Capitolo 1

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Era una giornata come tutte le altre, il sole stava sorgendo e faceva entrare alcuni dei suoi splendidi raggi di luce attraverso le tapparelle semi aperte delle finestre. Ero seduta al tavolo, con una tazza di the in mano e delle occhiaie che mi arrivavano fin sotto le scarpe: anche quella notte avevo avuto i soliti incubi che mi avevano fatta rassegnare all'idea di dormire sonni tranquilli intorno alle tre del mattino.

Sentii la porta della stanza aprirsi lentamente e i bianchi calzini del mio fratellino minore Eddy spuntare dalla soglia di essa, seguiti dal suo viso assonnato e segnato dal cuscino sulle guance. Si strofinò gli occhietti color nocciola, per poi salutarmi con la manina e avvicinarsi al tavolo della cucina

«Lulù mi fai la colazione?» mi chiese sbadigliando con la voce impastata dal sonno. Gli sorrisi e gli diedi un bacio sulla tempia, per poi alzarmi in piedi e prendere il latte; lo versai nella sua tazza personalizzata insieme ad un cucchiaio di cacao e lo misi nel microonde, mentre dalla camera sentivo i gemiti degli altri miei fratelli che si stavano svegliando.

Presi altre tazze e preparai la colazione anche per loro, sapendo che mi avrebbero comunque costretto in un modo o nell'altro a fargliela lo stesso.

Frederick fu il primo a presentarsi in cucina e a lanciarsi sulla sedia con la stessa delicatezza di un elefante rosa africano, poi lo seguirono a ruota Benjamin, Justin e Nathan, lanciandosi anche loro a peso morto sui cuscinetti e facendo scricchiolare il legno delle gambe della sedia

«Ehi, occhio a come vi sedete. Ho quasi perso un braccio per quelle sedie, vorrei tenerle ancora per un paio di decenni se non vi dispiace»

«Bhe che differenza fa? Te lo avremmo sostituito con uno di metallo» commentò sarcastico Frederick ridacchiando sotto i baffi e battendo un piede sul pavimento

«Solo perché ci siamo riusciti con la tua gamba non vuol dire che dobbiamo amputarci tutti gli arti del corpo per divertimento» gli risposi guardandolo in cagnesco, lui in tutta risposa mi fece la linguaccia

«Dai tesoro scherzavo, non fare la malmostosa»

«Non sono malmostosa, sono solo stanca»

Dissi infine posando le tazzine e i biscotti sul tavolo e dando la propria ad ognuno di loro. Mi piaceva il fatto che avessimo delle tazze personalizzate con i nostri nomi o nomignoli scritti sopra, era un modo per avere un po' di precisione nella nostra vita disordinata e scombussolata: in più era un ottimo metodo per far capire a qualcuno di essere incazzato con lui durante il proprio turno di lavaggio dei piatti, bastava lasciare la sua tazza nel lavello senza pulirla, o delle volte nemmeno la infilavi dentro il lavandino così il diretto interessato avrebbe dovuto sgobbare e lavarsela da solo se avesse voluto saziarsi la mattina successiva

Durante la colazione i miei fratelli più grandi conversavano sempre fra di loro di qualsiasi cosa, che fosse politica, questioni di soldi, notizie lette sul giornale. Credo che gli unici due che non proferivano parola in quegli attimi eravamo io ed Eddy, troppo stanchi sia per parlare sia per stare dietro alle parlantine noiose alle sei e mezza del mattino. Diventavamo però improvvisamente attivi quando le discussioni finivano in risse mattutine, sopratutto perchè ci scommettevamo sopra: vincere un turno di lavaggio in meno o qualche spiccioli prima di iniziare la giornata ti dava una certa carica di energia per poterla affrontare al meglio.

Quel giorno però non c'era nessuna rissa all'ordine del giorno

«Abbiamo da fare oggi. Ci hanno offerto una buona paga per un piccolo lavoretto fuori città, in un paesino di campagna» disse Justin attirando la mia attenzione

«Che tipo di lavoretto?» chiesi io forse con un po' troppa ansia nella voce. Generalmente i nostri impieghi non erano ma stati così tanto difficili, ne tanto meno pericolosi: non eravamo dei sicari a pagamento, diciamo che avevamo un'inclinazione particolare per combinare casini, per le fughe precipitose e per i travestimenti. Ma sopratutto avevamo costantemente bisogno di qualche banconota per poter tirare avanti.

Quel fatidico gennaioDove le storie prendono vita. Scoprilo ora