Quando riaprii gli occhi era ormai sera, il cielo s'era fatto scuro e le nuvole biancastre avevano lasciato spazio alla luna e a quei piccoli puntini luminosi chiamati stelle. Justin era ancora sdraiato al mio fianco, dormiva profondamente e ogni tanto gli scappava qualche piccolo ruggito nel sonno: russava un po', per intenderci. Non era uno di quei suoni tremendamente fastidiosi che ti costringono a comprare dei tappi per le orecchie, il suo era come una specie di fusa, come se fosse un piccolo leoncino voglioso di coccole. Jay non era l'unico dei miei fratelli con questa caratteristica, anche Benjamin e Nathan russavano nel sonno mentre Fred ed Eddy si limitavano a lanciare cuscinate a chi dei tre ghepardi faceva più casino durante la notte. Una volta piuttosto che tirarlo in testa a Justin, Frederick mi aveva colpito in pieno e avevo passato dieci minuti a ripagarlo con la stessa moneta picchiandolo col suo stesso cuscino.
Non volevo svegliarlo, sembrava così tranquillo, probabilmente quella era una delle poche volte in cui riusciva dormire senza venire interrotto dalle mie urla strepitanti e dai miei pugni volanti. Mi limitai a fissarlo, aspettando l'attimo in cui i suoi occhi si fossero aperti per guardarmi: aveva un'espressione così rilassata, così tranquilla. I capelli erano un po' tutti per aria ma comunque ben pettinati al contrario dei miei, che immaginai fossero tutti in disordine e pieni di nidi di rondine; le sopracciglia erano folte ma ben curate e le ciglia scure e lunghe, come se le avesse appena passate col mascara. Rispetto al suo normale colorito bianco e pallido, la pelle sotto gli occhi si faceva leggermente più violacea, nascondere le occhiaie senza correttore era un po' difficile ma sono sicura che Justin o qualsiasi dei miei fratelli avrebbe preferito tenersi un occhio nero piuttosto che spalmarsi del trucco sulla faccia. La chioma color nutella scendeva morbida lungo la mascella, creando due lunghe basette che si connettevano con barba e baffetti. Justin non era un tipo da barba folta, anche se avere un po' di peluria in viso non gli dispiaceva: si era sempre rasato almeno una volta a settimana, ma da quando gli avevo confessato di amare la sua barbetta e il solletico che mi provocava quando mi lasciava un bacino sulla guancia aveva iniziato a sfoltirla soltanto. Sul collo si potevano notare due vene in sporgenza, che scendevano lungo tutto il corpo partendo sulla mascella, passando dalle spalle fino alle braccia e alle mani, dove sembravano svanire una volta arrivate a metà delle dita della mano; di costituzione aveva una corporatura esile, magra, quasi scheletrica, ma da quando aveva iniziato ad allenarsi i suoi muscoli erano diventati più forti e gli avevano dato un'aria un po' più robusta: non era un armadio, non andava in palestra e non faceva sollevamento pesi ma riusciva ad alzarmi da terra senza fare troppa fatica.
Gli accarezzai il mento con le dita per poi tracciargli il contorno delle labbra: il contatto del mio corpo con il suo gli fece venire la pelle d'oca, vidi rizzarsi i peli delle sue braccia per poi riabbassarsi lentamente, la sua pelle era calda come il sole d'estate e pensai che la sua reazione fosse dovuta alle mie mani che, solitamente, erano ghiacciate come gli iceberg al polo Nord. Si mosse nel sonno, si spostò verso di me arrivando a premere la sua fronte contro la mia.
Strofinai il mio nasino con il suo e lo sentii sorridere. Si era svegliato
«Buongiorno principessa» gli sussurrai vicino all'orecchio
«Ehi, quella è la mia battuta. Vedi di non rubarmela piccola screanzata» mormorò affondando la testa nel cuscino tenendo ancora gli occhi chiusi
«Screanzata? Che vuol dire?» chiesi
«Sinonimo di maleducato o di stronzo, detto in modo colto, un po' più virile»
«E da quando hai iniziato a parlare in questo modo alquanto ridicolo?» dissi sorridendo
Non mi rispose, fece solamente un lungo respiro e si strinse a me più di quanto già non lo fosse: intrecciò le gambe con le mie, mise il braccio destro sulla mia schiena e mi tenne abbracciata per un lasso di tempo indefinito. Avrei potuto contare i minuti o i secondi in cui mi tenne ferma, ma amavo troppo stare tra le sue calde braccia e sentirmi protetta, quindi sperai soltanto che quella sensazione tardasse a finire
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Quel fatidico gennaio
Fiksi Remaja"𝒒𝒖𝒂𝒏𝒅𝒐 𝒊𝒍 𝒔𝒐𝒍𝒆 𝒔𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒂' 𝒅𝒊 𝒃𝒓𝒊𝒍𝒍𝒂𝒓𝒆 𝒆 𝒍𝒂 𝒍𝒖𝒏𝒂 𝒅𝒊 𝒓𝒊𝒔𝒑𝒆𝒄𝒄𝒉𝒊𝒂𝒓𝒔𝒊 𝒏𝒆𝒍 𝒎𝒂𝒓𝒆, 𝒔𝒐𝒍𝒐 𝒂𝒍𝒍𝒐𝒓𝒂 𝒔𝒎𝒆𝒕𝒕𝒆𝒓𝒐' 𝒅𝒊 𝒂𝒎𝒂𝒓𝒕𝒊" Italia settentrionale, anni duemila, sei fratelli conduc...