di aver capito, dopo anni di cecità, di essere sempre stato innamorato di lui, ma il protagonista della giornata sarebbe comunque stato il sofà. perciò scossi la testa, deciso a sottacere la mia voce interiore che si stava sgolando per lui, e rimandai ad un'altra volta. tra i miei mille rimpianti, quello di non essermi dichiarato in quell'occasione, sarà sempre uno dei più dolorosi.

arresomi, decisi di adattarmi alla situazione.
«non posso sedermi sul mio divano?» borbottai, con una certa accondiscendenza, che non mi era mai appartenuta. se ad impedirmelo non fosse stato lui, mi sarei gettato come un cannone sui cuscini e ci avrei rovesciato sopra un barattolo di passata di pomodoro, di proposito, tanto per infastidire e far capire che io, hwang hyunjin, non ero il tipo di persona alla quale si potevano dare ordini con leggerezza. lui non era dispotico, non era un tiranno sotto il quale tremavo, o un dio per cui mi inginocchiavo apologetico, ma aveva i suoi metodi per far sì che lo ascoltassi.

perciò, più tardi, sedemmo sul pavimento, rivolti verso il divano come fosse stato la nostra unica fonte di intrattenimento. sorreggevo una ciotola di spaghetti di soia che felix aveva cucinato per me, e stringevo passivamente le bacchette tra le dita intorpidite, mentre lui, al mio fianco, sgranocchiava uno spicchio di mela verde.
«sai di essere completamente fuori di testa?» bofonchiai, a bocca piena, e lui rise.
«può essere.» concordò, voltandosi nella mia direzione, indossando uno dei suoi sorrisi più luminosi, e socchiuse le palpebre.
«ma so che mi adori, indipendentemente da tutto.» canticchiò, incrociando le gambe, coperte da un paio di larghi pantaloni neri, che scoprii essere miei.

e mi chiesi se lo facesse di proposito. se avesse avuto la minima idea di come quei piccoli dettagli mi mandassero in panne, se prima di parlare, faceva la conta approssimativa dei battiti che il mio cuore avrebbe perso. mi chiesi se era così, che l'avevo fatto sentire al liceo. non ne feci un dramma, non era poi così terribile, erano come delle lievi scariche di adrenalina, per certi versi mi faceva sentire vivo.

scoprii il vero dolore, solo quando assaggiai la mia stessa medicina, amara come il fiele.


𝐬𝐩𝐢𝐥𝐥𝐞𝐝 𝐦𝐢𝐥𝐤 • 𝐡𝐲𝐮𝐧𝐥𝐢𝐱Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora