Capitolo 18

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Skylar

Quando mi resi conto di chi fosse la voce femminile che mi stava chiamando, due mani curate mi afferrarono il volto e incrociai gli occhi scuri, uguali ai miei, di mia madre. Aveva i capelli raccolti in una coda disordinata, una camicetta azzurro pastello, dei pantaloni a palazzo bianchi accuratamente stirati e un cappotto lungo color cammello. La sua borsetta cadde a terra con un tonfo sonoro quando si rese conto delle mie condizioni.

«Ciao Mamma», lei iniziò a muovermi il viso da una parte e l'altra soffermandosi poi sul collo che presentava altri lividi. Il suo viso senza rughe era sconvolto, non sapeva cosa dire, né come reagire davvero alla vista della propria figlia pestata e ridotta in uno stato così orribile. Sapevo che nella sua testa tante mille domande le stavano riempiendo il cervello. Non credo di averla mai vista così preoccupata per me in 18 anni della mia vita.

«Sto bene», mormorai non riuscendo a guardarla, sentivo lo sguardo di Lui addosso, stava alle spalle di mia madre senza sapere bene cosa fare, se intromettersi o restare in silenzio.

«Chi è stato?», bella domanda mamma, chi era stato? Come potevo spiegarle che il mio ex ragazzo - dalla quale lei voleva tenermi alla larga perché a pelle non le piaceva - aveva ben pensato di alzarmi le mani e usarmi come sacco da box? Inutile dire che iniziai a balbettare senza trovare le parole e il modo giusto per dirglielo, il mio sguardo andò oltre le sue spalle, proprio su di Lui alla ricerca disperata di un aiuto. Mia madre se ne accorse e si girò appena quando, senza neanche guardarlo in faccia, vide le sue mani arrossate e macchiate di sangue e subito andò a conclusioni affrettate.

«È stato lui a farti questo?», lei mi guardò di scatto indicando le sue mani e il suo viso iniziò a diventare tutto rosso, se non l'avessi afferrata per un braccio costringendola a fermarsi, probabilmente avrebbe commesso un omicidio.

«No signora, io non ho fatto niente», mia madre alzò lo sguardo su di lui e la sua espressione passò da belva incazzata a "io ti ho già visto" e poi a "io ti conosco". Mia madre si girò, ancora una volta, con uno scatto verso la mia direzione con l'indice tremolante rivolto verso di lui, le sopracciglia increspate e gli occhi spalancati, «sono Cameron, piacere di conoscerla», lui le porse la mano e lei la strinse titubante con l'espressione di chi ha appena visto un fantasma. Si vede che siamo madre e figlia, stessa espressione e stessa reazione.

Ma la domanda principale era: Perché diamine si stava presentando a lei, se già la conosce?

«Isabelle», rispose lei.

«Mamma, lui non mi ha fatto niente. Mi ha... difeso», le dissi richiamando la sua attenzione. Sciolse la stretta di mano e si sedette al mio fianco, iniziò a controllarmi le mani, le braccia, la testa, il collo e di nuovo il viso. Seppur cardiologa, sapeva dove guardare e dove toccare per accertarsi che fosse tutto apposto. Aveva delle mani delicate e non faceva forza sui lividi rossi e gonfi.

«Chi è stato, Sky?», mi ripeté cercando di non arrabbiarsi, perché sapeva che se avesse alzato la voce non avrebbe ricevuto una risposta da parte mia. Mi faceva aprire e chiudere le mani nel mentre che attendeva una risposta, ma non volevo dirglielo, o meglio, non lì. L'ira di mia madre, seppur un Capricorno, era dell'ascendente dell'Ariete, per cui il suo temperamento, inizialmente molto composto, poteva esplodere in pochi secondi ed era capace di scatenare una terza guerra mondiale. Per questo non volevo che chiamassero nessuno dei miei genitori, così che avrei raccontato tutta la verità una volta tornata a casa, dove mia madre, poteva tranquillamente ribaltare, e ribaltarmi, con la sua rabbia e ira incontrollata. Perché diciamocelo, quale genitore non avrebbe detto al proprio figlio o figlia "te lo avevo detto"?. Mia madre lo avrebbe fatto, ma non avrebbe premuto troppo sulla questione facendomi passare per la figlia irresponsabile, come suo solito, certamente non in situazioni come quelle dove ne avevo prese di santa ragione.

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