Capitolo 12

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In questo capitolo sono presenti dei contenuti forti. Siete stati avvisati, se non vi sentite di proseguire, fermatevi qui con la lettura del capitolo.

Skylar

Era già la quarta fotografia che trovavo dentro l'armadietto, da Lunedì, una al giorno. Una fotografia al giorno per ricordarmi che tipo di persona ero. Una polaroid segnata da un pennarello blu con giorno, mese e anno.

La prima fotografia raffigurava me che spingevo una ragazzina di nome Rachel contro il muro, era lei quella che mi aveva promesso che mi avrebbe fatto copiare durante un compito in classe, ma che all'ultimo, si rifiutò di farlo. Per un breve periodo siamo state anche amiche, poi di punto in bianco mi voltò le spalle e mi sentii abbandonata di nuovo, partì tutto da quel momento catturato nella foto. Al tempo Jill e Violet non c'erano ancora nella mia vita, stava nascendo la mia nuova me, da sola, senza il loro aiuto.

In un'altra fotografia c'ero sempre io che tenevo chiusa, a forza, la porta del bagno, mentre Violet si arrampicava, aiutata da Jill, per buttare un secchio d'acqua dentro il box. Stavamo intrappolando una certa Lucy. Partì tutto perché lei e Violet stavano concorrendo per entrare nel club di Cheerleading e la ragazza l'aveva minacciata negli spogliatoi prima di iniziare la prova. La mia migliore amica decise così di volersi vendicare obbligandola a lasciarle il posto in squadra, e così, lei fece.

Nella foto di Mercoledì invece, eravamo in mensa, Jill rovesciò il vassoio di un ragazzino con gli occhiali, a terra, mi pare si chiamasse Adam, lui aveva fatto finta di toccarle il sedere e la mia amica non ci pensò due volte e buttargli sulla testa gli spaghetti al sugo. Io gli stavo rovesciando a terra tutto lo zaino.

Nell'ultima foto, invece, avevo appena tirato uno schiaffo a una ragazza davanti alle mie amiche, non ricordo il suo nome, ma sapevo ci avesse provato con Derek, e ovviamente, mi ero arrabbiata.

Non parlai a nessuno di queste polaroid, pensai che qualcun altro stesse cercando di affossarmi di nuovo e che se avessi smesso di dargli peso, prima o poi avrebbe smesso. Il fatto di trovarmi con le mani legate e non poter reagire a niente di tutto ciò, mi riempiva di rabbia, ancora la situazione non era degenerata.

La cosa che mi dava più fastidio e che mi metteva angoscia, non era tanto aver ricevuto delle foto dove facevo violenza sugli studenti, ma il fatto che, chiunque me le avesse fatte, le custodiva da tanto tempo, e adesso, non vedeva l'ora di vendicarsi. Non solo dovevo pensare a come farla pagare a Rose, ma dovevo pensare anche a come vendicarmi di una persona di cui non sapevo neanche la sua identità.

Ero stanca, mentalmente stanca. Avrei voluto passare il resto delle giornate a casa, rinchiudermi sotto le coperte e aspettare che si facesse ora di pranzo o di cena, e invece no, dovevo recuperare le materie che avevo sotto, ovvero tutte, e subire le ingiustizie di quella stronza senza potermi difendere.

Il giorno dopo la festa, Derek suonò a casa, io stavo in camera mia cercando di studiare quando arrivò mio padre a dirmi che avevo visite. Quando vidi il mio ragazzo sull'uscio di casa capii di non poter più rimandare la discussione, per tutta la notte non aveva fatto altro che chiamarmi e lasciarmi messaggi dove mi diceva di tornare indietro e parlare, chiedeva scusa e prometteva che non sarebbe più ricapitato. Le stesse promesse che mi faceva ogni volta che litigavamo e le stesse che mi ripeté quella Domenica nella sua auto.

Lo avevo perdonato. Non potevo paragonare i bei momenti con quelle litigate.

Mi sforzavo di sorridere e smettere di pensare a quelle foto. Con Jill e Violet ci sentivamo ogni sera, ma non potevamo vederci in altre occasioni se non a scuola o alle feste il Sabato perché il loro padre le costringeva a chiudersi in casa a studiare, e io non potevo fare altrimenti. Non ne parlai neanche con i miei genitori, era una questione che non li riguardava. Me la sarei cavata da sola, come al solito.

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