Capitolo 8

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Skylar

Non potevo crederci, tutto ciò non era possibile, cosa cazzo voleva quella stronza di Rose da noi? Cosa le avevamo fatto? In quattro anni non ce la siamo mai presa con lei, ma adesso? Rischiare la sospensione era la cosa che più temevo in assoluto, non sarei riuscita a tenerla nascosta ai miei genitori. Non volevo minimamente immaginare cosa sarebbe successo. Sperai soltanto che il preside Taylor non li chiamasse per avvisarli della mia condizione scolastica, mi sarei messa sotto, dovevo farlo.

Dovevo nascondere questa frustrazione ai miei: a scuola andava tutto bene, non bullizzavo una ragazzina solo perché lei per prima se l'è presa con una delle mie migliori amiche; non ho pagato una matricola perché facesse quello che volevo; non ho minacciato un ragazzo e suo "fratello"; non ho versato della birra addosso ad una ragazza; non ho urlato contro al preside perché mi dava della bugiarda, come non ho fatto tante altre cose... chiudere nei bagni una ragazzina perché non voleva farmi copiare a un test, fatto ubriacare a una festa un ragazzo perché si mostrasse ridicolo davanti a tutti, bucato le ruote di alcune biciclette, buttato il contenuto di uno zaino fuori dalla finestra, spruzzato un intero flacone di profumo dentro la sacca da ginnastica di un ragazzo, infilato dei bigliettini negativi negli armadietti di alcuni studenti... e tutto perché in realtà queste persone sparlavano di me e delle mie amiche. Erano solo una piccola parte delle cose che ho fatto.

Non ero una santa, non lo sono mai stata, ma io mi difendevo così. Perché: quanti ragazzi facevano allusioni sessuali sul mio corpo, quanti mi lasciavano biglietti negli armadietti di come avrebbero tanto voluto scoparmi descrivendo minuziosamente ogni posizione in cui mi avrebbero messa, quanti mi mandavano foto e video su Instagram dei loro peni in bella vista pensando di farmi un favore, quante mi incolpavano di essere la causa della rottura della loro relazione, quante avevano provato a tirarmi i capelli o a sputarmi sui piedi perché qualcuno aveva fatto girare delle chat false dove rimorchiavo i ragazzi fidanzati della scuola, quante mi hanno urlato addosso dandomi della troia.

Troppe, troppe persone, eppure non sono mai andata dal preside a lamentarmi, ho sempre fatto da me, come si suol dire, mi sono fatta giustizia da sola. Non iniziavo mai a prendermela per prima con qualcuno perché sapevo che sarei andata immediatamente dalla parte del torto, tuttavia, eccomi qui, a rischiare per l'ennesima volta in quattro anni l'espulsione.

Eppure adesso tutte quelle persone non mi stavano più cercando, io non esistevo per loro come loro non esistevano per me, ma Rose, una delle tante che hanno cercato di rovinarmi, di mettermi i bastoni tra le ruote, era riuscita a chiudermi in un angolo, ma non sarei andata a strisciare da lei e chiederle scusa, questo se lo poteva scordare. Non le avrei dato questa soddisfazione.

Io Skylar Lily Anderson, ho smesso da tempo di lasciarmi scorrere addosso tutte le botte che ricevevo e le calunnie sul mio conto. Alle medie mi lasciavo picchiare e strattonare, toccare dove una bambina di 12 anni non doveva essere toccata e questo perché lui non c'era più per me.

Non smetterò di dargli tutta la colpa della persona che sono diventata, il rancore che provavo verso di lui è così grande che non riuscivo a vendicarmi e forse è anche per questo che riversavo tutto questo marcio che ho dentro sulle persone.

Le lacrime non smettevano di bagnarmi il viso, cercavo con tutta me stessa di trattenere i singhiozzi per non farmi sentire da chiunque entrasse in bagno in quel momento. Mi faceva male il petto dai singulti che mi impedivano di prendere boccate d'aria e darmi così una calmata. Sentivo che non sarebbe finita lì, sentivo che Rose non si sarebbe fermata, sarebbe venuta a sapere dal preside che tipo di punizione ci è stata data e so, so per certo, che avrebbe fatto tutto quello che le era in possesso per continuare a darci, no, a darmi fastidio. Dovevo pensare a me, al mio futuro. Io sapevo di non essere tra le sue preferite.

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