Capitolo 24

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Cameron

Salutarla in quel modo è stato un gesto così istintivo che lo realizzai una volta allacciato il casco sotto il mento. Di scatto mi abbassai la visiera sugli occhi per coprire il rossore che stava colorando il mio viso e mi maledii mentalmente salendo in sella della mia moto. Come minimo feci 100 passi indietro e quando l'avrei rivista mi avrebbe evitato come fossi un infetto di peste bubbonica.

Me lo meritavo? Ovviamente no, ma Lily è così imprevedibile che mi sembrava di star conoscendo per la prima volta un'altra persona.

Mi girai a guardarla con la scusa di sistemarmi lo zaino in spalla e di accertarmi di avere il cellulare nelle tasche posteriori dei pantaloni, lei stava ferma immobile sull'uscio, come pietrificata e stranamente non sembrava neanche arrabbiata o infastidita dal mio gesto. Si guardava attorno massaggiandosi il retro del collo come fosse in imbarazzo stringendosi le braccia attorno al corpo indossando solo una larga felpa e dei pantaloncini mentre il vento freddo le muoveva i capelli dal viso. I lividi sulle gambe stavano svanendo lasciando soltanto un alone giallognolo sulla pelle mentre quelli sul viso e sul collo erano già andati via.

Lily tornò a guardarmi corrucciando le sopracciglia in segno interrogativo.

«Vuoi andare o no? Mi sto congelando», urlò quando una folata di vento la fece rabbrividire sul posto, meno male indossavo un giubbotto pesante o mi sarei congelato durante il tragitto.

Ridacchiai sentendo la mia risata rimbombare dentro il casco e la salutai un'ultima volta con un gesto di mano prima di accendere la moto e partire.

Giurai di averla vista ricambiare quel saluto con un timido cenno di mano prima di chiudersi con forza la porta alle spalle e probabilmente maledirmi per averla trattenuta fuori al freddo.

In quei giorni che andavo ogni giorno a casa sua per studiare la trovavo un po' più distratta del solito, ma come biasimarla con tutta quella merda che stava leggendo sui social. Diceva che non le importava niente di quello che le persone dicevano e pensavano di lei, ma i suoi occhi non mentivano. Il terrore nello sguardo quando vide la foto della sua soffitta postata senza un suo consenso in quella maledetta pagina così che la gente sapesse quale fosse il suo passatempo, l'unico che la faceva evadere dalla realtà e che la rendeva felice, serena e in pace con se stessa.

Ricordavo poco della sua soffitta del passato ma a distanza di 6 anni potevo solo immaginare quanti quadri avesse realizzato. La cosa che più mi sorprendeva di quelle tele, era sempre lo stesso soggetto, lo stesso fiore, gli stessi paesaggi e poi quel quadro, cupo, messo in un angolo della stanza che decisamente stonava in mezzo a quel campo di girasoli.

Sapere che non sarei potuto passare a trovarla per quei soli due giorni, mi fece pensare che potesse ricadere nell'uso di alcol e il fatto che mi facessi trovare sempre a casa sua, era il motivo principale perché evitasse di farl. Lo sguardo che rivolse alla sua borraccia sperando di trovarci del Gin invece che dell'acqua mi preoccupò parecchio.

Non volevo ci ricadesse di nuovo.

Parcheggiai la moto nel vialetto di casa, tolsi il casco slacciandolo con un rapido gesto delle dita, sfilai le chiavi dalla serratura e scesi dal sellino, dirigendomi verso la porta d'ingresso. Sentendomi rientrare, la testa di mio padre si alzò dal giornale, seduto sul divano in soggiorno, si tolse gli occhiali dal naso e mi guardò con le sopracciglia corrucciate, non aspettandosi che rientrassi prima del solito.

«Già di ritorno? Credevo cenassi a casa della tua amica... come si chiama?»

«Lily», dissi togliendomi lo zaino dalle spalle per appoggiarlo a terra, togliermi il giubbotto di dosso e appoggiare le chiavi nel vasetto all'ingresso.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Sep 09 ⏰

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