Capitolo 1

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Skylar

Non smetteva di parlare, per la millesima volta continuava a ripetere quanto fosse stupida la donna alla segreteria, quanto fosse lenta a premere i tasti sulla tastiera e di quanto i suoi occhiali da vista, ormai fuori moda, la rendessero una donna insopportabile. Già di suo era piccola di statura e un po' tozza, e il fatto che avesse i capelli perennemente raccolti in una cipolla brizzolata e gli occhi piccoli come quelli di un topino, la rendevano un bersaglio perfetto per la mia migliore amica.

Jillian, chiamata dagli amici "Jill" tamburellava le unghie smaltate di un rosso fuoco sul banco da scuola, teneva lo sguardo azzurro contornato da lunghe ciglia nere puntato su di me in attesa di una mia reazione che però tardava ad arrivare. Non aveva tutti i torti, quella donna avrà avuto l'età di mia nonna che non era così fan della tecnologia, nonostante le si insegnasse a usare uno smartphone la sua pazienza in merito a essa non durata per più di qualche giorno, per non parlare del computer, già che solo per accenderlo doveva per forza chiamare suo figlio, mio padre, per ricordarle cosa dovesse premere per farlo avviare.

Certo, la donna alla segreteria non era poi così incapace, ma era piuttosto lenta e sorda, il che la faceva passare per tale.

«Alla fine sono andata via, posso fare anche a meno di quei stupidi documenti, mio padre può benissimo venire a prenderseli senza delegarmi. È lui il preside, non io», agitò i suoi capelli biondi, arricciati col ferro, dietro le spalle, in modo scocciato, continuando il suo discorso sempre in attesa di una mia risposta.

«Papà non ne sarà contento», disse Violet, la sua copia sputata con l'unica differenza che i capelli di quest'ultima erano lisci come fili d'erba pieni di doppie punte, non che quelli della sorella non lo fossero. Jill si girò di scatto rivolgendo uno sguardo gelido verso la sua gemella, lei tacque alzando gli occhi azzurri al cielo scivolando sulla sedia di legno accanto alla sua.

Restavo in silenzio a guardare la scena, una delle tante che capitavano ogni mattina. Alzai un sopracciglio girandomi indietro spostando le lunghe extension corvine dietro le spalle, mentre, nell'angolo del quaderno, all'ultima pagina, disegnai un tenero Kirby con la sua spada. Se Jill o Violet fossero venute a scoprire che disegnavo quelle cose, in un nano secondo avrebbero potuto spargere la voce per tutto il liceo e dell'immagine della Skylar Anderson che ero riuscita a costruirmi non ce ne sarebbe stata più traccia.

Trascorsi tre anni interi per costruirmi delle amicizie e creare la Skylar di adesso, chiudendo in una stanza quella senza amici che veniva sempre derisa, presa in giro e messa all'angolo dai compagni delle medie. Ero quella bullizzata, abbandonata poi da quello che all'epoca era il mio migliore amico.

È acqua passata ormai, non seppi più nulla, fu però lui la causa del mio cambiamento.

L'amicizia fra me, Jill e Violet nacque quando facemmo le audizioni per entrare a far parte del gruppo delle Cheerleader al primo anno. Mollai poco dopo perché a detta loro non ero portata - avevano effettivamente ragione -, cambiai colore di capelli e iniziai a mettere le lenti a contatto. Volevo ricominciare daccapo, non mi sarei resa riconoscibile a nessuno e per piacere a loro e agli altri ero ricorsa persino a dire delle bugie, oltre che a spingermi troppo oltre il mio limite. Venivo invitata a tutti i loro pigiama party - quando ancora li facevano - e contribuivo a spettegolare di professori e compagni, bere qualche lattina di birra a 14 anni per farmi vedere più grande, provai la mia prima sigaretta, iniziai a uscire i fine settimana con loro, fare shopping e andare alle feste dei compagni di scuola. 

In poco tempo il nostro trio si consolidò.

Ai miei genitori, Jill e Violet non piacevano, è quel tipo di amicizia alla quale hanno sempre cercato di proteggermi, ma io non li ascoltavo, mi stavano mettendo i bastoni fra le ruote nel mio momento di rinascita. Non glielo avrei permesso.

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