Capitolo 14

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Skylar

Stappai il tappo della borraccia rossa per bere un lungo sorso di Gin mentre mi guardavo allo specchio, col pigiama addosso, alle 6 del mattino. Non avevo quasi voglia di truccarmi, rimettermi le extension e di indossare le lenti grigie, ma dovevo farlo per la mia immagine. La gente non doveva vedermi vacillare, non doveva vedermi mentre pian piano mi sgretolavo silenziosamente. Ormai avevo perso il conto di quante foto ricevevo ogni giorno, neanche le guardavo, le prendevo e le cacciavo in borsa e una volta tornata a casa le nascondevo dentro la scatola e mi cambiamo perché dovevo vedermi con Lui.

Io lo odiavo, eppure era l'unica ragione che ancora mi teneva ancorata qui. Erano gli unici momenti della giornata dove non toccavo un goccio di alcool, perché lui non doveva vedermi così vulnerabile. Mi aveva protetto troppe volte, per troppi anni. Ora basta, non ero più quella debole di una volta. Ma ancora fra "debole" e "forte", non sapevo decidermi, in quale termine rientravo? Perché mi stavo riducendo così? Da cosa era iniziato?

Non me lo ricordavo più. E se fossi triste di mio, insoddisfatta della mia stessa vita? Era tutta colpa mia se vivevo quella vita? No, non era colpa mia.

Eppure, ora come ora, non riuscivo più a dargli troppe colpe. Forse ero davvero debole e non forte come volevo far credere. Forzare un sorriso e fingere di star bene, far credere al mondo che dentro di me il mio cuore non stava piangendo sangue per le mie stesse colpe.

"Sei sbagliata, ricordatelo", già, la mia coscienza aveva ragione. Ero sbagliata, qualcosa non andava in me, me lo disse anche Derek, e aveva ragione. Quale fidanzata dopo 7 mesi di relazione ancora non si sente di fare sesso con il proprio ragazzo? Forse dovevo smettere di assumere la pillola, forse era sua la colpa, abbassandomi la libido, o forse dovevo iniziare ad assumere altre cose per darmi una spinta in più, così sarebbe stato più contento.

"Non fare stronzate", e poi c'era quella vocina che veniva da molto lontano, la sentivo tirarmi da dietro ogni qual volta mi veniva in mente di fare altre stupidate. Ormai si era arresa all'alcool, anche se non lo sopportava del tutto, ogni tanto mi tirava indietro la mano quando avevo voglia di un goccetto in più o mi cancellava il pensiero dalla mente così che lo dimenticassi e lo sostituissi con un altro pensiero più... sano. Era la stessa vocina che mi spingeva a reagire quando Derek mi metteva le mani addosso perché "io ero sbagliata" - come diceva anche la mia coscienza, che a differenza di quella vocina lontana, mi tirava indietro come fossi un cavallo con le briglie - io dovevo ascoltarlo, io dovevo dargli retta, io dovevo convincermi che ero sbagliata, io dovevo dare ragione alla mia coscienza sbagliata solo perché quella vocina lontana non era più forte di lei, a quel punto sarei riuscita a liberarmi e riuscire a correre via libera. Liberarmi delle persone tossiche che mi facevano credere di essere una persona quando non lo ero, liberarmi da quei pregiudizi che mi graffiavano il cuore e l'anima, liberarmi dal personaggio che ogni giorno prendeva orgogliosamente il controllo di me, che mi sorrideva dalle prime luci del mattino davanti allo specchio con delle stupide extension nere indosso e delle lenti grigie sugli occhi. Prendeva il controllo di me per ore, ore e ore e quasi mi convincevo che quella persona fossi realmente io. La vera Skylar Lily Anderson.

Come la maledizione che colpì gli attori che interpretano il famoso antagonista di Batman, Joker. Ci si cala talmente tanto nella parte che non si riesce più a uscire dal personaggio, diventando un tutt'uno con esso. Mi stava succedendo la stessa cosa? Anche io stavo diventando come Heath Ledger e Joaquin Phoenix?

"Vestiti, non perdere tempo", mi faceva male il cuore, la mia nuova me mi guardava dallo specchio mentre mi mettevo l'ultima lente a contatto. Mi sorrideva, fiera di me. Un passo verso il là e non il qua. Come ero agli occhi dei miei genitori? Davvero pensavano solo al lavoro invece che fermarsi un momento e chiedersi se la loro figlia stesse bene? Davvero per loro, io, stavo bene? Forse, ero io brava a nascondere quella che ormai stava diventando una vera e propria depressione? Già... forse stavo davvero impazzendo.

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